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La guerra sovietica in Afghanistan e il serpente riconoscente




Articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo


L’occupazione dell’Afghanistan da parte dell’Armata Rossa fu uno dei tentativi più catastrofici di espansione politico-militare condotti dall’Unione Sovietica nell’ultima parte della sua storia. Nel tentativo di stabilizzare il traballante governo alleato installatosi nel 1978, le forze russe invasero il Paese nel dicembre 1979, e vi rimasero per un decennio esatto. Esattamente come accadde a chi era venuto prima di loro (gli inglesi, nell’Ottocento) e a chi li seguì (la coalizione occidentale, dal 2001) non riuscirono mai a controllarlo interamente. Nel caso sovietico, la guerriglia sostenuta dagli Stati Uniti comportò per dieci anni uno stillicidio di perdite, di attentati, di attacchi fulminei e di tentativi infruttuosi di riprendere le roccaforti della resistenza (come la quasi mitica valle del Panjshir, ai confini con il Pakistan).


In quegli anni l’Estonia era - forzatamente, dopo l’invasione messa in opera dai sovietici nel 1940 - parte dell’Unione Sovietica. Tornerà indipendente nel 1991. Alcune fra le leggende e il folklore che si svilupparono durante la guerra sovietica in Afghanistan sono state oggetto di uno studio del tutto originale condotto dalla principale studiosa estone di leggendario contemporaneo, la folklorista Eda Kalmre, che dai primi anni ‘90 ha prodotto una serie di lavori sia sul suo Paese, sia su quello dei vicini baltici, Lituania e Lettonia.


Uno di questi è Il ragazzo salvato dal serpente, pubblicato nel 1996 sulla rivista estone online Folklore - Electronic Journal of Folklore.


La narrazione che ne costituisce il modello standard fu raccontata a Kalmre nel 1986 da un’altra folklorista, Ellen Liiv, che negli anni ‘80 dirigeva l’Archivio estone per il folklore. Eccola:


Su un ragazzo estone. - Dev’essere di Kuusalu, stava facendo il servizio militare come cuoco in Afghanistan. Era molto molto attento a raccogliere tutta la spazzatura e i residui di cibo, che poi portava in un avvallamento vicino la cucina, e lì vivevano dei serpenti. Questi serpenti erano diventati grandi amici con il ragazzo, perché il ragazzo gli portava da mangiare ogni giorno. Ma una notte dall’avvallamento è uscito fuori un grosso serpente che gli si è avvolto intorno e che non lo lasciava andare. Il ragazzo era terrorizzato e non riusciva a liberarsi. Il serpente non lo uccideva, però non lo lasciava andare. Il ragazzo è rimasto nelle spire del serpente per l’intera notte, finché i capelli non gli sono diventati bianchi per la paura. Al mattino, quando si è alzato il Sole, il serpente lo ha lasciato andare. Il ragazzo è andato di corsa sino all’accampamento della sua unità e ha scoperto che durante la notte erano stati uccisi tutti. Avevano tutti la gola tagliata: lui era il solo ad esser sopravvissuto. Ora dicono che il ragazzo è tornato a casa ma che ha tutti i capelli bianchi.

Dopo il 1986, Kalmre e altri folkloristi estoni hanno raccolto dieci altri racconti simili negli anni sino al 1995: molti collocavano la storia alla metà degli anni ‘80. D’altro canto, il lavoro in cui la studiosa presentò la leggenda è del 1996, e dunque è plausibile che la storia abbia continuato a circolare anche in seguito.


In realtà, secondo quanto è stato possibile ricostruire, la leggenda a metà anni ‘80 era diffusa anche in Russia, oltre che negli Stati baltici.


Del racconto sono presenti parecchie varianti: provenienza del ragazzo, azione messa in atto dal serpente (a volte avvolge il soldato, altre lo ipnotizza), sorte dei commilitoni (in alcuni casi i compagni vengono uccisi da altri serpenti, in altri vengono uccisi in un attacco notturno da guerriglieri afghani antisovietici). Kalmre sottolinea poi il fatto che a volte il racconto viene spostato dall’Afghanistan al Vietnam, che a metà anni ‘80 era uno stretto alleato dell’URSS e dove c’era una consistente presenza militare sovietica. Ipotizza quindi che il motivo narrativo di fondo (il serpente inaspettatamente salvatore) possa in realtà provenire da storie legate all’intervento americano in Vietnam e nel sud-est asiatico.


Se così fosse, a parte collocarsi molti anni prima, il motivo del serpente salvatore assumerebbe anche i tratti dell’animale esotico, “asiatico”, dai poteri quasi-magici, in grado di decidere fra la vita e la morte degli esseri umani (si pensi alla variante della storia in cui il soldato sovietico non viene stretto nelle spire dell’animale, ma ipnotizzato).

D’altro canto, il motivo del serpente salvatore è attestato sempre in Estonia, in anni prossimi a quelli della storia “afghana”, in un altro contesto narrativo: quello delle campfire tales, storie narrate intorno ai focolari durante i campeggi o i raduni giovanili. In questo caso ne abbiamo una testimonianza di origine sovietica, che circolava nel 1989 in un campo pionieri (una delle organizzazioni nelle quali durante i regimi comunisti erano inquadrati i giovani dei Paesi dell’est europeo). Eccola:


Era estate e i bambini erano al campo pionieri. C’era un ragazzo che aveva preso l’abitudine di andare a nutrire i serpenti. La serpentessa guardava sempre da lontano come il ragazzo sfamava i suoi piccoli. Non fece mai niente. Un giorno però i serpenti assetati di sangue scesero al campo, lo devastarono e se ne andarono. Ma la serpentessa si avvinghiò intorno al ragazzo mentre quelli assetati di sangue erano nel campo. Il ragazzo non era in grado di opporre resistenza, e per questo rimase così per parecchie ore, incapace di liberarsi dalla presa del serpente. Alla fine lo lasciò, e lui dovette camminare per molti, molti chilometri prima di poter tornare a casa.

Nella sua analisi della storia, Kalmre tiene a far notare che nelle leggende contemporanee, al contrario di quanto avviene nel folklore tradizionale, è difficile che il serpente sia un personaggio positivo, o addirittura salvifico. Tuttavia, proprio nel folklore estone ci sono eccezioni interessanti. Il serpente può proteggere la casa dai malfattori, oppure bere il latte quotidianamente con un bambino dalla stessa ciotola senza infastidirlo. Un’altra credenza tradizionale è che l’uccisione di un serpente comporti l’assoluzione da nove peccati mortali commessi.


La forza della storia estone del serpente riconoscente, per Kalmre, è confermata dal suo impiego in ambiti diversi da quelli di partenza. Il racconto ha infatti costituito la base per almeno due rielaborazioni letterarie dalle connotazioni erotiche. La prima è del 1987, pubblicata sul numero 11 della rivista lettone Karogs, a firma della scrittrice Anita Liepa. Naja è una storia che - spiega Liepa - è stata da lei inventata sulla base della “storia raccontata da un combattente rientrato dall’Afghanistan” (aggiungendo che lei era stata in Asia centrale, e che lì si raccontava una storia simile). Narra di due giovani, Andris e Saulius, uno lettone e l’altro lituano. Andris è un solitario, e non ha mai avuto una fidanzata. Saulius, invece, sta aspettando l’ennesima lettera d’amore dalla sua ragazza, che abita a Subate, una cittadina di frontiera fra Lituania e Lettonia. L’ultimo giorno del loro servizio militare in Afghanistan prima del rientro in patria, Andris decide di andare a sfamare ancora una volta la sua amica, la serpentessa Naja. Questa, però, lo avvolge a sé. Quando lo libera, Andris torna alla base e scopre che Saulius e gli altri sono stati uccisi in un attacco dei guerriglieri afghani.


Il secondo racconto è più tardo - del 1992 - e s’intitola Ari kobra spej milet (“Anche un cobra può amare”). Uscì sul quotidiano lettone Diena. Si tratta di una riscrittura più forte, ma alcuni elementi sono chiaramente riconoscibili. In questo caso, i due amici (lituano e lettone) sono due guardie di frontiera. Il primo è inseguito da un cobra, e finisce in ospedale per lo spavento. Il cobra va a guardarlo dalla finestra della camera di ospedale, ma viene visto e ucciso pensando che costituisca un pericolo. Sezionatolo, si scopre che aveva il cervello di una ragazza ventenne.


Il tema esplicitato dalle costruzioni letterarie è quello sul quale la leggenda metropolitana tace, cioè il motivo del salvataggio da parte dell’animale. Nei racconti questo non viene detto, oppure è legato al fatto che il serpente voglia proteggere chi gli dà da mangiare ogni giorno (o lo dà ai suoi piccoli). Nelle rielaborazioni narrative, invece, il motivo più profondo è, in maniera diretta, l’amore della donna-serpente. Questo è particolarmente evidente nel secondo racconto; nel primo, quello di Anita Liepa, viene invece colpevolizzato l’amore erotico di Saulius per la sua ragazza. Motivo di salvezza, invece, è l’amore superiore e de-erotizato che prova Andris il solitario, cioè quello per la serpentessa.


Il motivo per cui questa leggenda ha incontrato così tanto successo (tanto da continuare ad esser narrata anche dopo la fine dell’intervento sovietico in Afghanistan, la dissoluzione dell’URSS e la riconquista dell’indipendenza di Estonia, Lituania e Lettonia) è che, in un contesto fortemente ostile e culturalmente alieno come quello afghano, faceva intravedere una speranza di salvezza ; salvezza che veniva, in modo inatteso e favolistico, da un animale esotico e misterioso come il serpente dell’Asia centrale. In più, elementi già presenti nel folklore estone sui serpenti hanno probabilmente favorito il successo della storia.


Come avviene quasi sempre nei contesti dittatoriali, anche in Unione Sovietica la difficoltà a reperire informazioni sull’andamento del conflitto ha favorito la diffusione di storie improbabili fra le famiglie dei soldati e fra i militari. Si raccontava ad esempio che i guerriglieri ricevessero cento dollari per la testa di ogni soldato ucciso, o che gli elicotteri militari che portavano i soldati nelle posizioni di montagna non riuscissero ad abbassarsi a sufficienza, portando i militari a dover saltare giù da grandi altezze e a morire; un’altra storia, meno tragica, descrive il caso di un’unità scesa con tutto l’equipaggiamento e i mezzi dall’aereo diretto in Afghanistan, soltanto per rendersi conto, ad operazione ultimata, che si trattava di uno scalo in Kirghizistan e che Kabul era ancora lontana. E così via…


Insomma: la vicenda del serpente salvatore rimane una peculiare leggenda di guerra, il cui successo narrativo è stato possibile anche perché il folklore baltico, al contrario di altri Paesi, era particolarmente ricettivo nei confronti di storie sul rapporto con serpenti “benevoli”. Il contesto politico e sociale dei tempi ha poi fatto il resto.


Immagine in evidenza: un libretto prodotto nel 1987 dalle forze armate sovietiche con istruzioni per il mantenimento di buoni rapporti fra forze di occupazione e popolazioni afghane.


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