Articolo di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo
La storia del terrorista riconoscente è ormai un classico del folklore moderno, che torna ciclicamente a diffondersi con l’approssimarsi delle festività natalizie o di eventi di portata internazionale. Eccone un esempio, riportato dal Corriere della sera nei giorni che precedettero l’apertura dell’Expo milanese del 2015:
La storia, narrata nell’audio dalla voce di un ragazzo, viene presentata come «un fatto che è successo alla figlia di una collega di mia madre». Nel racconto, una ragazza cammina per strada quando un uomo davanti a lei, genericamente definito «un arabo», perde il portafoglio. La ragazza lo raccoglie e insegue l’uomo per consegnarglielo. Nel momento in cui «l’arabo» riceve il portafoglio, per sdebitarsi vuole offrire un caffè alla ragazza, la quale però è di fretta e rifiuta. Al che l’uomo le offre un «regalo, mi ringrazierai». Si tratta di un avviso: «Non prendere la metro il Primo maggio». Poi l’uomo scappa di corsa. E la ragazza resta pietrificata, perché ha capito che ci sarà un attentato, una bomba in metrò: il Primo maggio inizierà l’Expo (Corriere della sera, 2 aprile 2015).
Ma quanto è antica questa leggenda? In un nostro articolo del 2018 avevamo fornito un esempio risalente all’anno 2000: quella volta l’inquietante avviso non proveniva da un uomo di nazionalità araba, ma un signore dal forte accento irlandese, che si rivelava poi un membro dell’IRA, il movimento terrorista che ha insanguinato l’Ulster per decenni.
Ma la nostra leggenda risale ad un tempo assai più remoto. Molto prima del terrorista riconoscente, infatti, in Inghilterra si vociferò del tedesco riconoscente. Di questo motivo folklorico ci occuperemo oggi.
Cominciamo dagli anni della Seconda guerra mondiale, in particolare dall’estate del 1940. La prima fonte di cui disponiamo è datata 3 agosto e la dobbiamo al corrispondente da Londra del quotidiano di Sydney The Sun, da dove poi rimbalzò sulla stampa di tutto il mondo anglosassone. Ecco, ad esempio, come la riassunse il 6 agosto 1940 un altro giornale australiano, il Daily Advertiser:
Tedesco riconoscente avvisa un’infermiera - Il truce ammonimento dettato sul letto di morte da un pilota tedesco prigioniero è raccontato da un’infermiera dell’Australia occidentale che per tre settimane combatté inutilmente nelle Fiandre per salvargli la vita. Dopo averle dettato lettere di addio per la moglie e la madre, il tedesco morente disse all’infermiera: “Avete fatto del vostro meglio per salvarmi la vita. Quindi, è mio ultimo dovere tentare di salvare la vostra. Dovete promettermi che, quando ritornerete in Inghilterra, non vi muoverete mai, per nessuna ragione, senza la vostra maschera antigas”.
Un avvertimento che, secondo il neozelandese Bay of Plenty Beacon del 26 agosto 1940, indicava “il possibile pericolo di un attacco nazista in Gran Bretagna”. Trama leggermente diversa quella che comparve il 20 novembre 1940 su un altro quotidiano della Nuova Zelanda, l’Auckland Star. Questa volta, infatti, il soldato guariva, e la scena si svolgeva non più nelle Fiandre, ma proprio in Inghilterra, nel Berkshire. Il giornale la definiva “una delle numerose storie simili che si possono udire a Londra”:
Dalle lamiere contorte di un aereo da guerra nazista che si schiantò nel Berkshire, guizzò fuori un pilota ferito, che si diresse a passi incerti verso una vicina fattoria. Fu portato dritto in ospedale dove i dottori e le infermiere gli dedicarono la stessa cura premurosa riservata ai pazienti inglesi. Rimessosi completamente la scorsa settimana, si preparava a partire per un campo di prigionia. “Non c’è nulla che possa darvi, se non un consiglio”, disse il tedesco riconoscente allo staff. “Non perdete di vista le vostre maschere antigas. Potreste averne bisogno molto presto”.
In alcune varianti, infine, la minaccia portava una precisa data di scadenza. Un’interessante versione è contenuta nel libro They’ll never quit di Harvey Klemmer, che fu pubblicato a New York nel marzo 1941, e presumibilmente scritto mentre la diceria ancora circolava.
I tedeschi useranno il gas? Ho sentito molte storie in Inghilterra che puntano in questa direzione. C’è la storia dell’infermiera inglese e del pilota tedesco. Il pilota si sarebbe innamorato della sua infermiera nell’ospedale inglese dove era stato portato dopo essere stato abbattuto. Quando fu tempo per lui di essere condotto via, si racconta che abbia detto alla ragazza: “Sei stata molto carina con me qui. Non so come ripagarti. La sola cosa che posso fare per te è avvisarti: non uscire mai senza la tua maschera antigas dopo il 15 settembre”.
Stessa storia dei giornali australiani, ma con un plot twist romantico. La notizia doveva circolare da tempo, magari con pochissimo riscontro sui giornali, anche in Inghilterra, dove già il 10 luglio 1940 un lettore del Western Daily Press scriveva all’editore:
Signore, un avvertimento da una fonte tedesca amichevole: “Portate sempre la vostra maschera antigas con voi”. Vale anche quando vi recate nei rifugi sopra o sotto il livello del suolo, sia di giorno sia di notte.
Abbiamo pochi dubbi sul fatto che la “fonte tedesca” fosse in realtà il nostro tedesco riconoscente. Dai giornali a nostra disposizione, sembra evidente che la leggenda ebbe massima diffusione tra luglio e agosto 1940: un periodo estremamente difficile per la Gran Bretagna, che aveva visto soccombere uno per uno buona parte dei suoi alleati. Prima la Danimarca e la Norvegia erano state invase, in aprile, poi la Francia era crollata in quarantacinque giorni mentre Belgio e Olanda venivano occupati in maniera fulminea; trecentomila soldati britannici erano faticosamente riusciti a rientrare in patria dal porticciolo di Dunkerque, dopo aver perso quasi tutti gli armamenti. Gli inglesi, accerchiati, erano sottoposti a una grande offensiva aerea che coinvolgeva tutte le isole britanniche e si aspettavano, da un momento all’altro, anche uno sbarco via terra attraverso la Manica: quella che i tedeschi chiamarono operazione Seelöwe (Leone marino), prevista per la fine estate del 1940 e che per fortuna non riuscirono mai a mettere in atto.
Dunque, in un momento di forti timori per attacchi diretti sul suolo inglese, un nemico avvisava un’infermiera dandole un consiglio “salvavita”: portare sempre con sé la propria maschera antigas.
L’uso della classica iprite e di gas più moderni fu, in effetti, una delle paure più vive della Seconda guerra mondiale, in specie della sua prima parte, quella fra il 1939 e il 1940: il gas era stato tragicamente usato nel corso della Grande Guerra e il suo ricordo era ancora vivissimo. Anzi, l’accresciuta minaccia aerea, che aveva dato prova delle sue capacità nell’attacco giapponese alla Cina, a partire dal 1931, nella guerra civile spagnola (1936-39) e nell’aggressione italiana all’Etiopia (1935-36) - durante la quale, peraltro, i gas erano stati davvero usati da parte nostra - aveva spinto Londra a misure d’emergenza.
Nella seconda metà degli anni ‘30 nelle scuole e negli ospedali della Gran Bretagna si svolgevano periodicamente esercitazioni su come reagire ad attacchi di questo tipo. La difesa aerea veniva rimodernata a ritmo elevato. Con lo scoppio e l’ampliarsi del conflitto, tedeschi, inglesi, americani e sovietici ammassarono nelle retrovie i gas mortali, pronti a usarli nel caso il nemico avesse fatto la prima mossa. Per fortuna le convenzioni internazionali vennero rispettate da entrambi i fronti, e non si ebbero impieghi delle sostanze venefiche (con l’esclusione del tragico episodio di Bari, quando durante il bombardamento del 2 dicembre 1943 la Luftwaffe affondò la nave statunitense da trasporto “John Harvey” ancorata nel porto della città, liberando l’iprite contenuta nelle bombe stivate e provocando molte centinaia di vittime militari e civili).
Il terrore per i gas è evidente anche da altre leggende circolate negli anni della Seconda guerra mondiale, quelle secondo cui i tedeschi avevano iniziato a riempire palloni da calcio (o palloncini giocattolo) con l’iprite lasciandoli sui bordi delle strade francesi o della Gran Bretagna (sganciati dal cielo, in questo caso), pronti a seminare morte appena qualche bambino avesse provato a calciarli o a prenderli.
È evidente dunque che il motivo del tedesco riconoscente circolò parecchio durante il secondo anno della Seconda guerra mondiale, il 1940, in particolare fra l’estate e l’autunno.
Ma ormai è chiaro che la storia risale a un periodo ancora più lontano da noi. Voci simili si diffusero infatti già durante il conflitto che sconvolse il mondo fra il 1914 e il 1918. Il resoconto più ampio di cui disponiamo è riportato in un libro che fu pubblicato soltanto a guerra conclusa, nel 1922: Queer People, di Basil Thomson (Hodder & Stoughton, Londra, 1922). L’autore (1861-1939) aveva lavorato nell’Intelligence britannica e si era conquistato fama di valente acchiappaspie contribuendo, tra gli altri, all’arresto dell’ufficiale tedesco Carl Hans Lody. Il capitolo del libro che ci interessa racconta l’enorme psicosi dei “nemici occulti” su suolo britannico che coinvolse l’Inghilterra durante la Grande Guerra (e che negli anni precedenti era stata annunciata da manie simili); è interessantissimo per chi si interessa di leggende contemporanee.
Tra le diverse “illusioni” elencate, compare anche la nostra:
L’illusione successiva è quella del tedesco riconoscente e della metropolitana. La forma più comune della storia è quella dell’infermiera inglese che aveva riportato indietro un ufficiale tedesco dall’anticamera della morte, e questi al momento della separazione aveva detto, in un’esplosione di gratitudine: “Non posso dirvi di più, ma ad aprile (1915) state attenta alla metropolitana”. Quando il tempo trascorse, la data fu spostata in avanti mese dopo mese, fino a settembre, quando la diceria si spense nell’inutile attesa. Ci prendemmo la preoccupazione di tracciare questa storia di bocca in bocca fino ad arrivare alla vice-direttrice di una scuola elementare di Londra. Questa dichiarò di aver sentito il fatto dalla signora che puliva la scuola, ma la donna negò risolutamente di aver mai raccontato una storia così ridicola.
Anche in questo caso un soldato e un’infermiera; la minaccia, però, è diversa da quella dominante nella Seconda guerra mondiale, ossia da quella dei gas asfissianti. Sembra piuttosto evocare un attentato alla metropolitana di Londra (che, lo ricordiamo, era stata inaugurata nel 1863).
Sui giornali dell’epoca non troviamo molte menzioni esplicite della storia, forse perché censurata dalle autorità, o anche per una sorta di autocensura da parte degli stessi giornalisti. Diverse allusioni, però, ci fanno intendere che la leggenda circolasse parecchio fra il 1915 e il 1916. Un giornale di Londra, The Sporting Times, il 29 maggio 1915 pubblicò un lungo reportage intitolato Round the town e firmato da un certo Son of the morning (“Figlio del mattino”). Nel testo, il cronista scriveva:
Ho ricevuto un misterioso avviso sul fatto che i tedeschi progetterebbero un attacco in qualche forma al sistema sotterraneo di Londra nel prossimo futuro. Immagino che le autorità abbiano preso le adeguate precauzioni per prevenire qualsiasi tentativo di far esplodere o di danneggiare altrimenti la metropolitana.
Ancora più esplicito un giornale canadese, il Winnipeg Evening Tribune del 9 novembre 1915. La donna intervistata era Frances Elizabeth Grant, moglie di un baronetto scozzese, George Makgill (1868-1926), all’epoca piuttosto noto come romanziere e attivista politico ultraconservatore:
Ovviamente sono scettica sull’ufficiale tedesco riconoscente che avrebbe detto in toni drammatici all’infermiera di “stare attenta a viaggiare in metropolitana”; ma non sono del tutto soddisfatta. Pensate a cosa succederebbe se un potente esplosivo fosse piazzato in uno dei tunnel sotto Trafalgar Square o in una delle altre zone trafficate della città!
La stessa storia del “tedesco riconoscente che ama l’Inghilterra e Londra in particolare” comparve di nuovo in un elenco di rumors di guerra e di panici spionistici descritti da un giornale neozelandese, The Star, il 18 febbraio 1916. Questa volta si diceva che l’attentato sotterraneo era stato fissato a marzo 1915, ma che la data era stata spostata a giugno e poi a luglio: la voce aveva comunque suscitato parecchia paura tra i londinesi.
La leggenda del tedesco riconoscente è stata oggetto anche di studi recenti: è citata, ad esempio, in They are Among Us and They are Against Us - Contemporary Horror Stories about Muslims and Immigrants in the Netherlands (“Sono tra noi e sono contro di noi - Storie dell’orrore contemporanee su musulmani e migranti in Olanda” in Western Folklore, vol. 69, n. 2-3, 2009), a firma del folklorista Theo Meder. Compare anche in un libro dello storico James Hayward sulle leggende della Grande Guerra (Myths and Legends of the First World War, The History Press, 2002). In quest’ultimo lavoro, l’autore mette la voce in relazione con lo shock dovuto all’uso dei primi gas asfissianti:
A giudicare dalle date, infatti, la storia fu probabilmente il risultato degli attacchi tedeschi che adoperarono i gas velenosi a Ypres, nell’aprile 1915. Sporadici panici da veleno scoppiarono nel Paese varie volte, come quando gli abitanti di un villaggio nel Gloucestershire si convinsero, nell’autunno 1914, che spie tedesche avevano contaminato i mirtilli sulle siepi del posto. Il Mayfair, un giornale pubblicato da Maundy Gregory, raccontò di una spia che era stata arrestata e trovata in possesso di bacilli del tifo in quantità sufficiente per mettere ko un intero corpo d’armata. Riguardo a un’altra spia, si credette diffusamente che girasse per il Paese a bordo di una motocicletta, travestita da capo scout, distribuendo dolcetti avvelenati lungo i sentieri.
Entro il 1918, il mito si era trasformato in quello degli aerei nemici che lanciavano confetti avvelenati nel tentativo di uccidere i bambini britannici.
Le guerre sono da sempre terreno fertile per voci, leggende, dicerie. La storia del terrorista riconoscente, così diffusa negli ultimi vent’anni, in realtà riecheggia temi antichi già strutturati all’inizio della Prima guerra mondiale e poi aggiornati allo scoppio della Seconda. Il loro successo sta, forse, nel messaggio ansiolitico di cui sono portatori: di fronte a un nemico disumano che può colpire in ogni luogo e in ogni momento. Sapere che cosa dobbiamo aspettarci - per quanto terribile esso sia - fa quasi tirare un sospiro di sollievo. Un meccanismo che funziona ora con gli attacchi islamisti, ma che lo faceva altrettanto bene con i possibili attacchi all’iprite con o gli ipotetici esplosivi nella metropolitana di Londra, più di un secolo fa.
E, chissà, non è detto che il motivo del “nemico riconoscente”, magari ammonitore di
altre minacce e con altre ragioni dietro ai suoi consigli, non possa essere stato presente ancora prima del Ventesimo secolo, nella storia della cultura umana.
Immagine in evidenza: 21 settembre 1917 - soldati sudafricani del reggimento "Scottish" soccorrono un soldato tedesco ferito sul fronte occidentale nel corso della Terza battaglia di Ypres. Fonte: https://www.salegion.org.uk/
Si ringrazia Roberto Labanti (CICAP) per alcune delle fonti raccolte.
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