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Fine del mondo in Riviera di levante



Articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo


Le storie riguardo imminenti catastrofi che poi non si verificano sono una costante della fenomenologia delle voci. Di solito hanno uno svolgimento molto rapido: quando non sono interne a un gruppo specifico (ad esempio, quando non sono convinzioni diffuse nell’ambito di nuovi movimenti religiosi, in cui la costruzione delle narrazioni può avvenire nell’arco di mesi o addirittura di anni) ma toccano la compagine sociale in senso ampio, compaiono e raggiungono l’apice in pochi giorni. In questi casi la circolazione delle voci, o almeno la loro documentabilità, sono totalmente cancellate dal mancato verificarsi di quanto annunciato.


Una cosa del genere accade in alcune zone della Liguria nella seconda metà degli anni ‘70 del secolo scorso.


Chiavari e Rapallo sono condannate a perire!


Giovedì, 16 novembre 1977. Secondo le cronache del tempo, quel giorno molte famiglie della zona del Golfo del Tigullio e di quella di Chiavari, lungo la costa genovese, abbandonarono le loro case. A Chiavari e a Rapallo alcuni tennero i bambini a casa e non li mandarono a scuola. Altri, proprietari di case in val d’Aveto, avrebbero anticipato il fine settimana, trasferendosi nelle seconde case. Alcuni anziani si sarebbero mostrati preoccupati per quello che si diceva in giro.


Che cos’era successo? Stando a quanto scriveva la mattina del 17 il corrispondente genovese de La Stampa di Torino, la mattina del giorno prima, giovedì 16, un giornale genovese aveva pubblicato un articolo secondo il quale una quartina di Nostradamus avrebbe annunciato la fine del mondo per venerdì 17. Non sappiamo che cosa scrisse esattamente il quotidiano genovese. Soprattutto, non è chiaro che tipo di catastrofe sarebbe dovuta accadere, se di portata mondiale - la fine del mondo, come titolava La Stampa, oppure se il disastro riguardasse in modo particolare la Liguria.


In realtà, la nostra impressione è che possa essersi innescato anche in quell’occasione ciò che era accaduto altre volte: una dinamica complessa, nella quale la trasmissione orale, rapidissima, si era sovrapposta agli articoli di qualche giornale, che ne aveva approfittato per un pezzo di colore.


Proprio questo ci fanno sospettare alcuni dettagli menzionati da La Stampa: in particolare la diversità tra le possibili catastrofi che si stavano per scatenare. L’elenco comprendeva: un terremoto o un maremoto pronto a distruggere buona parte della Riviera di Levante e di Ponente; un maremoto con epicentro Chiavari; un franamento dei monti - cosa che, scriveva il quotidiano - avrebbe peraltro messo in pericolo anche chi si era rifugiato in val d’Aveto; il risveglio di antichi vulcani nascosti sotto il monte di Portofino o sotto il lago di Giacopiane, in valle Sturla. Nessuno, peraltro - sempre stando a La Stampa del 17 - a Chiavari era in grado di dire chi aveva messo in giro le “voci allarmistiche” secondo le quali la cittadina rivierasca sarebbe stata il cuore del disastro. È quest’ultimo particolare (Chiavari come epicentro dell’ecatombe), in particolare, che ci fa propendere per lo sviluppo di voci autonome rispetto al pezzo sulla quartina di Nostradamus uscito sul quotidiano genovese sempre quel giorno.


In due articoli (li trovate qui e qui) che abbiamo dedicato ad altri “panici da catastrofe” (terremoti, più precisamente), a parte notare che il 1977 - forse perché prossimo al terribile sisma friulano dell’anno precedente - fu particolarmente segnato da questo genere di voci, avevamo riassunto una casistica che si può raccogliere in due categorie:


  • i casi nei quali le voci attribuiscono all’annuncio un carattere soprannaturale (l’annuncio arriva da un fantasma, una misteriosa vecchietta, l’arcangelo Gabriele, una donna vestita di nero o comunque indecifrabile, un autostoppista che poi svanisce…);

  • i casi nei quali le voci danno alla profezia un carattere secolarizzato, se non scientifico (arriva da un istituto di ricerca, un sismologo, una radio non meglio precisata, uno scienziato…).


Nel nostro caso, le fonti di cui disponiamo sono troppo scarne per decidere quanto peso ebbe il versante soprannaturale (il legame con la quartina di Nostradamus, come preludio a un imminente cataclisma in Liguria): abbiamo visto che, quasi subito, la voce ebbe probabilmente uno sviluppo autonomo, in cui fonti diventavano gli stessi locutori.


In tutta questa vicenda, comunque, Nostradamus - o la sua ombra lunga, per meglio dire - svolse la sua parte. La Stampa del 17 aveva già riferito che in poche ore a Chiavari le copie disponibili di un libro sulle centurie di Nostradamus era andato a ruba: ma era soltanto l’esordio. Dopo pranzo, l’edizione pomeridiana del maggior quotidiano piemontese, Stampa Sera, uscì infatti con un articolone dedicato non tanto alle voci sulla catastrofe ligure, ma all’uomo che, senza volerlo in alcun modo, con il suo libro su Nostradamus aveva contribuito a innescarle. Si trattava di un frenetico indagatore e lettore di profezie sul futuro del mondo, l’impiegato torinese Renucio Boscolo (1945-).


In una lunga intervista rilasciata al giornalista Vittorio Messori, in quegli anni molto interessato all’occulto piemontese e ai suoi presunti addentellati torinesi, Boscolo spiegava come, secondo lui, era partita la voce ligure. All’origine di tutto c’era un articolo de Il Secolo XIX, che a suo avviso aveva esagerato il contenuto di una lettera che lui stesso aveva inviato poco tempo prima a un settimanale e che l’aveva pubblicata. In realtà, per Boscolo, la sua interpretazione delle quartine di Nostradamus non intendeva riferirsi in modo specifico alla costa ligure, ma ad altri guai prossimi per l’Italia - comprensivi di maremoti e terremoti - ma non in quella zona specifica della costa tirrenica.


Lasciando da parte il personaggio Boscolo, i suoi metodi interpretativi delle oscurità di Nostradamus, le sue ineffabili deduzioni e le sue frequentazioni con gli ambienti occultistici torinesi degli anni ‘60-’70, va tenuto presente che in quel periodo Nostradamus era diventato popolarissimo tra gli italiani. E proprio Boscolo, con il suo primo libro (ne arriverà poi un diluvio di altri), Gli anni futuri secondo Nostradamus (Meb, Torino, 1976), ne era uno dei principali divulgatori.


In questa voce effimera che interessò una parte della Liguria, dunque, il corto circuito fra quotidiani locali, rinascita dell’interesse per Nostradamus e circolazione orale e pressoché istantanea di diverse voci è più che plausibile.


Il 19 novembre, ancora su La Stampa, un altro giornalista, Luciano Curino (1924-1996), che già nel febbraio precedente si era occupato in maniera sarcastica della voce su una “vecchietta del terremoto” profetizzato per Milano, irrideva le superstizioni e, ricapitolando, scriveva che tutto sommato la stragrande maggioranza degli abitanti di Chiavari e dintorni avevano preso la cosa sul ridere, anche se, secondo le cronache, un agente di assicurazioni di Rapallo ne aveva approfittato per convincere qualcuno a sottoscrivere delle polizze sulla vita, e poco altro.


Nel complesso, è plausibile che tutto il ciclo vitale delle voce si sia esaurito in quarantott’ore.


Immagine in evidenza: Portofino, uno dei centri principali della Riviera di levante. Foto di Pierre-Selim Huard, rilasciata in licenza CC BY 4.0 >, via Wikimedia Commons

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