Articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo
Avete presente la scena iniziale di Apocalypse Now? Nel suo sonno cattivo, nel caldo torrido di Saigon, il protagonista, capitano Willard, mentre rivive il trauma dei combattimenti ad alta intensità con i nordvietnamiti, cullato dal sottofondo della colonna sonora dei Doors mescola le pale degli elicotteri della Cavalleria dell’aria dell’US Army con quelle del grande ventilatore da soffitto appeso sopra di lui, finendo per delirare.
Il movimento ipnotico delle pale, probabilmente fin dalla comparsa di questa tecnologia ha dato origine a variazioni letterarie e a fantasie di ogni tipo. C’è da chiedersi se uno dei meme-barzelletta informatici più antichi sui virus, quella che immagina un malware in grado di far girare la ventola di raffreddamento per la CPU, facendola partire in avanti sino a fare a pezzi il processore del computer, non sia un derivato moderno delle fantasie sulla tecnologia dei ventilatori elettrici a soffitto.
Nelle prime versioni fecero la loro comparsa negli anni ‘80 dell’Ottocento, ma dilagarono negli Stati Uniti e nel mondo solo negli anni ‘20 del XX secolo, quando i motori potenti a sufficienza da muovere ad alta velocità quattro pale diventarono più piccoli e di costo inferiore.
Può darsi che non tutti abbiano sentito parlare della minaccia terribile che i ventilatori, se usati in una stanza chiusa, in specie quando dormiamo, possono arrecarci. I ventilatori possono ucciderci, e infatti parecchie persone, sprezzanti del pericolo, sono state trovate morte nel loro letto, al mattino. Il loro uso può provocare asfissia, perché fanno diminuire l’ossigeno nell’aria,.
Questa magnifica leggenda metropolitana ha un’origine ed un’area di diffusione assai precise: la Corea del Sud.
Facciamo notare ai nostri lettori due cose. Con le leggende metropolitane sappiamo soltanto in qualche occasione dove la storia è comparsa. Inoltre, di solito (anche se non sempre) i nostri racconti riescono a superare le barriere linguistiche, religiose, i confini nazionali e ad attecchire, più o meno simili o mutate, in altre parti del mondo.
La “morte da ventilatore”, invece, per gli studiosi del leggendario moderno è una leggenda tipica di una cultura nazionale, quella coreana e, malgrado l’uso universale della tecnologia coinvolta, non è riuscita a espandersi.
E’ tuttora vivissima in quel Paese. Ecco ad esempio in che termini ne parlò il Korea Herald del 28 luglio 1997:
L’ondata di calore che ha avviluppato la Corea per una settimana circa ha provocato diversi incidenti e decessi legati all’eccesso di caldo. Almeno dieci persone sono morte per l’effetto dei ventilatori elettrici, che può rimuovere l’ossigeno dall’aria e abbassare la temperatura corporea…
Venerdì, nella zona orientale di Seoul una ragazza di sedici anni è morta soffocata dopo essersi addormentata nella sua camera con il ventilatore elettrico in movimento. Il numero di morti per incidenti legati ai ventilatori nel corso della settimana ha ora raggiunto i dieci. I medici specialisti dicono che questo tipo di morte si verifica quando si è esposti per lunghe ore in una stanza chiusa alla brezza creata dai ventilatori elettrici.
“L’esposizione eccessiva a tale condizione abbassa la temperatura e impedisce la circolazione sanguigna. In seguito conduce alla paralisi cardiaca e polmonare”, afferma un medico.
Il consiglio del medico è che “per impedire incidenti di questo tipo è necessario tenere le finestre aperte e non esporsi in modo diretto all’aria del ventilatore”.
Fino ad un certo punto sembrava che le prime tracce della presenza di questa leggenda si fermassero ai primi anni ‘70 del XX secolo, ma la sensazione era dovuta al fatto che le ricerche erano state condotte da occidentali incapaci di consultare le fonti locali. In realtà, non solo ci sono blog coreani e fonti giornalistiche locali che ne parlano da molti anni, ma da fonti (in coreano) sappiamo che è possibile documentarne l’esistenza almeno dal luglio 1927!
Essa è priva di qualsiasi realtà, come mostrato in un articolo dello scettico Brian Dunning per Skeptoid tradotto in italiano da Query Online. Alcune teorie che sono state proposte da qualche medico isolato, secondo le quali le pale dei ventilatori potrebbero diminuire la quantità di ossigeno disponibile nell’aria sino al 20%, sono del tutto implausibili in termini di fisica elementare. Altre sono vere e proprie fantasie antiscientifiche, come quelle secondo le quali le pale dividerebbero in due le molecole di ossigeno (!) rendendole inutilizzabili dai polmoni, sino a quelle secondo le quali le pale genererebbero anidride carbonica.
Questa credenza è talmente radicato da aver spinto nel 2005 l’ente pubblico sudcoreano per la tutela dei consumatori a emettere un avviso che esorta a tenere aperta la porta della camera di notte, quando si dorme col ventilatore acceso.
Questa leggenda metropolitana è talmente stabile e diffusa da aver convinto il padre della ricerca sulle nostre storie, il folklorista Jan Harold Brunvand, a conferirle l’onore di un posto nel suo indice tipologico delle leggende urbane. Rientra nel contenitore delle “leggende horror” e porta il numero 03246.
Nella seconda edizione della Encyclopedia of Urban Legends (2012), Brunvand conferma il carattere tipicamente coreano della storia, ma con un’aggiunta. La morte da ventilatore è in grado di sopravvivere agli strattoni dell’emigrazione in altri continenti. Nel 2008 ne è stata accertata la vasta presenza nella comunità coreana a Toronto, in Canada.
Sarebbe interessante capire se ci sono varianti della storia della “morte da ventilatore” in Europa, magari proprio in Italia. Noi non ne abbiamo trovate, e siamo propensi a pensare che queste storie affondino le loro radici nel grande libro delle leggende metropolitane che raccontano i timori per le tecnologie - in specie quando si diffonde su vasta scala fra i consumatori una tecnologia nuova.
D’altro canto, la natura “nazionale” della storia ci spinge a pensare a qualcosa di più, di più “locale”. Forse è possibile che si basino sulle millenarie tradizioni culturali asiatiche della ventilazione manuale dell’aria con mezzi meccanici, come nel caso della punkah indiana, che colpì tanto i colonizzatori britannici fino a diventare una moda nella madrepatria.
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