articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo
Del diavolo al ballo avevamo già parlato: un uomo si presenta a un evento danzante, a volte corteggia una dama lì presente, ma la sua natura viene svelata quando qualcuno degli invitati si accorge che lo sconosciuto ha zoccoli al posto dei piedi. E’ un motivo ricorrente nella tradizione di molti paesi, Italia compresa. Qualche esempio (e una curiosa variante araba) lo avevamo commentato qui: ce ne eravamo occupati in occasione dell’uscita un articolo di Tommaso Braccini, dell’Università di Torino (“Luciano e il diavolo nella sala da ballo: una nota a Storie vere”, in Quaderni urbinati di cultura classica, n. 2, giugno 2018).
Il diavolo al ballo è una vecchia conoscenza del CeRaVoLC. Se ne era occupato Danilo Arona sul n. 4 (aprile 1992) della nostra fanzine, Tutte Storie, nel suo articolo “Satana ti vuole in discoteca”.
A quanto pare, comunque, il tema continua a concentrare l’attenzione degli studiosi di folklore e di letteratura. L’ultimo, interessante contributo in questo senso è giunto da Cruz Carrascosa Palomera, lettore del Centro Linguistico di Ateneo dell’Università di Chieti-Pescara, che di recente ha pubblicato sul Boletín de Literatura Oral (9, 2019) dell’Università di Jaén un articolo intitolato Bailar con el diablo: metamorfosis de una leyenda oral, del Abruzzo italiano a la literatura de cordel de Brasil.
Lo studioso esordisce fornendo i dettagli di un racconto popolare riferito nel 2009 a una sua collaboratrice da una signora di Roccamontepiano (Chieti), classe 1931. Come molte altre leggende del genere, l’apparizione del diavolo “sanziona” un comportamento considerato contrario alla morale: una cena a base di agnello seguita da un ballo tenuto un Mercoledì delle Ceneri (giorno che nella tradizione cattolica inaugura la Quaresima, ed è pertanto dedicato a pratiche di penitenza). La protagonista è una donna che “faceva compagnia” a tutti, giovani e anziani, quindi nella morale comune una “donnaccia”.
Allora, il giorno delle Ceneri, allora hanno preparato che dovevano mangiare l’agnello. Le Ceneri! E chi scì chi no, hanno insistito di mangiare st’agnello. Dice:
—Guarda, che oggi è peccato! Comparisce il diavolo! È una cosa troppo esagerata!
E la ragazza:
—No, no, no! Si fa, si fa!
E quest ca ere una giovane che ti faceva impazzire per quant che era bella. Allora hanno preparato la cena, hanno mangiato, hanno cominciato a ballare… Tutti balli di prima: quatriglie, scopa,… Tutti sti balli che si faceva… antichi. A nu certo momende, hanno cominciato a vedere tutte cose che non era più normale: si scuriva, si… diventava luce. A nu certo momende, dice..., stavano a preparare il ballo proprio tutti insieme. Mentre stavano a ballare è uscita una lampa di fuoco. È comparso un giovane, ma che era una bellezza da non credere, mentre a questo ballo…, e ha cominciato a ballare con quello, con quello: uno lasciava, uno prendeva. Un bel momento, ha cominciato a cambiare questo giovane, da bello è diventato più… Non era più normale. Gli hanno guardato ai piedi… quando gli hanno guardato ai piedi, tutti quanti si so cominciati a tirare addietro. Lui ha fatto una lampa di fuoco è scomparso questo giovane. I piedi che ce li aveva.. ehm… come un… ehm, come si dice? Come na cesta, rotondi, come zoccoli… proprio una cosa non normale. Però che era una bellezza da non credere, per quando che era bello questo giovane. Dopo, tutti quanti, il giorno dopo, le cose… questa casa se n’è scesa, se n’è caduta. [...] Allora, il giorno dopo tutti quanti a vedere là, le cose, ma non esistiva più niente. Che si vedeva appena appena un pezzettino di muro perché se n’è sprofondato.
Nel racconto, la veridicità dell'episodio è garantita da due particolari: un presunto testimone oculare, nonno di una conoscente, e l'esistenza di un muretto nel podere dove sarebbe avvenuto il fattaccio.
Palomera ha messo in luce la perfetta collocazione del racconto abruzzese nei motivi e nei sotto-motivi folklorici nei quali da molto tempo è stato inquadrato il racconto del diavolo al ballo. Il tema è stato studiato dapprima per la Gran Bretagna, nel 1950, da parte del folklorista William Jones Wallrich, che ne ha parlato sulla rivista Western Folklore; poi anni dopo, nel 1958, da Reidar Thoralf Christiansen, che ha riportato diverse varianti provenienti dalla Norvegia nel suo classico lavoro The Migratory Legends.
Da parte nostra possiamo consigliare anche il numero 32 (1994) della rivista FOAFTale News, che riporta un'interessante versione del 1875 ambientata a Danzica, in Polonia.
Palomera ha ricollocato il racconto abruzzese, nelle sue componenti essenziali, nell'ambito della più vasta e classica tipologia folklorica di Stith Thompson (per la precisione, in quattro motivi del gruppo G303).
In un’altra versione capoverdiana da lui raccolta nel 2004, il diavolo al ballo è smascherato da un bambino, il solo ad accorgersi dei piedi di capra dell’individuo. Il diavolo riesce comunque a fuggire con la ragazza, che viene trovata soltanto tre settimane dopo in una grotta, malconcia, resa muta e col vestito strappato, in un racconto che allude con chiarezza ai pericoli per l’integrità sessuale delle giovanissime.
A parte Capo Verde, Carrascosa Palomera spiega che nella tradizione orale e nella musica popolare brasiliana, in specie nella cosiddetta letteratura di cordel, da decenni circola in varie forme un racconto che di solito s’intitola A história da moça que dançou com o diabo (La storia della ragazza che ballò col diavolo). La prima incisione nota su disco risale al 1953, ma questa vicenda è riesplosa, con una serie di versioni musicali moderne, a partire dal 1990. Qui ne potete ascoltare una.
Carrascosa Palomera ne fornisce i testi integrali e vi dedica grande attenzione: rispetto alle versioni orali o letterarie, infatti, esse presentano uno straordinario sviluppo narrativo e un registro qualitativo decisamente elevato.
E’ il caso della lunga variante in cui si narra della famiglia Zacarias, povera ma onesta e di costumi tradizionali, la cui bellissima figlia diciassettenne, Iracema, vuole partecipare alla gara di ballo indetta dal sindaco di un paese vicino a Bahía. I genitori glielo impediscono, dicendo che la lambada è un ballo peccaminoso e un'invenzione di Satana, e che il Cielo protegge i figli che obbediscono ai genitori. Ma lei, indossata una minigonna, esce lo stesso e si ripromette di ballare “persino col diavolo”. Lungo la strada, un’auto nera con un giovane belllissimo la affianca: lei gli dice che sta andando alla gara di ballo, e quello si offre di accompagnarla. Ma ecco la trappola: quello è il Diavolo, e la porta ad un baccanale, in un castello, dove si rivela un essere dall’aspetto ripugnante. Dopo una notte terribile, al mattino, la ragazza riesce a liberarsi dalla sua prigionia e viene riportata a casa da un altro veicolo, un camion guidato stavolta da un giovane onesto, il cui compito è di riconsegnarla ai genitori, da cui lei implora il perdono.
Altrettanto può dirsi per un'altra canzone scritta stavolta da Otávio Menesez. La scena si svolge a Juazeiro do Norte. Durante una festa una donna bellissima, Maria da Conceição, balla la lambada. Appare un giovane con sombrero nero e occhiali scuri, che sembra danzare ancor meglio di lei. I due si mettono a volteggiare insieme e sembrano volare sulla pista. Chiacchierano, lui si presenta come Cafifá, e quando quella è stanca l’uomo le propone di andare in un giardino appartato. Lei si protende per baciarlo. Lui si toglie il sombrero e appare un corno orribile, si toglie gli occhiali e rivela due occhi di fuoco. La donna scappa e da allora promette di non ballare mai più. La canzone si conclude affermando che la lambada è una danza maledetta, inventata dal "figlio di un cane". Una morale comune a entrambe le canzoni brasiliane.
Il tema negli ultimi anni sembra godere di parecchia popolarità nel Paese sudamericano. Nel 2016 un cortometraggio dedicato al diavolo al ballo, girato dal gruppo di cineasti brasiliani Kino-Olho, della città di Rio Claro, ha ricevuto la menzione speciale della giuria al Festival internazionale di Cannes.
Palomera dedica gran parte del suo studio al mondo lusofono, ma non dimentica quello ispanofono sudamericano. E’ il caso di una versione narratagli nel 2009 a Roma da un giovane colombiano:
C’è una discoteca vicino a Cali, che si chiama El Juanchito. La gente lì va ballare la salsa, tantissima salsa. Sai, è un luogo di perdizione. Le donne che ballano, sai, e tutto il resto. Poi una volta la gente stava ballando lì. C’era una donna molto bella, tutti volevano ballare con lei, era la più bella. Poi alle due di notte i piedi le cambiarono in quelli di una capra. La gente l’ha vista e dicevano: “Guarda! Ha i piedi di capra! E’ il diavolo!” Allora, tutti si allontanarono da lei. Lei si mise a correre e scappò da una finestra, così, e c’era tanto fumo. Non si vedeva bene. Credo che ci fosse mio zio lì e che abbia visto. E’ uscito sul giornale e tutto il resto, e la gente ne parlava. Sai, è successo perché è un luogo di grande perdizione.
Versione breve di questo racconto ammonitore contro la perdita dei valori tradizionali e del controllo familiare, commenta Carrascosa Palomera, ma non priva di strategie narrative tipiche delle leggende metropolitane: ad esempio, l’affermazione di conoscere un testimone diretto, o quella secondo cui la storia è stata riportata dai giornali.
Ma ci sono anche versioni in aree culturali completamente diverse. In Marocco, ad esempio, si narra di una misteriosa donna seduttrice, la Aixa kandixa, che annega gli uomini malcapitati che la seguono e che ha zoccoli al posto dei piedi. Carrascosa Palomera riporta anche una versione raccontatagli nel 2004 da un anziano Nuba del Sudan centrale:
A Sawakem, che vuol dire “la zona dove vive il jinn” è successo qualcosa di strano a un uomo che mi ha raccontato questa storia a Port Sudan. Un uomo stava guidando e gli è parso di vedere dei riflessi o delle immagini di persone, si è fermato, ma non ha visto nulla, Poco dopo gli è sembrato che un cavallo gli tagliasse la strada, ma avvicinandosi si è accorto che si trattava di un uomo con zampe di cavallo. Ha continuato a guidare fino a quando non ha incontrato qualcuno e ha potuto raccontare quello che aveva visto. L’uomo con cui parlava gli ha chiesto come erano fatte quelle zampe e gli ha mostrato le sue dicendo: “Erano come queste”? Allora l’autista, terrorizzato, ha visto che anche quell’uomo aveva zampe di capra. E’ risalito in macchina ed è ripartito di corsa.
Legami fra versioni e parti del mondo che si rincorrono: l’apparizione di un secondo uomo dai piedi caprini ricorda da vicino la versione della leggenda diffusa in Arabia Saudita e menzionata da Tommaso Braccini nel suo lavoro.
Il merito dello studio di Cruz Carrascosa Palomera è proprio quello di presentarci un "giro del mondo" tra le molteplici versioni del diavolo al ballo, mostrando l'incredibile diffusione di questo motivo folklorico, in Paesi e culture molto diverse tra loro.
Immagine in evidenza: Daniel Veelwaard I (1766-1851): Uomo con l'aspetto di un diavolo in una sala da ballo, incisione, 1809.
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