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Il covid-19 e i predatori delle ginocchia perdutE

Aggiornamento: 6 giu


Articolo di Sofia Lincos


Una delle esperienze più angoscianti di questa pandemia, a detta dei molti che ci sono passati, è quel momento in cui si è costretti ad affidare i propri cari alle cure del personale sanitario senza poterli accompagnare. Se vivete in Messico, però, la preoccupazione può essere ancora maggiore: da un paio di mesi corre infatti voce che i pazienti di Covid-19 possano essere vittime di un particolarissimo “traffico di organi” - quello del liquido de las rodillas.


Per spiegare meglio, il “prodotto” in questione è quello che viene chiamato liquido sinoviale. Ha lo scopo di lubrificare le giunzioni articolari, si trova in abbondanza nelle ginocchia (in spagnolo le rodillas, appunto) e non ha alcun valore di mercato, stando a quanto ribadito dai numerosi siti di debunking ispanofoni che si sono occupati della diceria. Eppure alcuni messaggi e tweet circolati fra aprile e maggio raccontano una storia diversa.


Partiamo da un episodio di cronaca: intorno al 2 maggio una trentina persone fa irruzione all’Hospital de las Américas, a Ecatepec, grosso centro industriale a pochi chilometri da Città del Messico. Cercano un ragazzo che è stato ricoverato con l'intenzione di portarlo via. Strattonano i medici e insultano il personale della struttura, riescono ad aprire alcuni body bag per “controllare” i cadaveri all’interno e alla fine vengono accompagnati alla porta.


La scena viene ripresa e caricata sui social con il titolo “Lo están matando”, lo stanno ammazzando. Sono le parole pronunciate da alcuni dei protagonisti del raid (tra cui figura la madre del paziente, “Alexis N.”), convinti che il ragazzo sia in pericolo. Dicono che il virus non esiste, che è tutto falso, che quella è solo una scusa per uccidere la gente.


Il video ha avuto oltre 120.000 visualizzazioni ed è stato strumentalizzato - anche in Italia - da alcuni cospirazionisti; segno che, evidentemente, certe narrative sono ormai praticamente universali e che funzionano all'istante in Messico come da noi.


La cosa non dovrebbe stupirci troppo: anche da noi, durante le epidemie di colera del Diciannovesimo secolo, si verificarono assalti ai lazzaretti da parte dei parenti dei ricoverati, convinti che i propri cari venissero avvelenati da medici senza scrupoli. Nella mentalità dell’epoca era sicuramente meglio tenere i malati a casa, sotto gli occhi vigili della famiglia, piuttosto che lasciarli in quei luoghi dove le persone entravano e spesso non uscivano, dove chissà cosa succedeva e sui quali si vociferava di stermini di massa volti a eliminare la povera gente, di dottori corrotti e di veleni somministrati al posto delle medicine.


Ma torniamo al video dell’incursione di Ecatepec. Tra i commenti al filmato ce n’è uno interessante, diventato immediatamente virale:


È vero, mi ha detto un amico che lavora all’IMSS [l’ente messicano per la previdenza sociale, NdR] che stanno uccidendo per rubare il liquido delle ginocchia, visto che vale più dell’oro e del platino ti uccidono e te lo rubano, pagano 10.000 dollari americani per ogni ginocchio e a lui danno 100 dollari per non dire nulla, dicono che il ginocchio più caro è quello destro!

C’è tutto: il traffico losco, l’amico informato sui fatti, il corpo commercializzato per cifre da capogiro. La voce deve aver viaggiato parecchio sui social, trasformata anche in catena di Sant’Antonio. In occasione della pubblicazione di un tweet che discuteva un versamento articolare da parte di un paziente, un medico donna di El Paso, appena oltre il confine con il Texas, si è sentita chiedere se era quello il famoso “fluido” rubato dai trafficanti, e perché veniva venduto. E in effetti la domanda è lecita: perché qualcuno dovrebbe acquistare il famoso “lubrificante” articolare? Qualcuno ha ipotizzato che il fluido potesse essere reiniettato nelle ginocchia di ricchi magnati con problemi alle articolazioni, ma la supposta procedura è pura fantascienza. Forse anche per questa evidente impossibilità, il liquido de las rodillas ha generato anche una massiccia dose di scetticismo, evidente nella quantità di meme e prese in giro fioccati sui social (qui ne trovate alcuni), un esempio qui sotto.


A chi fra voi si starà chiedendo se si tratti di folklore vecchio o nuovo, la risposta per noi stavolta è che… si tratta di qualcosa a metà. Si parlava già di questo tipo di furti in precedenza. Il caso che sembra aver “lanciato” la leggenda in Messico risale infatti al 2017: una donna di San Luis Potosí denunciò a un canale televisivo che le era stato rubato il “liquido delle ginocchia”. L’estrazione del liquido sinoviale e la successiva refrigerazione erano state effettuate in una clinica: il fluido era stato prelevato per essere analizzato in un secondo momento. L’operazione però aveva lasciato alcuni esiti indesiderati, e lei aveva richiesto la restituzione del liquido. Non le era stato dato. Di qui a pensare a un traffico losco il passo era stato breve. Ma, a parte questo che sembra essere stato l’episodio-madre della storia, è evidente che il folklore sui “furti” di liquido sinoviale riecheggia motivi folklorici ben più antichi e di grande importanza.


In primo luogo, quello concernente le leggende sul traffico d’organi, del quale il CeRaVoLC si occupa da trent’anni (qui, alle pp. 9-11 e qui, alle pp. 1-6, interventi pubblicati a suo tempo sul tema da Jan H. Brunvand, Giuseppe Stilo e Paolo Toselli sulla nostra rivista, Tutte Storie).


Il secondo motivo è quello dei furti di grasso da parte dei pishtacos, mostruose figure, frequenti nel folklore latino-americano, che si appostano lungo le strade per aggredire innocenti viaggiatori (il grasso estratto sarebbe poi utilizzato dagli “stranieri” di solito accusati di essere pishtacos o di guidarne le azioni per ungere le campane o per ingrassare gli ingranaggi meccanici). Le storie di rapimenti di persone (e di bambini) per farne grasso per candele, peraltro, erano ben presenti anche nell’immaginario italiano del XIX secolo.


Il Covid-19 e l’isolamento cui sono costretti coloro che ne sono colpiti potrebbe aver contribuito ad accrescere la sfiducia verso il sistema medico messicano e, nell’incertezza, a far spazio alle ipotesi più losche su “quello che succede là dentro”, aggiungendo così un nuovo capitolo al lungo elenco delle leggende sugli “orrori medici”.


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