Articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo
A cosa serve la ricerca, specie quella di base, che a prima vista sembrerebbe un mero esercizio di speculazione sulla natura? Ogni volta che qualcuno pone questa domanda, prima o poi arriverà come risposta la storiella di Faraday e di Gladstone, un classico degli aneddoti a tema scientifico.
Correva l'anno 1850. Il grande scienziato inglese Michael Faraday, che ha dato un contributo essenziale nel campo dell'elettromagnetismo, dava una dimostrazione del suo apparato per generare l'elettricità, la più recente meraviglia scientifica. Mentre Faraday svolgeva l'esperimento, William Gladstone, all'epoca ministro delle Finanze della Gran Bretagna, lo osservava freddamente. Al termine della dimostrazione Gladstone disse a Faraday: "È molto interessante signor Faraday, ma qual è il valore pratico di ciò?" Faraday rispose: "Un giorno, signore, il governo potrebbe metterci su una tassa". Non è forse così? Chi non paga oggi l'elettricità? [Catalina Oana Curceanu, Dai buchi neri all'adroterapia. Un viaggio nella Fisica Moderna, Springer, 2013]
Ora, l’aneddotica ha una storia lunga, lunghissima, e altrettanto lunga è la storia delle false attribuzioni di detti memorabili a questo o a quel grande del passato - sempre morto, in modo che non possa smentire chi glieli appioppa.
Oggi, grazie alla rete, le citazioni farlocche si sono moltiplicate più che mai: sono, spesso, creazioni ad hoc, pronte per essere usate come pseudo-argomentazioni e appelli all’autorità, per coprirsi le spalle con ciò che un gigante, un grande politico, uno scienziato, un filosofo, una figura religiosa o altri avrebbero detto - ovviamente sempre a indiretto supporto di chi li inventa. Ma non è sempre colpa del web. Alcuni di questi apocrifi sono ben più antichi. È il caso del nostro raccontino su Faraday e Gladstone.
Una piccola parentesi: i falsi aneddoti non sono leggende metropolitane in senso stretto. Sono però invenzioni totali, oppure distorsioni assai forti di una cosa detta o scritta davvero da un autore. In questo modo, diventano facilmente parte dell’immaginario collettivo in cui peschiamo quando, tutti insieme, “inventiamo” le leggende contemporanee.
L’aneddoto su Faraday e Gladstone è oggi popolarissimo nel mondo della divulgazione: viene utilizzato per dire che sì, anche se un tema scientifico sembra lontanissimo da possibili applicazioni pratiche, prima o poi potrebbe sfociare in qualcosa di utile per l’umanità, qualcosa che tutti useranno e che anche il governo “potrebbe tassare”. È, al tempo stesso, una malcelata critica verso la politica, spesso non così lungimirante in fatto di finanziamenti alla ricerca di base - ma anche “rapace” e sempre pronta a imporre tasse e balzelli, non appena ne intraveda la possibilità.
La risposta fulminante di Faraday, con tutta probabilità, non è mai stata pronunciata, almeno nei termini qui raccontati. Come già diversi anni fa ha fatto notare David Mikkelson per Snopes, nessun contemporaneo lo riporta, non compare sui giornali d’epoca, e si inizia a parlarne solo dopo la morte di entrambi i protagonisti. In alcune versioni, la domanda sull’utilità della scienza sarebbe stata posta da Gladstone nelle vesti di “Primo ministro britannico” (carica che non ricoprì fino al 1868; Michael Faraday era morto un anno prima).
Al tempo stesso, la storiella è rintracciabile in un gran numero di fonti, lungo tutto il Ventesimo secolo. Si va, ad esempio, dalla rivista americana The Public, che la riprese nel 1909, sino all’Oxford Dictionary of Quotations by Subject, del 2000, che la inserisce nel paragrafo “Inventions and Discoveries”.
In una variante, al posto di Gladstone troviamo Robert Peel, altro politico di spicco del Regno Unito del XIX secolo.
Non è un caso, però, che Gladstone sia la “controparte” di Faraday più ricorrente. Il suo nome non fu scelto a caso. Su di lui nell’Ottocento giravano storie, aneddoti, battute scherzose, molte delle quali apocrife e arrivate fino ai giorni nostri (spesso in coppia con il suo avversario politico, Benjamin Disraeli). Un esempio per tutti: a quest'ultimo avrebbero chiesto di enunciare la differenza tra una disgrazia e una calamità, e lui avrebbe risposto:
Beh, se Gladstone cadesse nel Tamigi sarebbe una disgrazia; se qualcuno lo ripescasse, quella sarebbe una calamità.
Una delle prime apparizioni dell’aneddoto su Faraday e Gladstone è dovuta a uno storico e politologo irlandese, Edward_Hartpole_Lecky (1838-1903), che, fra i tanti saggi, diventò famoso anche per un lavoro storico sulla contrapposizione tra l’idea moderna, tardo-ottocentesca, di democrazia come portatrice di diritti sociali, e la libertà letta secondo la tradizione anglosassone, ossia come possibilità per l’individuo di espandere la propria personalità e le proprie attività senza limiti eccessivi. Non a caso, il titolo del saggio era Democracy and Liberty. Fu stampato per la prima volta nel 1896.
Nella prefazione al primo dei due tomi della seconda edizione (primavera del 1899), a pagina XXXI, Lecky affermava senza mezzi termini, che - pur essendo esperto di politica - Gladstone di scienza non capiva un bel niente. Per provarlo, raccontava proprio il nostro aneddoto:
Un amico intimo di Faraday una volta mi descrisse come, in un’occasione in cui Faraday si dava da fare per spiegare a Gladstone e a parecchi altri una nuova e importante scoperta scientifica, il solo commento di Gladstone era stato: “Ma a che serve?”. Faraday rispose: “Sir, serve perché è assai probabile che presto voi potrete metterci una tassa sopra!”
Come si vede, ci sono due elementi che accomunano questo racconto e le leggende contemporanee: il primo è che Lecky scrive di averla appresa parecchio tempo prima in modo indiretto, da una fonte terza; il secondo è che la storia emerge dopo la morte di Gladstone, quando diventa impossibile per lui spiegare al pubblico che non si era mai sognato di dire una cosa del genere. Si tratta dunque di un FOAF tale, ossia di un racconto la cui fonte viene attribuita all’amico di un amico (Friend-of-a-friend), per di più relativo a due persone già scomparse.
Quando Lecky pubblicò la seconda edizione di Democracy and Liberty, infatti, Gladstone era morto da un anno appena, e il dibattito sul suo ruolo nella politica britannica era acceso. Ma Lecky non amava Gladstone: è lui, non Faraday, il protagonista-vittima del nostro racconto, almeno nell’intento originale di questa prima fonte. Le valutazioni poco lusinghiere di Lecky su di lui avevano riacceso anche il dibattito sul suo lavoro complessivo, che era quello di un tipico liberale classico, sospettoso della democrazia progressista, vista come veicolo per una tassazione sempre più oppressiva.
Questa prima intenzione del nostro aneddoto è andata, con il tempo, perdendo di forza: nelle riprese attuali, il protagonista è invece Faraday, lo scienziato lungimirante che si contrappone a una politica miope, che non riesce a capire l’utilità della scienza al di là delle mere questioni pratiche.
Non stupisce che, negli anni, si sia affermato un altro aneddoto sullo stesso tema, quello che forse potremmo chiamare variante del bambino:
In una versione ricorrente, Faraday ha appena tenuto una conferenza sull'elettricità e in particolare sulle correnti indotte. Un uomo politico che ha assistito alla conferenza lo avvicina e gli chiede (con una malizia che ci piace attribuire a questo genere di professionisti della vita pubblica): “Tutte cose molto belle. Ma qual è la loro utilità, Mr. Faraday?” Al che Faraday risponde con prontezza: “Sì, certo, ma a cosa serve un bambino appena nato?”
Una risposta diversa alla stessa domanda, forse più vicina alla nostra sensibilità “moderna”. E un indizio di come questi aneddoti possano modificarsi, mutare, assumere col tempo nuovi significati ed essere usati per dire cose nuove. Esattamente come per le leggende metropolitane.
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