articolo di Sofia Lincos
In un racconto di Isaac Asimov, The immortal bard (in italiano, Onorate l’altissimo poeta, 1954), durante la festa di Natale all'università un professore di fisica rivela di esser riuscito a progettare una macchina in grado di trasportare ai giorni nostri i grandi uomini del passato.
Dopo alcuni tentativi falliti la scelta era caduta su Shakespeare, che aveva subito voluto leggere tutto quanto era stato scritto nei secoli sul suo conto. Non solo: il bardo immortale si era anche iscritto al corso di letteratura del professor Robertson - anch’egli presente alla cena. E’ a quel punto che il protagonista ammetteva con una certa delusione il fallimento del progetto: il sommo scrittore non aveva resistito e aveva chiesto di poter tornare a casa. “Quanta umiliazione può sopportare un uomo?”
Al corso di letteratura inglese, il professor Robertson l’aveva bocciato!
Secondo una nota leggenda metropolitana qualcosa di analogo sarebbe capitato anche a Charlie Chaplin, in una data imprecisata ma comunque negli anni ‘10 del XX secolo.
La racconta, ad esempio, il personaggio di Mr. Goodkat nel film Slevin - Patto criminale (regia di Paul McGuigan, 2006):
Charlie Chaplin partecipò a un concorso per sosia di Charlie Chaplin a Montecarlo e arrivò terzo. Quella è una storia assurda.
La leggenda è ormai storica, nel senso che iniziò a girare sul serio ad opera di due nobili e socialites inglesi quando ancora l’attore era nei primi tempi del suo successo planetario. A quanto pare le prime testimonianze dell'esplosione della storia sono dell'estate 1920. Il 1° luglio uscì, fra gli gli altri, sullo Sheffield Evening Telegraph, poi su altre testate inglesi. Il 10 agosto 1920 comparve nei termini che seguono sul maggior quotidiano di Singapore di quei tempi, The Straits Times:
Lord Desborough, durante una cena presso l’Anglo-Saxon Club, raccontò una storia che avrebbe avuto fama duratura. La notizia gli era arrivata da Miss Mary Pickford, che l’aveva riferita a Lady Desborough. “Charlie Chaplin si trovava un giorno a una fiera negli Stati Uniti, in cui la principale attrazione era una gara a chi avesse imitato meglio la camminata di Charlie Chaplin. Il vero Charlie pensò di avere qualche possibilità, così entrò per partecipare, senza i suoi celebri baffi e gli stivali. Fu un tremendo fallimento: arrivò dodicesimo.
Il 23 marzo del 1921 per l’Albany Advertiser americano il risultato sarebbe stato ancora più disastroso:
Una gara di imitazioni di Charlie Chaplin si è svolta di recente in California. Ci sono stati qualcosa come quaranta contendenti, e Charlie Chaplin, per scherzo, ha partecipato alla gara sotto falso nome. Imitò se stesso nei suoi ben noti film. Ma non vinse. Nella competizione arrivò ventisettesimo.
Negli anni ‘20 la notizia comparve su parecchi altri quotidiani: tanto per citarne alcuni, i neozelandesi Oamaru Mail (20 agosto 1920) e Poverty Bay Herald (25 agosto 1920), o l’australiano The Maitland Times (18 agosto 1920). A quell’epoca Chaplin aveva già lanciato Charlot, l’eterno vagabondo con baffetti, bombetta e bastone, dai modi gentili e l’andatura ciondolante. Comparso per la prima volta in Charlot ingombrante (1914), il personaggio aveva raggiunto l’apice in film come L’emigrante (1917), Vita da cani (1918) e Il monello (1921). La fama portò effettivamente a innumerevoli concorsi ispirati a Charlot e alla comparsa di innumerevoli imitatori che continuano anche oggi a confrontarsi con l’impareggiabile maschera. Tra i più celebri va menzionato l’attore Bob Hope, che nel 1915 vinse anche un premio per quella performance.
Eppure l’episodio del “fallimento di Chaplin” alla gara dei suoi sosia rimane avvolta dal mistero.
In molti casi, come si è visto, la fonte primaria viene identificata in Mary Pickford, attrice a quel tempo tra le più famose al mondo e amica di Charlie: nell’estate del 1920 era una star di prima grandezza. Tutto il mondo in quei mesi parlava di lei anche perché in marzo aveva divorziato dal suo primo marito e poche settimane dopo aveva sposato un suo collega anch’egli famosissimo, Douglas Fairbanks.
Malgrado ciò, affermazioni dirette dell’attrice non ce ne sono. La storia non compare neanche in My Father, la biografia di Chaplin scritta da suo figlio Charles Jr nel 1960.
L’Association Chaplin, interrogata in merito, avrebbe risposto:
...L’unico riferimento a questa storia che abbiamo trovato sono ritagli di giornali inglesi del 1918, quando Mary Pickford era a Londra ad una cena dell’Anglo Saxon Club, e raccontò la storia a Lord Desborough che la riferì alla stampa. Secondo questa storia Charles Chaplin aveva partecipato a una gara di camminata “alla Chaplin” in una fiera negli Stati Uniti ed era arrivato ventesimo. Questo aneddoto, riferito da Lord Desborough, chiunque sia, venne ampiamente riportato dalla stampa britannica dell’epoca. Non ci sono altri riferimenti a questa competizione in nessun altro album di ritagli stampa che abbiamo visto, quindi posso presumere che sia questa la fonte della voce, leggenda metropolitana o qualsiasi cosa sia. Comunque, potrebbe anche essere vero.
Insomma, vere e proprie prove non ce ne sono. Tutta la storia ha però il sapore di un aneddoto riferito dal più classico amico di un amico, finita sulla stampa inglese e di qui in tutto il mondo. Anche il moltiplicarsi delle varianti - in una versione Chaplin arriva terzo, in un’altra ventesimo, o ventisettesimo, oppure non si classifica affatto - sembra un indizio di bufalinità. Notare anche che l’ambientazione iniziale si è spostata col tempo: il film Slevin, citato all’inizio, parla di una gara avvenuta non in una fiera statunitense, ma a Montecarlo. Forse la miglior conclusione è proprio quella di Mr. Goodkat, il personaggio del film:
Quella è una storia assurda.
Ma divertente abbastanza da essere creduta e ripetuta, e da essere arrivata a noi pressoché immutata a distanza di cento anni.
Comments