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Il panettone e le leggende alimentari




Chi ha inventato il panettone?


Da un punto di vista storico, oggi si sa con un certo grado di fiducia che il moderno panettone si deve a una lenta evoluzione della tradizione milanese dei “pani grandi”, magari preparati per le festività di fine anno, e addobbati “con burro, uova, zucchero e uva passerina o sultana” (come racconta un ricettario che, nel 1839, menziona una preparazione del “Panatton de Nadal”). La nascita del dolce contemporaneo, tuttavia, arriverà soltanto intorno al 1853, con l’inserimento nella preparazione del lievito, l’elemento necessario per dare forma, fragranze e gonfiore al dolce natalizio più famoso in Italia a partire dalla metà del XX secolo.


In realtà la forma “alta” del panettone, quella che tutti conosciamo, è ancora più recente: compare negli anni ‘20 del secolo scorso, e si deve al nome illustre di Angelo Motta, pasticciere e poi industriale di Gessate. A quel tempo, Motta preparava già il kulič, dolce russo pasquale usato anche dalla comunità ortodossa meneghina. Da questo ebbe probabilmente l’idea di inserire nella forma un pirottino, in modo da dare all’impasto lievitato la possibilità di crescere verso l’alto e di espandersi in altezza, non rimanendo “basso” - proprio quello che avviene nel dolce russo.


Il “pan de Toni”


La fantasia però, come spesso succede, non si accontenta della storia “normale” e, in questo caso, di un’origine relativamente recente e "ordinaria" di un prodotto gastronomico così amato. In questi casi, la prima cosa da fare è assegnare un nome preciso all’inventore del prodotto che si vuole celebrare come una vera e propria gloria. È per questo che, secondo il principio della falsa etimologia, la nascita del dolce meneghino per eccellenza è stata attribuita - almeno in tempi recenti - a un certo “Toni”, un semplice garzone di cucina…


Come ci racconta Focus Junior:


[La leggenda] ha come ambientazione proprio la corte di Ludovico il Moro, durante un sontuoso banchetto di Natale. Un famoso cuoco (di cui non sappiamo il nome), al servizio di Ludovico, aveva creato personalmente l'impasto di un dolce straordinario, la cui ricetta segreta si tramandava di padre in figlio, da secoli, all'interno della sua famiglia. Non tutto, però, andò per il verso giusto e il cuoco scordò di togliere per tempo il dolce dal forno, bruciandolo e rendendolo immangiabile. Era ormai troppo tardi per prepararlo nuovamente.
Per fortuna, un servo di nome Toni aveva tenuto per sé un po' dell'impasto del dolce ormai perduto a cui aveva aggiunto un po' di frutta candita, uova, zucchero e uvetta. Voleva cuocerlo al termine del proprio lavoro per avere qualcosa di buono da mangiare. Il cuoco, scoperto l'impasto avanzato, decise di dargli forma di pane e portarlo comunque alla tavola del principe. [...] Fu un successo: non solo il pan del Toni piacque a Ludovico e ai suoi commensali, ma il cuoco fu obbligato a servirlo a tutti i banchetti natalizi degli anni successivi, e presto l'usanza si diffuse fra tutta la popolazione.

La storia ha numerose varianti: in alcune, Toni è un garzone troppo stanco e un po’ pasticcione, stanco per aver infornato focacce tutto il giorno. Nell’impasto di una di queste gli cade dello zucchero, e lui è costretto a completare il tutto con uvette e canditi. In un’altra, è proprio il garzone a bruciare il dolce, ed è costretto a rimediare in fretta e furia con quello che è rimasto in dispensa.


Due leggende “concorrenti”


Ma esistono anche racconti diversi, come quello che riconduce l’origine del panettone alla suora di un convento, tale Ughetta, desiderosa di fare un regalo alle sue consorelle. E così


[...]Al solito impasto del pane aggiunse uova e zucchero, canditi e uvette. Per benedire quel pane natalizio vi tracciò sopra, con il coltello, una croce. Le suore apprezzarono e anche questa volta, a Milano, il passaparola fu incredibilmente veloce: i milanesi cominciarono a fare offerte al convento per portare a casa un po' di quel pane speciale.

Leggenda un po’ deludente, rispetto a quella di Toni… Se non per un dettaglio. Forse non vi stupirà sapere che “ughetta” significa uvetta, in dialetto milanese.


La terza storia chiama invece in causa un falconiere di Ludovico il Moro, innamorato di una certa Adalgisa, figlia di un fornaio. Lui si chiama invece Ugo (eh…), o in alternativa messer Ulivo degli Atellani. Per stare vicino alla sua amata, il nostro uomo si farà assumere dal panettiere e inventerà il panettone (in alcune versioni, arriverà a rubare un paio di falchi al signore di Milano per venderli e acquistare col ricavato il burro necessario). Insomma, dimostrerà al futuro suocero di avere intenzioni serie e uno spiccato senso per gli affari. Il nuovo dolce si rivelerà un successo, e i due innamorati potranno finalmente sposarsi.


E vissero tutti felici e saziati.


La grande famiglia delle leggende alimentari


Queste storie fanno parte della lunga tradizione delle leggende alimentari, cioè di quelle che dovrebbero spiegare l’origine di una particolare ricetta, o perlomeno il loro nome. È curioso il fatto che in molti casi le storie seguano un canovaccio ben stabilito:


  1. La ricetta è ideata per una grande occasione o per un personaggio importante, magari per un re o una regina, che potrebbero rimanere delusi dal piatto preparato (il destinatario viene descritto sovente come “di gusti particolarmente difficili”); in alternativa, serve a conquistare il cuore della persona amata. Insomma, non è soltanto una “prova” di cucina: è una vera e propria sfida da superare, da cui dipendono il successo e la felicità del protagonista - spesso una persona di umili condizioni, un giovane apprendista, oppure un cuoco in difficoltà economiche.

  2. Il superamento della prova trova un intoppo: a volte manca un ingrediente, che deve perciò essere sostituito da un altro; altre volte il cuoco, preso dall’ansia, sbaglia un passaggio fondamentale.

  3. Ed ecco che, nonostante il piccolo problema (anzi, proprio per questo, per un caso di serendipità) nasce la nuova ricetta: sarà un trionfo di gusto e sapore. In questo modo, il protagonista potrà godere del successo agognato e legherà per sempre il suo nome a quello del piatto leggendario…

Qualche esempio?


Ricette serendipiche


Secondo la leggenda, la crêpe Suzette sarebbe stata inventata nel 1895 da un cameriere quattordicenne del Café de Paris. Un giorno nel locale si sarebbe presentato il principe del Galles, colui che, con la morte della madre Vittoria da lì a cinque anni sarebbe diventato re Edoardo VII. Preso dall’emozione, il ragazzo avrebbe versato troppo liquore nella crêpe, facendo prendere fuoco al tegame. Per non far attendere l’illustre ospite, il dolce sarebbe stato servito lo stesso, rivelandosi un successo, tanto che il nobile avrebbe chiesto di battezzarlo con il nome di un’avvenente dama presente al suo tavolo…


E il brownie? Secondo una delle tante storie sulla sua origine, sarebbe stato creato per errore da una casalinga del Maine. La donna avrebbe dimenticato di aggiungere il lievito a una torta al cioccolato. Decisa a servirlo lo stesso, la sua audacia sarebbe stata apprezzata: tutti sarebbero rimasti estasiati per la nuova ricetta.


Storia simile quella della Tarte tatin, inventata per errore da due cuoche di un ristorante, le sorelle Tatin. Un giorno, dimenticarono di mettere l’impasto nella torta di mele. Così posero l’impasto sopra la torta, la collocarono in forno e poi rivoltarono il tutto. I commensali apprezzarono il gusto caramellato delle mele, e fu l’ennesimo trionfo.


Ancor più straordinaria è la leggenda legata alla torta caprese, ambientata - inutile a dirlo - sull’isola del golfo di Napoli:


Si dice che un giorno, attorno agli anni Venti, tre uomini entrarono nella pasticceria di Carmine di Fiore: erano gangster mandati da Al Capone per fare acquisti. Il pasticciere, forse per distrazione o forse per la fretta, si dimenticò di aggiungere la farina all'impasto della torta di mandorle richiesta dalle tre losche figure. Avrebbe potuto pagare l'errore con la vita e invece fu un successo, tant'è che i mafiosi chiesero la ricetta di quella golosa torta.

Ovviamente, esistono leggende sull’origine di piatti e ricette che non seguono questa struttura, ma le storie di serendipità culinaria sono moltissime, tanto da potersi considerare un motivo ricorrente.


Paperino e il panettone


Concludiamo con una curiosità: il panettone e la sua storia sono comparsi in più occasioni, anche nei fumetti di Topolino. Una delle più celebri è quella che fu pubblicata nel numero 1620 del 14 dicembre 1986. Si tratta di Topolino e la leggenda del panettone, che risolve in un colpo solo il mistero delle origini del panettone e quello del duomo di Milano. Qui, Pippo e Topolino tornano con la macchina del tempo alla corte di Gian Galeazzo Visconti, e diventano garzoni del panettiere di corte, il milanesissimo Brambilla. Questi ha un nipote, il falegname Angelo, che vorrebbe presentare al visconte il suo modellino di cattedrale, ma non sa come raggiungerlo. Pasticciando con la ricetta corretta, che avrebbe dovuto essere un poco lievitata, Topolino e Pippo creeranno invece il panettone, un dolce abbastanza alto da poter nascondere il modellino al suo interno: questo, ovviamente, sarà apprezzatissimo da Gian Galeazzo, che approverà all’istante la sua costruzione. Ancora un successo, frutto di un errore…


Ed è dall’universo dei Paperi che arriva ancora una storia sull’origine del nostro dolce natalizio: Pico e il panettone da favola, uscita il 27 dicembre 1994 sul numero 2039. Si tratta di una storia che ci interessa raccontarvi in maggiore dettaglio, perché ha un vago sapore da autostoppista fantasma, e inoltre rappresenta uno di quei rari casi in cui il tema della morte arriva a sfiorare le pagine di Topolino.


Questa volta ci troviamo a Paperopoli, dove Paperon de’ Paperoni si trova con tutta la famiglia a casa di Nonna Papera, e sta distribuendo ai parenti i “suoi” panettoni (prodotti, cioè, dalle industrie dolciarie PdP). È l’occasione per Pico de’ Paperis di raccontare l’origine di quel dolce. Si torna così alla Milano del XV secolo, dove il maldestro fornaio Paperetto si trova alle dipendenze dello zio Paperun. Paperetto vorrebbe partecipare al concorso di pasticceria indetto dal granduca di Milano, ma finisce per combinare guai e per essere licenziato. L’avaro zio, come liquidazione, gli lascia gli avanzi di cucina: farina, lievito, burro, zucchero, uova e canditi. Ed è a questo punto che entra in scena una mendicante, Brisella della Cascina Luna, a cui il papero aveva regalato qualche giorno prima un po’ di pane (all’insaputa dello zio taccagno, ovviamente). Brisella dice a Paperetto che quegli ingredienti possono fare la sua fortuna, e gli suggerisce una ricetta: è - naturalmente - quella del panettone, che trionferà al concorso del granduca.


Ma la storia ha un ultimo colpo di scena da regalare: Paperetto torna dallo zio Paperun per saldare gli ultimi debiti, e gli rivela il ruolo di Brisella. E lì, dallo zio, scopre che Brisella è ormai morta da tempo, e che la Cascina Luna è bruciata quarant’anni prima…


Con questa storia, così simile alle nostre leggende metropolitane, vi auguriamo un felice Natale. E voi, conoscete altre leggende sulle origini delle nostre ricette?


Immagine in evidenza: foto di Décio Guanabarino Silveira - da Pixabay

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