Articolo di Sofia Lincos
Nel 1815, un’ecatombe di gatti si sarebbe verificata a Chester, nella contea inglese del Cheshire. Bram Stoker, il papà di Dracula, racconta l’evento in suo suo libro dedicato ai truffatori celebri (Famous Impostors, 1910):
Una variante molto divertente delle innumerevoli imitazioni, a cui il successo di questo trucco ha dato luogo, è stata la "bufala dei gatti" di Chester, nell'agosto 1815. Era l’epoca in cui si era deciso di mandare Napoleone a Sant'Elena. Una mattina, a Chester e nei dintorni furono distribuiti diversi volantini in cui si affermava che, poiché l'isola di Sant'Elena era stata invasa dai topi, il governo aveva bisogno di trasferirvi un certo numero di gatti.
Sedici scellini venivano offerti per “ogni gatto maschio adulto e in salute, dieci scellini per ogni femmina adulta e una mezza corona per ogni gattino florido in grado di bere il latte, inseguire un gomitolo di lana o affondare le sue giovani zanne in un topo morente." Fu dato un indirizzo al quale dovevano essere consegnati i gatti; ma si rivelò una casa vuota.
L’annuncio fece centinaia di vittime. Uomini, donne e bambini affluirono in città da miglia e miglia, carichi di gatti di ogni tipo. Ne furono portati alcune centinaia, e si dice che la scena davanti al portone della casa vuota superi qualsiasi descrizione. Quando la bufala fu scoperta, molti dei gatti vennero liberati; la mattina seguente furono contati non meno di cinquecento gatti morti che galleggiavano lungo il fiume Dee.
Vorremmo tranquillizzare gli amanti degli animali: la vicenda in realtà non è mai accaduta. Si tratta di un’invenzione che tuttavia spopolò sui giornali per tutto l’Ottocento, raccontata come un episodio di cronaca. Tuttora compare in qualche libro dedicato alle curiosità storiche inglesi.
Nel settembre del 2021, lo studioso Christopher Smith ne ha analizzato contesto ed evoluzione in un articolo per la rivista History (The Great Chester Cat Hoax: Creating an Urban Legend in the Anglosphere Press, 1815–1955). Per farlo, Smith ha consultato i quotidiani disponibili grazie ad archivi come newspapers.com e il British Newspaper Archive. Fonti provenienti da giornali non digitalizzati potrebbero quindi essere ancora ignote; le conclusioni raggiunte, però, sono comunque interessanti.
Smith spiega che il primo giornale a parlare della storia dei gatti fu, nel 1815, un settimanale locale - o, almeno, è questa la prima occorrenza nota. L’articolo si intitola Hoax at Chester e comparve sul Chester Chronicle del 1° settembre. Potremmo definirlo un pezzo di debunking: si racconta infatti che a Limerick era stata pubblicata la storiella dello scherzo dei gatti, ma che tutta la vicenda era un falso clamoroso.
Ma davvero un giornale di Limerick pubblicò qualcosa in merito? Non lo sappiamo; un indiziato potrebbe essere il Limerick Journal, di cui però sono sopravvissute pochissime copie (e le annate relative al 1815 non sembrano tra queste). Un’altra possibilità è che il Chester Chronicle, che riproduceva per intero l’articolo-bufala, avesse inventato di sana pianta la vicenda. La notizia era infatti preceduta da queste parole:
[...] Tuttavia, [la storia] può piacere ad alcuni dei nostri lettori e servire a mostrare quanto facilmente i nostri amici della Sorella Irlanda si lascino ingannare.
Il settimanale di Chester, insomma, usava questa storia per prendersi gioco della credulità degli irlandesi - che, secondo il pregiudizio diffuso all’epoca, venivano ritenuti indolenti, ignoranti e incivili rispetto agli inglesi.
Da quel momento, comunque, la storia cominciò a viaggiare, trasformandosi in una leggenda contemporanea. Nei suoi numerosi passaggi andò persa la precisazione del Chester Chronicle, quella che bollava la storia dei gatti come una pura invenzione. Se alcuni settimanali assunsero comunque che la storia fosse una bufala (fra questi, il Leicester Chronicle, ad esempio), altri la presero per vera e la ristamparono senza caveat. La notizia superò anche i confini nazionali, arrivando in Canada e negli Stati Uniti. Molte testate, negli anni, continuarono a pubblicarla come un genuino episodio storico, specialmente nei periodi in cui erano a corto di notizie.
Occorre comunque fornire qualche elemento che aiuti a capire meglio in quale contesto visse questo racconto. La stampa di tutto il mondo tra Ottocento e Novecento crebbe in maniera decisiva. I giornali in Gran Bretagna e Irlanda passarono dai 274 del 1856 ai 2205 del 1914. Si trattava spesso di pubblicazioni locali, che il più delle volte vivevano riproponendo notizie che erano già uscite altrove. Il copyright era un concetto molto diverso da quello dei nostri giorni: nel momento in cui un articolo era stato stampato, era considerato “libero”, e chiunque si sentiva in diritto di copiarlo pari pari. A partire dal 1870, poi, si assistette al proliferare sui giornali locali della cosiddetta “storia locale”. I settimanali includevano vicende di “varia umanità”, rompicapi, letteratura e aneddoti storici… Spesso la bufala dei gatti trovava posto proprio in questa sezione.
Questo sistema favoriva il “copia e incolla” e il propagarsi di false notizie. Dovendo poi puntare sull’intrattenimento, i giornali finivano per calcare la mano: in alcune versioni, la storia di Chester fu presentata in maniera sensazionalistica, ingigantendo a dismisura i già falsi dettagli. Un esempio? Nel 1891 il Sacramento Record-Daily Union (California) fece diventare i gatti morti quattromila, affermò che la folla inferocita aveva assaltato il municipio di Chester e raccontò di violenze durate tre settimane.
Trasformandosi in leggenda metropolitana, però, la storia dell’incredibile scherzo felino stimolò anche fenomeni di emulazione. A partire dal 1885, si trovano sui giornali episodi simili a quello di Chester in altre parti della Gran Bretagna e dell’Irlanda, ma pure in Canada, in India e negli Stati Uniti. Una parte di questi episodi sembrano non essere semplici riproposizioni della storia originale ambientata altrove; diversi indizi fanno pensare che siano invece davvero accaduti.
Il 14 settembre 1885, ad esempio, nella sezione annunci dell’Irish Times compariva questo avviso:
Gatti - Urgente. Un gentiluomo di ritorno ad Auckland incaricato di importare un certo numero di gatti offre 2 scellini per esemplari cresciuti, 1 per i piccoli, da portare in cestini all’Ufficio Prenotazioni di Carlisle Pier, tra le 6:50 e le 7:00 di oggi pomeriggio (lunedì). Chiedere di Mister Weston.
Nei giorni seguenti, i giornali irlandesi e britannici raccontarono le conseguenze di quel messaggio. All’appuntamento si erano presentate circa 150 persone. Un venditore ambulante che si trovava nella zona fu accerchiato perché ritenuto l’autore dell’annuncio. Ovviamente il vero autore dello scherzo non si presentò. Per fortuna dei gatti le cose andarono meglio che a Chester: nessuno di essi finì affogato nel fiume. Anzi, un animale, caduto in acqua, venne prontamente salvato dai presenti.
Il 26 settembre The Graphic, un settimanale illustrato di Londra, pubblicò una serie di vignette sulla vicenda (un esempio nell'immagine in evidenza).
Dai servizi e dai reportage comparsi all’epoca sembra che questo episodio - a differenza della storia originale - sia davvero avvenuto. Episodi ulteriori di emulazione accaddero nel 1906 a Ballymena (Irlanda del Nord) e nel 1907 a Redhill (Surrey, Inghilterra).
Smith fa notare quanto fosse cambiato il modo di raccontare la vicenda tra la notizia originale del Chester Chronicle e gli episodi di fine Ottocento-inizio Novecento. I quotidiani, nei casi più recenti, non mancano di sottolineare che ai felini non è stato fatto alcun male. Nel corso di un secolo, infatti, era cambiato l’atteggiamento generale del pubblico verso gli animali. Per molto tempo i gatti erano stati visti come semplici cacciatori di topi, spesso uccisi per puro divertimento o come forma di protesta (non era raro che fossero immolati durante raduni antipapali tenuti da protestanti nel Diciassettesimo secolo o nelle rivolte delle classi sociali meno agiate). Nel corso dell’Ottocento, cominciò la loro transizione ad animali domestici veri e propri, soprattutto fra le classi medio-alte.
Nell’arco di un secolo nacquero istituzioni come la RSPCA (Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals), furono varate nuove leggi contro la crudeltà verso gli animali e i gatti entrarono in massa nelle famiglie inglesi. Si trattò di una moda che in un primo tempo coinvolse i segmenti più agiati della società: la crudeltà verso cani e gatti era vista come una perversione associata ai ceti sociali meno abbienti. La stessa RSPCA si poneva tra gli obiettivi quello di educare le classi più povere a una maggior sensibilità verso il regno animale - sensibilità che era considerata propria dei ceti benestanti.
Il modo di raccontare la beffa di Chester (e i suoi epigoni) riflette anche questo mutamento. A inizio Novecento l’idea di 500 gatti affogati in un fiume non era più vista come un divertente episodio di cronaca, ma come un’inutile crudeltà. Il lessico dei giornali si adeguò. Le cronache moderne preferivano soffermarsi sulla credulità umana e prendere in giro l’ingenuità di coloro che ci erano cascati. Questi erano spesso descritti come poveri e ignoranti, che vivevano ai margini della società. Particolare attenzione era data al sesso degli ingannati (si solito donne) e all’età (anziane signore senza molti mezzi). Esemplare, ad esempio, questa cronaca comparsa su un giornale di Dundee e ambientata in una città non meglio precisata degli Stati Uniti:
[Un] giovane gentiluomo si presentò come un industriale del Nord nel settore delle pellicce e delle corde di violino, affermando di voler stipulare contratti per l’acquisto di gatti a un prezzo allettante. Una quarantina di negri abboccò all'amo, e perlustrò subito il paese in cerca di felini. La mattina dopo ciascuno di loro si presentò con una borsa di gatti, ma ovviamente il committente non si “materializzò". I negri dovettero sbarazzarsi dei gatti, tuttavia, e il contenuto dei sacchi fu svuotato per le strade. (A cat hoax, Dundee Courier, 18 gennaio 1889)
Non si sa se questo episodio sia realmente accaduto, ma il tono di scherno verso i neri è evidente. In altri casi, come abbiamo visto, si può invece essere ragionevolmente sicuri che gli scherzi avvennero sul serio. Smith ne ha trovato tracce fino al 1955 (anche con cani, a sostituire i gatti): un’incredibile longevità, per beffe di questo tipo. Si trattava di riproposizioni locali della burla di Chester, perpetrate tramite la distribuzione di volantini o la pubblicazione di avvisi sui giornali. In quest’ultimo caso, l’inganno funzionava per una ragione: nei settimanali dell’epoca, a volte, trovavano posto annunci assai più strani. In tutti questi casi, i giornali ne approfittavano ancora una volta per puntare il dito verso i poveri o verso segmenti di società marginalizzati: se la storia di Chester scherniva l'ingenuità dei “cugini irlandesi”, quelle più recenti prendevano in giro i nullatenenti, le donne o gli afroamericani.
Conclude Smith:
La bufala [dei gatti] rivela il potere dell’invenzione giornalistica. Se non è una novità il fatto che storie false siano sempre circolate e che il Diciannovesimo secolo ebbe la sua bella quota di false notizie mascherate da verità, si può aggiungere che la stampa popolare ebbe il potere di trasformare la finzione in realtà. Nel far circolare quella che dapprima era una bufala riconosciuta, la graduale trasformazione [della vicenda] in un presunto fatto storico generò l'idea che la beffa non fosse solo realizzabile, ma anche divertente.
Fenomeni di emulazione per una storiella mai avvenuta, ma ritenuta da tutti autentica: una caratteristica tipica di molte leggende metropolitane.
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