Articolo di Sofia Lincos
Nel 2013 era finita pure sulle pagine del Giornale. Protagonista una ragazza di Bergamo che aveva comprato un giubbotto contraffatto in una bancarella gestita da cinesi.
[...] Bello, caldo, pieno di piume, identico all'originale. Un prodotto contraffatto di una nota marca di capi sportivi, che nel negozio monomarca sarebbe costato oltre mille euro. Loro lo vendevano all'allettante somma di appena cinquanta euro. Con sconticino. Un affarone insomma. La ragazza, soddisfatta dell'acquisto, l'ha poi indossato tutti i giorni fino a dopo l'Epifania. Dopo alcuni giorni ha iniziato a sentirsi qualcosa di strano addosso: tutte le volte che lo indossava avvertiva dei forti pruriti sulla schiena. In un primo momento aveva dato la colpa di quel fastidio alle piume contenute dentro al piumino e che probabilmente uscendo fuori la pungevano. In fondo per una cifra del genere si può anche sopportare qualche piccolo problemuccio. L'importante è l'estetica. Il contenuto non conta. Un giorno la giovane non ce l'ha fatta più. Quel continuo grattarsi era diventato insostenibile. Una sera, tornata a casa lo ha buttato per terra dalla rabbia e ha notato che il giubbotto piano piano aveva iniziato a spostarsi da solo. Piccoli impercettibili movimenti. Dopo lo stupore iniziale suo marito ha preso un coltello e lo ha tagliato in due. Come i biscotti cinesi con bigliettino augurale all'interno, anche quel piumino nascondeva una sorpresa. In mezzo alle piume era nata una colonia di vermi. I due hanno portato il giubbotto ad analizzare in un laboratorio. Il responso è stato incredibile: le piume d'oca al suo interno, che normalmente subiscono dei particolari processi di igienizzazione prima di essere utilizzati per l'abbigliamento, in questo caso non erano state trattate bene e non erano state sottoposte, quindi, a tutti i vari test igienici e sanitari previsti dalle numerose normative di legge, per cui dopo un po' di tempo le piume erano marcite dentro il giubbotto sprigionando i vermi. (Il Giornale, 17 gennaio 2013)
La vicenda è diffusa in Italia almeno dal 2006. Su internet compare ad esempio sul forum Al femminile e in quello del portale arredamento.it.
All'estero il protagonista non è un piumino, ma un piumone, anche lui contaminato dai vermi a causa del mancato trattamento sulle materie prime: secondo l'Encyclopedia of Urban Legends di Jan H. Brunvand, una versione olandese è stata raccolta dallo studioso Peter Burger nel 1990, mentre una versione svedese circola almeno dal 2004.
Curiosamente, le versioni straniere non specificano la "nazionalità" dell'articolo contraffatto, mentre in Italia il piumino è sempre puntualmente di origine cinese. Forse perché in Italia - paese con una manifattura tessile molto sviluppata - la contrapposizione tra il vestiario "made in Italy" e quello "made in China" è più sentita. In questo contesto, la leggenda serve a veicolare la presunta superiorità dei prodotti italiani rispetto a quelli cinesi, considerati più economici ma di minor qualità. Un tema caro anche al Giornale (che nell'articolo del 2013, infatti, accosta il piumino che cammina a "cellulari che esplodono a causa della batteria troppo riscaldata, cancelleria nociva, articoli sanitari pericolosi, giocattoli e articoli per bambini per la prima pappa mortali, nonché prodotti elettrici dannosi e cosmetici e utensili da cucina difettosi": tutti, ovviamente, di manifattura cinese).
E voi, avete mai sentito parlare di piumini che camminano?
Foto di Jorn Heller da Pixabay
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