Le bottiglie anti-pipì dei cani sono vive e lottano
- Redazione
- 2 lug
- Tempo di lettura: 5 min

articolo di Paolo Toselli
Nella primavera del 1998 su alcuni quotidiani italiani iniziarono ad apparire articoli con curiosi titoli, del tipo: Una bottiglia d’acqua, e il cane non fa più pipì.
Un vero e proprio rito collettivo stava contagiando dapprima gli abitanti dei paesi della nostra penisola per poi diffondersi anche nelle grandi città. A ridosso dei muri, o nei pressi di colonne, cancelli, entrate di negozi, villette e condomini, proliferavano bottiglie in plastica - quelle dell’acqua minerale da un litro e mezzo - riempite con acqua del rubinetto, piene per intero, ma spesso anche per metà o per tre quarti. In alcuni casi poste a breve distanza tra loro o anche isolate. Talvolta legate e fissate con dei cordini a delle griglie o ai canali di scolo delle acque piovane. Di vario colore, sia bianche, sia verdi, sia azzurre a seconda della marca originale del prodotto.
I cani, affermavano i seguaci del rito, specchiandosi spaventati, si allontanerebbero. Altri, ritenevano che fossero gli stessi padroni degli animali, per timore di essere davanti a un liquido contaminato o avvelenato, a tenerli lontani. Secondo un’altra ipotesi, i cani avrebbero avuto paura delle loro ombre. Oppure ancora, i cani, avvicinandosi e alzando la zampa, avrebbero spostato le bottiglie facendole cadere, e, di nuovo spaventati, sarebbero scappati a zampe levate. In ultimo, per qualche strano fenomeno fisico, avvicinandosi sarebbe partita una scossa elettrica che, naturalmente, avrebbe tenuto lontano i quadrupedi.
I primi indizi
Ma questo singolare rituale non era un’invenzione nostrana. Per esempio, Harold Brunvand, il noto folclorista statunitense, già nel 1988, durante un viaggio in Nuova Zelanda, si era imbattuto in un articolo di giornale in cui si suggeriva come una bottiglia piena d’acqua posta sul prato poteva scoraggiare i cani di passaggio dal lasciare un biglietto da visita. Sembra strano, ma, come sottolinea Brunvand, questo metodo si era diffuso rapidamente dall’Australia alla Nuova Zelanda diventando un vero e proprio oggetto di fede in entrambi i paesi. Anche lì, secondo alcuni, il messaggio delle bottiglie non era diretto tanto ai cani, ma ai loro proprietari.

Poi, negli anni Novanta, la “credenza” delle bottiglie piene d’acqua disposte nei prati per evitare le deiezioni dei cani si era espansa anche negli Stati Uniti, Canada e Regno Unito.
Poco dopo, pure la Spagna veniva contagiata. Secondo il quotidiano di Barcellona La Vanguardia del 2 maggio 2000, posizionare bottiglie di plastica piene d'acqua vicino alle porte d'ingresso degli edifici era ormai un metodo diffuso in tutti i quartieri della città per combattere e spaventare i cani (e allontanare la loro urina). L’articolo precisava:
Non si sa perché questo sistema si stia diffondendo. La sua efficacia è incerta e i veterinari consultati non supportano affatto un metodo così singolare, perché, affermano, non c'è una ragione logica per cui i cani si dovrebbero intrattenere davanti alle bottiglie.
Stessa opinione ci è stata espressa da veterinari nostrani a cui ci siamo in più occasioni rivolti.
Ma non finisce qui: non soltanto i cani sarebbero dissuasi dal fare pipì di fronte alle bottiglie, ma anche i gatti: anche loro, vedendo la propria immagine riflessa, sarebbero costretti ad allontanarsi. Così, su un forum automobilistico, nel febbraio 2010 un utente chiedeva come evitare che i gatti facessero pipì nelle prese d’aria dell’auto e qualcuno, con assoluta fiducia, rispondeva che era sufficiente appoggiare sui tergicristalli due bottiglie piene d’acqua: un sistema semplice che funziona abbastanza bene! Perché? I gatti si vedono riflessi e prendono paura.
C’è dell’altro altro. Il 2 agosto 2004, un frequentatore del blog in lingua inglese Barganews in risposta alla domanda se le bottiglie di plastica (in questo caso, verdi) tenevano lontani i gatti, considerata la loro diffusione proprio nell’antico centro storico di Barga, in provincia di Lucca, scriveva:
Le bottiglie in PET (non di vetro) piene d'acqua impediscono DAVVERO ai gatti di urinare, ovunque si trovino. Questo è ben noto da tempo, anche lontano da Barga, dato che scrivo da un altro paese. Tuttavia, le bottiglie non devono essere necessariamente verdi. E non devono essere posizionate vicino alla porta; i risultati migliori sono stati ottenuti vicino alle pietre angolari (sono stati pubblicati numerosi articoli scientifici sull’argomento). Ma non credo che funzioni con i cani.
Intanto, in Giappone…
Insomma, ognuno sembrava fare a gara per dire la sua e dare un senso a questa storia che, pare, un senso non ha. Intanto la curiosa usanza si era diffusa in numerosi altri paesi, da Malta alle Hawaii. Ormai da parecchi anni, anche in Giappone ci si può imbattere in intere file di bottiglie in plastica trasparente disposte ordinatamente lungo i muri o attorno a fioriere e aiuole. Lì, l'usanza ha anche un nome: nekoyoke (spaventa-gatti); alcuni appendono persino vecchi CD accanto alle bottiglie d'acqua per amplificare i bagliori che dovrebbero spaventare i felini. Sul quotidiano di Tokyo edito in lingua inglese The Japan Times, il 19 maggio 2005 veniva persino riportato un particolare ammonimento:
Quelle bottiglie di PET vicino ai muri sono inefficaci e nocive alla vista, ma se ciò non vi ha ancora irritato, considerate questo: un uomo di Takamatsu, nella prefettura di Kagawa, infastidito dai gatti, ha messo fuori una bottiglia nekoyoke. Una mattina l'acqua nella bottiglia ha agito come una lente d'ingrandimento, concentrando la luce del sole su un unico punto della sua casa, facendola incendiare. L'incendio che ne è derivato ha distrutto le persiane e la grondaia della sua casa, per poi espandersi e consumare la veranda del vicino.
Una rara coincidenza, tuttavia da non sottovalutare del tutto.
Tanto è diffusa questa usanza, che nel 2014 il programma televisivo MythBusters l’ha testata proprio sui gatti. Il risultato? i gatti hanno completamente ignorato le bottiglie.
Tecnicamente, non ci troviamo di fronte a una vera “leggenda”, perché non c’è una storia da raccontare. Però, ci sono numerose varianti dei motivi per cui il metodo dovrebbe funzionare e le narrazioni si riferiscono proprio a quelli, più che al fatto in sé.
Trovata l’origine dell’usanza?
Nel novembre 2001 qualcuno ha ritenuto di esser riuscito a risalire all’origine del diffondersi di questa mania. Il sistema sarebbe nato in Scozia per tenere lontano le volpi. Effettivamente, nel 1997 un giornale inglese aveva suggerito un metodo davvero improbabile per liberare il giardino dalle fastidiose "volpi urbane”:
Disponete bottiglie di plastica - scriveva - riempite a metà con acqua fredda in giro per il giardino, soprattutto di notte. Il vento soffierà nelle bottiglie, producendo un suono basso e lamentoso che le volpi detestano.
Temo che anche questo consiglio non sia altro che un’espressione del folklore contemporaneo e che dimostri come anche nel Ventunesimo secolo sia facilissimo farsi incantare dal pensiero magico. In realtà, sarebbe stato un altro episodio che avrebbe dato il “la” a questa mania.
Nel 1989, il guru del giardinaggio neozelandese Eion Scarrow (morto nel 2013) raccontò in una trasmissione radiofonica che una bottiglia d'acqua avrebbe impedito ai cani di usare il giardino come una toilette: sarebbe stato da allora che la gente avrebbe cominciato a seguire in massa il suo consiglio (abbiamo però visto come già l’anno prima, cioè nel 1988, il folklorista Harold Brunvand aveva incontrato la storia proprio in Nuova Zelanda). Vent’anni dopo, Scarrow dichiarò di non ricordare da dove aveva preso ispirazione per il suo scherzo. Per la cronaca: quando raccontò del “rimedio”, era il 1° aprile.

Dopo così tanti anni, passeggiando per le nostre strade, dal nord al sud della penisola, la nostra attenzione può ancora essere catturata da file di bottiglie di plastica disposte come guardie silenziose su porte e passi carrai. Forse, però, la cosa non è più possibile almeno in un centro ben preciso: il comune di Giovinazzo, in provincia di Bari. Qui, nell’estate del 2012, le autorità hanno sfidato la leggenda ordinando agli operatori ecologici e alla polizia municipale di rimuovere un centinaio di bottiglie sistemate all’angolo delle strade.
Dubitiamo che altri abbiano seguito l’esempio di Giovinazzo: nel 2025, nei nostri paesi e nelle nostre città, l’esposizione delle bottiglie prosegue, alla faccia del decoro urbano!
Immagini dell'articolo: originali dell'autore © Paolo Toselli e CeRaVoLC.
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