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Elezioni USa: la congiura dei pennarelli


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Nell’oceano di dicerie e di notizie false circolate nell’imminenza e durante lo svolgimento delle elezioni statunitensi, ce ne sono diverse che meritano particolare attenzione da chi si interessa di voci e leggende contemporanee.


Una l’abbiamo chiamata la congiura dei pennarelli.


Mercoledì 4 novembre, subito dopo le votazioni per la presidenza e per i due rami del Congresso, in Arizona sui social ha cominciato a comparire un hashtag che va spiegato con calma: #SharpieGate.


Di cosa si lamentavano, coloro che lo rilanciavano? Per il fatto che, secondo loro, usando i pennarelli (sharpies, in americano, per antonomasia dal nome di una marca) invece delle penne a sfera, il voto sarebbe stato invalidato, perché la scheda diventava illeggibile, oppure perché il segno “passava” sul lato opposto del foglio, rendendo così nullo il voto.


Centro nevralgico della diceria sembra essere stata la contea di Maricopa, quella che ospita Phoenix, capitale dell’Arizona (e una della maggiori città degli USA).


La “prova” dello scandalo sarebbe un video proveniente dalla città di Queen Creek - condiviso più di un milione di volte su Twitter - in cui una donna sosteneva che gli addetti al seggio volevano costringerla ad usare un pennarello, invece della penna. La diffusione del video sui social ha generato una vasta dimostrazione di elettori repubblicani davanti alla sede della Commissione elettorale della Contea in cui i manifestanti, in parte armati, chiedevano che fosse “fermato il furto dei loro voti”. Lo stesso giorno due elettori, fra i quali un ex-candidato repubblicano al Senato dell’Arizona, hanno promosso una class action, cui si sono aggiunti il Comitato elettorale Trump e il Comitato Nazionale del Partito Repubblicano. Nella denuncia si chiedeva a un giudice di intervenire contro… l’uso dei pennarelli.


Visto il degenerare della situazione, le autorità dello Stato sono state costrette a intervenire in varie sedi per smentire la voce secondo cui il “voto col pennarello” comporterebbe l’annullamento della scheda. Il direttore del Dipartimento per la sicurezza interna, Christopher Krebs, ha chiarito in un tweet: la norma permette ai cittadini di usare vari articoli di cancelleria per scrivere sulle schede - pennarelli compresi. Anche il Dipartimento elettorale della contea di Maricopa ha confermato. Il fatto che sovente i pennarelli “passino” dall’altra parte del foglio non comporta l’invalidazione.


Il procuratore generale dell’Arizona, Mark Brnovich (repubblicano anche lui), ha affermato di aver ricevuto almeno mille comunicazioni di protesta per la storia dei pennarelli, e di aver perciò chiesto chiarimenti alla Contea di Maricopa. Per conto dello stesso segretario di Stato dell’Arizona, un alto funzionario ha replicato con durezza, per iscritto, che in quel modo si rischiava di “diffondere teorie cospirazionistiche che minano il duro lavoro dell’amministrazione elettorale, degli addetti ai seggi e degli elettori”.


Alla fine, giovedì 5 sera, lo stesso Brnovich ha comunicato via Twitter:


Sulla base degli scambi e delle conversazioni che ho avuto con funzionari della Contea di Maricopa, siamo ora fiduciosi che l’uso dei pennarelli non comporti una violazione dei diritti elettorali dei votanti dell’Arizona.

Pennarelli e markers sono ammessi dalla legislazione di molti Stati dell’Unione come strumenti per apporre le preferenze.


Anche il Dipartimento di Stato del Michigan, visto il diffondersi delle voci anche in quell’area, ha preferito ricordare agli elettori che l’uso dei pennarelli non comporta l’invalidità del voto. Altrove, funzionari elettorali hanno notato che a volte sono gli stessi addetti ai seggi a consigliare l’uso di quel mezzo agli elettori, perché l’inchiostro delle penne a sfera può asciugare più lentamente di quello di altri mezzi, producendo macchie. Si tratta dunque, in sostanza, di una prassi volta ad assicurare che la scheda giunga integra ai conteggi.


Alla fine, Megan Gilbertson, una portavoce del Dipartimento elettorale della Contea di Maricopa ha chiarito meglio le circostanze in cui è stato girato il video menzionato in apertura, quello che ha acceso la miccia che ha dato il via alla voce del pennarello-anti-voto. Secondo la CNN:


Gilbertson ha dichiarato che gli addetti al seggio hanno chiesto più volte alla donna che si vede nel video virale di smetterla di dare penne a sfera agli elettori e dire che “i voti fatti con i pennarelli saranno invalidati”.
“Non ha ascoltato, quindi abbiamo chiesto a un vice-sceriffo in uniforme di parlare con la cittadina e di fornirle le informazioni di cui aveva bisogno per smettere di diffondere ulteriormente disinformazione”.

In Italia, la madre di tutte le leggende da complottone elettorale è costituita dai racconti, perpetuatisi per decenni, sui “voti rubati alla monarchia” in occasione del referendum istituzionale del 2 giugno 1946. In quel caso, per intere generazioni di nostalgici dei Savoia, il maggior responsabile della congiura contro il vecchio ordine fu individuato nel ministro dell’interno che gestì le consultazioni, il socialdemocratico Giuseppe Romita.


In tempi più recenti, Beppe Grillo, durante un comizio tenuto a Susa (Torino) nel 2013, riportò in auge una vecchia leggenda metropolitana, quella secondo cui per rendere “sicuro” il voto occorrerebbe umettare con la saliva la punta delle matite copiative fornite dal presidente del seggio. La cosa divertente è che, per assicurarsi che il “sistema” non rubasse il voto degli elettori - se vogliamo usare il lessico “trumpiano” del 2020 - per lui ci voleva una legge che rendesse obbligatorio l’uso di inchiostri indelebili. Fra tutti, asseriva Grillo con decisione, sarebbero stati necessari… i pennarelli!


Insomma, l’esatto opposto del caso americano, ma con lo stesso messaggio di fondo: il vostro voto è importante, ma qualcuno potrebbe cavillare per impedirvi di esprimerlo. Quindi state attenti e non fidatevi di chi è ai seggi. Che è un po’ come dire che l’avversario politico è una creatura senza scrupoli, disposto a fare qualsiasi cosa per falsare le votazioni. La quantità spropositata di bufale fiorite intorno a queste elezioni (dai morti votanti all’arzilla vecchietta del 1823 che avrebbe espresso la sua preferenza, dal video degli scrutatori intenti a manipolare le urne alle storie su schede bruciate o abbandonate un po’ ovunque) si basa proprio su questo pregiudizio. Insomma, dal complotto dei pennarelli alle accuse di brogli il passo è breve.

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