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BENVENUTO NEL MONDO DELL'AIDS (PARDON, DELLA LEBBRA)...


Domenica 27 gennaio è la 66° Giornata mondiale dei malati di lebbra. Questa malattia per fortuna non è più il flagello del passato, ma nel sud del pianeta continua a colpire in modo terribile persone in condizione di particolare povertà, nonostante esista una cura piuttosto efficace, se la diagnosi avviene per tempo.


La storia delle credenze sulla lebbra è lunghissima ed articolata. Roberto Labanti, studioso di storia dell’anomalistica e delle idee negli ultimi anni ha offerto due contributi che vi invitiamo a rileggere qui e qui. Il primo è incentrato sulla giornata mondiale, il secondo sui miti legati a una presunta “congiura dei lebbrosi” nel 1321.


Noi del CeRaVoLC pensiamo di aver individuato un racconto poco noto che ha le caratteristiche della leggenda contemporanea, che riguarda questa malattia e che ci risulta esser stato preso in scarsa considerazione.


La nostra storia comincia con una domanda postata di recente, nell’autunno del 2016, in un forum statunitense dedicato alla squadra di football americano dei Tigers: qual è stata la persona più “inappropriata” con cui avete dormito?


L'utente Rockbrc aveva un'esperienza agghiacciante da raccontare:


Stavo guidando attraverso una zona molto sperduta del sud dell’Arkansas quando il mio camion si è rotto. Un distinto gentiluomo accosta per vedere se è tutto a posto e mi offre un pasto e un letto per la notte mentre i “suoi uomini” si occupano del mio camion. Andiamo a casa sua, sperduta nel nulla, e faccio una deliziosa cena a base di bistecca con lui, sua moglie e sua figlia. La moglie e la figlia sono entrambe da capogiro e la somiglianza fra loro è sconcertante. Dopo un po’ di drink e chiacchiere decido di ritirarmi per la notte e mi viene mostrata dal marito la camera degli ospiti. Ci vado e avevo giusto finito le mie preghiere quando la porta si aprì e vidi in controluce il profilo di una donna nuda. Cercai di accendere la luce ma lei mi prese la mano prima che arrivassi all'interruttore. Il sesso fu selvaggio e passionale. Sulla fine del terzo round lei si alzò in silenzio e se ne andò. A colazione la mattina dopo feci del mio meglio per scoprire se era stata la madre o la figlia a visitarmi, ma non avevo indizi su quale delle due fosse stata. Poco dopo colazione il mio camion era stato riparato completamente e diedi addio alle due donne senza ancora alcun indizio su quale fosse stata la mia benvenuta visitatrice. Mentre camminavo verso il camion accompagnato dal marito, gli chiesi come mai un uomo con evidenti mezzi economici vivesse così appartato con la sua famiglia. Mi rispose: “hai conosciuto mia moglie e mia figlia, ma lei non è l'unica figlia che ho. Sai, ho un'altra figlia che però ha la lebbra”.

L'utente Rockbrc trollava. Lo faceva, però, con un certo stile, attingendo a una storia che abbiamo scoperto circolare da almeno ottanta anni in libri e riviste letterarie anglosassoni.


La versione più nota di questo racconto (che, in omaggio alle più moderne leggende sull'AIDS, potremmo chiamare Leprosy Mary o Benvenuto nel mondo della lebbra) è stata pubblicata nel numero di maggio 1965 di Playboy (pp. 78-86) ad opera di uno scrittore famosissimo, l’inglese Roald Dahl (1916-1990). Il racconto si intitolava The Visitor e venne poi incluso nel 1974 nella raccolta Switch Bitch.


Lo scrittore britannico non fu, infatti, soltanto un autore di libri per ragazzi: nella sua produzione, a fianco di capolavori come La fabbrica di cioccolato, Il GGG o Le streghe, figurano anche racconti e romanzi per soli adulti, quali My Uncle Oswald, basato sulle avventure (per lo più erotiche) di un immaginario Oswald Hendryks Cornelius, “il più grande fornicatore di tutti i tempi”. È proprio lui il personaggio che comparirà anche in The Visitor. Il racconto non è troppo diverso da quello del forum americano che abbiamo visto, ma la scena questa volta è ambientata nel deserto del Sinai, attraverso un finto diario, nell’agosto 1946, e il padrone di casa è un uomo d'affari di origine siriana di nome Abdul Aziz che dal Cairo lo conduce nella sua residenza. Tutto il resto è uguale: la gradevole visita notturna, l'incertezza sull'identità della visitatrice e infine la rivelazione dell'esistenza di una seconda figlia, affetta da lebbra. La scena si conclude con l'ignaro Aziz che rassicura il protagonista, evidentemente terrorizzato dalla rivelazione: l'uomo non ha nulla da preoccuparsi, perché tanto la lebbra si trasmette solo attraverso “il più intimo dei contatti”.


Come ha spiegato nel 2002 il folklorista olandese Peter Burger con un suo lavoro sulle pagine di Contemporary Legends (vol. 5, n. s., pp. 136-158) Dahl aveva una certa simpatia per le leggende metropolitane: gli piaceva raccontarle agli amici per stupirli e scioccarli, a volte le includeva nelle sue opere o ne traeva ispirazione. È possibile che qualcosa del genere sia successo anche con Leprosy Mary. The Visitor, infatti, non è certo il primo racconto su questo tema, e sembra semplicemente rielaborare una serie di narrazioni precedenti.


L'inglese David Ogilvy (1911-1999), uno dei padri delle moderne tecniche pubblicitarie nonché amico dello scrittore, ha rivendicato in più occasioni di esser stato la fonte d’ispirazione per The Visitor: avrebbe raccontato a Dahl la storia come accaduta sul serio a un suo amico. Lo accredita in questo senso uno dei maggiori biografi di Dahl, Jeremy Triglown, nel suo libro del 1994 (p. 56). Comunque sia, la nostra storia è però assai più lunga ed interessante.


Nel 1949 una specie di avventuriero e navigatore scozzese, Dod Orsborne (1902-1957) pubblicò Master of the Girl Pat, libro autobiografico sulle sue peripezie come capitano di un peschereccio. Nel testo l'episodio di Leprosy Mary gli era raccontato dal direttore di un quotidiano britannico come davvero successo a uno dei suoi autori di punta. La scena questa volta era ambientata su un'isoletta sperduta tra Barawa, al largo della Somalia, e le Laccadive, nell’Oceano Indiano, dove il giornalista sperava di fare un reportage sulla vita di un inglese andato a vivere in quelle zone. In questo caso il protagonista rimane un'intera settimana ospite dell'isola e ogni notte riceve la misteriosa visita di una donna che non riesce a identificare. Il resto lo conoscete già: alla domanda sul perché viva così recluso, il gentiluomo rivela l'esistenza della seconda figlia, affetta da lebbra incurabile. Unica variazione sul tema, due giorni dopo essere tornato in patria e aver raccontato la storia al suo editore, il giornalista si suicida:


forse aveva scoperto di essere disperatamente innamorato della ragazza. O forse pensava di essere condannato a diventare lebbroso lui stesso.

spiegherà il direttore-narratore, aggiungendo tuttavia che, in quest'ultimo caso, le sue paure erano infondate, perché difficilmente la trasmissione della lebbra avviene per via sessuale. Infine, il direttore del giornale si rifiuta di pubblicare la storia perché tanto “nessuno ci crederebbe”.


Noi però siamo in grado di andare ancora più a ritroso e di scavalcare con decisione il crinale della Seconda Guerra Mondiale.


Precedente all'opera di Orsborne, nel settembre del 1939 Leprosy Mary fece infatti la sua comparsa su Esquire, celebre mensile newyorkese dell'epoca, a firma dell'attore di cinema Douglas Fairbanks Jr., (1909-2000) con il titolo Chronic Shortstoriosis (pp. 30,172-174).


L'autore affermava di essere stato incaricato di scrivere alcuni racconti per la rivista statunitense e di averne buttati giù diversi, per poi accorgersi ogni volta che la storia era già stata scritta o narrata da qualcun altro: forse, un artificio retorico per introdurre alcuni fra gli aneddoti più divertenti e interessanti che circolavano all'epoca. Vi figurava anche la nostra Leprosy Mary, questa volta abitante nelle Midlands dell’Inghilterra, presumibilmente nei dintorni di Manchester. In un anno imprecisato ma successivo alla Grande Guerra, la donna circuisce nel solito modo un uomo d'affari che ha appena concluso un contratto di fusione tra imprese con il suo concorrente, ospitato per una settimana da quest’ultimo, per festeggiare, nella sua lussuosa e isolata villa. Fairbanks chiude il pezzo spiegando che aveva fatto leggere il racconto a Constance Collier (1878-1955), celebre attrice inglese di teatro e di cinema, e che questa gli aveva risposto:


è una storia eccitante, l'ho sempre pensato! Ricordo quando la lessi per la prima volta molti anni fa, non ricordo dove: non riuscii a dormire per diverse notti!

Dunque, se davvero le affermazioni attribuite da Fairbanks alla Collier erano attendibili, la storia potrebbe risalire perlomeno agli inizi del Novecento. Se invece si tratta di ulteriore finzione letteraria, al minimo possiamo sostenere che Leprosy Mary è in circolazione da almeno ottant'anni e che è stata raccontata così tante volte da costituire ormai un motivo a sé. Quel che è certo è che la storia deve aver girato parecchio anche per via orale in Gran Bretagna: valga a riprova il fatto che fu riferita nell’autunno del 1973 dal maestro del brivido, Alfred Hitchcock, in occasione di una lunga intervista per il programma televisivo americano The Tomorrow Show. Quella volta il soggiorno del malcapitato dura una settimana e la scena si svolge “nel deserto australiano”. A giudicare dalle reazioni dell’interlocutore del regista, il presentatore Tom Snyder, e dai mormorii di sottofondo del pubblico in studio, la narrazione fu presa sul serio.


Nel 1987, infine, se ne fece un episodio per una serie horror televisiva statunitense, Tales from the Darkside. La puntata, Akhbar's Daughter, ebbe comunque vita piuttosto travagliata. La si trova in uno dei DVD dell'ultima stazione del telefilm, come episodio bonus. Avrebbe dovuto esser parte di uno spinoff di Tales from the Darkside, poi abortito.


Dunque, che dire di questo breve raccontino dell'orrore? La struttura richiama alcune delle leggende più moderne sull'AIDS, come quella dell'uomo che si risveglia dopo una notte di sesso con una sconosciuta per scoprire la fatidica frase “benvenuto nel mondo dell'AIDS”, scritta sullo specchio con un rossetto rosso. Come in quella e nelle sue varianti, una tipica fantasia maschile (la sconosciuta che seduce l'uomo introducendosi nel suo letto) si trasforma nell'orrore della scoperta finale, che punisce l'atto imprudente e sconsiderato del protagonista - tanto più colpevole, dal momento che si trattava della moglie o della figlia dell'uomo che lo ospitava.


Rispetto alla classica AIDS Mary, però, la rivelazione passa dall'ignaro padre della donna. In più la storia ha per scenario luoghi esotici e comunque isolati, a rappresentare fin dall’inizio, nell'immaginario comune, un ambiente difficile da controllare.


In nessun caso, comunque, sono menzionate le motivazioni dell’“untrice”. Nelle leggende sull'AIDS, al contrario, di solito si parla di una vendetta della ragazza verso tutti gli uomini, rei di averla contagiata. È probabile che sul racconto pesassero ancora i pregiudizi dei secoli precedenti, quando la lebbra era vista come male fisico e morale al tempo stesso, con i malati per questo considerati capaci di ogni nefandezza. Emblematico l'episodio della leggenda di Tristano e Isotta, condannati al rogo per il loro amore adulterino: in alcune versioni della storia i lebbrosi chiedono a re Marco, marito della giovane, di poter avere Isotta, per giacere con lei e per soddisfare le proprie, acuite brame.


La leggenda di Leprosy Mary fonde elementi dei più classici cautionary tales con allusioni più antiche, raccontando una storia di stigma e di repulsione verso una malattia purtroppo ancora diffusa in alcune parti del mondo. E se consideriamo che questi racconti sono arrivati pressoché intatti fino a tempi così recenti, vuol dire anche su questo versante c’è ancora molto da lavorare.



[Immagine in evidenza: la rappresentazione pubblica della lebbra che aveva sotto gli occhi chi raccontava la storia di Leprosy Mary: un lebbroso chiede l’elemosina in un villaggio indiano degli anni ‘30 del XX secolo. Foto: Wikimedia Commons]

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