articolo di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo
E' il 15 gennaio del 1913. Siamo a Savona, in via Falletti, al numero civico 11/3.
Una donna sente bussare alla porta, apre e si trova davanti una giovane col fazzoletto in testa, vestita modestamente e con un bimbo in braccio che le chiede di comprare delle stringhe da scarpe.
Al suo rifiuto, quella le dice di essere in grado di vedere che è "stregata" e la convince a consegnarle per qualche ora denari e preziosi, in modo che possa andare in chiesa ad accendere candele a sant'Antonio e a recitare preghiere che lei conosce, in modo da liberarla dallo "stregone". Scriverà il giorno dopo La Stampa che la donna:
...come soggiogata dalla fattucchiera che continuava a fissarla negli occhi, le consegnava tutto il poco denaro che aveva con se, più tutti i suoi ori...
Poi, ingiuntole di pregare per tutto il tempo sino al suo ritorno la giovane se ne andava non prima
d'aver fatti con una mano alcuni segni cabalistici.
Dopo aver biascicato un bel po' di preghiere, la donna capiva di esser stata truffata e correva al locale Commissariato di Polizia, che si pose alla ricerca della "strega"...
Ora, grazie alla macchina del tempo che abbiamo in dotazione al Ceravolc, andiamo avanti di centocinque anni. Siamo a metà ottobre 2018 e ci troviamo a Nichelino, alla periferia di Torino, quartiere Castello.
Una signora di circa 60 anni sente bussare alla porta e si trova davanti - così scriverà la pagina di cronaca locale de La Stampa del giorno 18 -
una donna giovane, vestita come quelle chiromanti che si vedono nei film. Piena di bracciali tintinnanti e vestita con una gonna ampia e colorata
che le parla di maledizioni e di "aurea" (sic) negativa attorno all'alloggio. La donna la fa entrare, quella le chiede di tirare fuori i suoi averi per liberarli dal malocchio con "uno speciale rituale" e naturalmente quella, avutili, con una scusa si allontana con i monili. Ai Carabinieri non resta che raccogliere la denuncia della raggirata.
Pochi dubbi sul fatto che, a centocinque anni una dall'altra, queste due signore siano purtroppo state vittime di furti commessi in casa loro. Ma ancor meno dubbi sul fatto che ai danni di queste persone siano stati messi in opera dei furti con destrezza, ma con mezzi normali, non attraverso l'ipnosi o tramite forme di controllo della volontà più o meno "magiche".
La leggenda che prosegue da quando l'ipnosi è entrata in uso è che degli "stranieri" - di solito gli zingari, ma metteteci chi volete voi - siano in grado di soggiogare gli altri attraverso tecniche super-normali la cui natura rimanda all'ambiguità dell'elemento estraneo, minaccioso, incomprensibile rappresentato dallo sconosciuto che s'insinua in casa.
Recentissima la notizia degli arresti di una banda di peruviani che nel Centro e nel Nord Italia, per le loro rapine "usavano anche l'ipnosi". Non è importante dire, dal punto di vista dell'analisi del racconto, quale sia il confine tra realtà fattuale e letteratura. Colpiscono però, in articoli come quello che La Stampa ha dedicato alla vicenda il 21 novembre, passaggi come questo, che echeggiano troppi motivi folklorici per non dare l'impressione di essere pensati da qualcuno che, comunque vada, le "nostre" storie le ha già sentite:
In particolare attraverso l’ipnosi messa a segno dalla donna, anche grazie alla persuasione psicologica e al contatto fisico. Il sospetto però è che la banda utilizzasse anche droghe come l’alito del diavolo (o droga dello stupro) ossia il Ghb, come avviene in effetti spesso in Sud America. Le vittime, infatti, in molti casi non ricordavano neppure quanto accaduto. Anche se poi nessun caso di questo tipo è stato accertato clinicamente.
Di "rapine con l'ipnosi" si occupò nel 1991 Alessandro Cortellazzi per il n. 3 della rivista del Ceravolc, Tutte Storie, che potete scaricare qui, mentre vent'anni dopo, nel 2011, un punto più ampio su questa leggenda è stato fatto su Query on Line.
Siamo certi che anche voi avrete sentito raccontare storie di "rapine con l'ipnosi" o con strani sistemi equivalenti. Se ne sapete qualcosa scriveteci al nostro recapito mail, oppure raccontatecelo attraverso il nostro account Twitter.
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