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La storia leggendaria di Robert Johnson, il Faust del blues

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 30 lug
  • Tempo di lettura: 8 min
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Robert Johnson, uno dei più grandi bluesman di sempre, riuscì a trasmettere attraverso la sua musica la dura esistenza degli afroamericani nel Delta del Mississippi durante la Grande Depressione. La sua vita fu un susseguirsi di tragedie e quando finalmente raggiunse il successo non fece in tempo a goderselo, perché lasciò questo mondo a soli ventisette anni.


Un club maledetto


L’età del decesso lo renderebbe il socio n°1 del famigerato Club dei 27, di cui fanno parte artisti talentuosi come Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Kurt Cobain e Amy Winehouse, morti tragicamente all’apice della carriera. Nonostante le tante dicerie (per molti Jim Morrison inscenò la sua dipartita per rifarsi una vita con una nuova identità) e qualche dinamica poco chiara (Brian Jones e Amy Winehouse), si sa, per esempio, che Janis Joplin morì di overdose, Jim Morrison di arresto cardiaco e Kurt Cobain si suicidò sparandosi in bocca. Nel caso di Robert Johnson, invece, è la sua intera vita a essere avvolta da una spessa coltre di mistero. Di lui rimangono ventinove canzoni, due foto e nessun filmato, eppure il suo nome ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della musica. Ma chi era davvero Robert Johnson?


Segni particolari: nato negli inferi


Sono poche le notizie biografiche accertate e, come succede in questi casi, le leggende colmano il vuoto intorno a lui. La più nota narra che vendette l’anima al diavolo per diventare un grande artista. In realtà, Robert Johnson l’inferno lo conobbe da vicino sin dalla nascita (Hazlehurst, Mississippi, 8 maggio 1911): figlio di una relazione adulterina e per giunta cresciuto in un ambiente sociale poverissimo. Sin da piccolo però aveva le idee chiare sul futuro: non si sarebbe spaccato la schiena nelle piantagioni di cotone, ma sarebbe diventato un musicista. [1] 


Dal fratellastro imparò a suonare l’armonica e in seguito la chitarra, ma nonostante l’impegno non sembrava particolarmente portato per questo strumento. Nel 1929 si sposò con Virginia Travis, una ragazza di appena sedici anni che, l’anno successivo, morì di parto seguita subito dopo dal bambino. Robert, profondamente sconvolto da questa tragedia, cercò conforto nella musica seguendo i suoi maestri Son House e Willy Brown. Alla fine dei loro concerti, saliva sul palco e iniziava a suonare, ma ogni volta infastidiva il pubblico con le sue strimpellate assordanti. 


Intorno al 1931, sposò una studentessa di nome Calletta Craft, che poco dopo diede alla luce un bambino. Tuttavia la famiglia della ragazza, profondamente religiosa, non gradiva il suo amore per il blues e lo cacciò di casa. Robert sparì per quasi due anni e quando ricomparve nel juke-joint [2] di Banks, sembrava un’altra persona: le sue lunghe dita pizzicavano le corde della chitarra in un modo talmente incredibile, che la gente non capiva come avesse fatto a diventare così bravo in poco tempo. Fu allora che iniziò a diffondersi la voce che Johnson avesse incontrato il diavolo in un desolato crocevia del Mississippi.


Il Faust del blues


Anche se Robert Johnson, probabilmente, non si è mai recato in un crocicchio per suggellare il famigerato accordo, ai turisti ne viene indicato più di uno sul Delta del Mississippi: a Clarksdale, tra la Highway 61 e la Highway 49, è stato eretto persino un palo, anche se all’epoca di Johnson quell’incrocio non esisteva affatto; a Rosedale, secondo gli abitanti del luogo incontrò Satana tra l’autostrada 8 e la 1; infine, altri sostengono che l’incrocio fosse a sud di Dockery Farms, vicino a Cleveland. 


La leggenda del patto diabolico è molto nota nel mondo del blues. Una versione narra che una notte, dopo aver camminato a lungo, Robert giunse davanti a una curiosa biforcazione: da una parte c’era un cartello con la parola Goodness e dall’altra con la parola Evil. Tirò a sorte con l’ultima moneta che aveva in tasca ed essa sentenziò: Evil. Imboccò quella strada, ma non si accorse che qualcuno aveva cancellato la “D” dal cartello. Improvvisamente si sentì ispirato, si sedette su una roccia e iniziò a scrivere una canzone. Sentì una mano sulla spalla, si voltò e vide un tizio elegantissimo in abito nero e con un fiore scarlatto all’occhiello. Gli chiese di suonare e gli passò una chitarra nuova di zecca, e lui suonò e cantò come non aveva mai fatto prima. Finita la ballata, il distinto signore si allontanò roteando il suo bastone da passeggio; da quella notte Robert ebbe tutto ciò che desiderava, ma poi pagò tutto a caro prezzo. Secondo un’altra versione, Robert si recò di proposito in quel polveroso crocevia di campagna, s’inginocchiò, porse la sua chitarra al diavolo che la accordò e prima di riconsegnargliela, gli chiese in cambio la sua anima.


Una vecchia storia


Il tema del patto col diavolo risale all’Alto Medioevo. Era peraltro già presente in una storia attribuita al religioso bizantino Teofilo di Antiochia, attivo alla metà del VI sec., ma redatta in greco dal suo allievo Eutichiano soltanto dopo il 611, in cui un giovane vendeva la sua anima per ottenere l’amore di una fanciulla. Venne ripreso in Francia da Rutebeuf nel XIII secolo nell’opera teatrale Le Miracle de Théophile, dove era un religioso a stringere un patto per ottenere potere e ricchezza, per poi pentirsene e riuscire a salvarsi grazie all'intercessione della Madonna. 


Il patto di tipo faustiano, ovvero quello di vendere la propria anima in cambio del talento o del potere, appare per la prima volta nel XII secolo nelle Gesta Regum Anglorum di Guglielmo di Malmesbury, dedicata alla storia di Gerberto di Aurillac: un uomo coltissimo e portato per la matematica, che diventò papa nel 999 col nome di Silvestro II. Si pensava che il suo sapere e l’elezione al soglio pontificio avessero un’origine diabolica. Oggi diremmo che si trattava di una fake news, ma i predicatori la diffusero presso il popolo e ahinoi vennero creduti. Infine, il Faust di Marlowe e di Goethe e le opere liriche come il Faust di Gounod e il Mefistofele di Arrigo Boito lo resero nuovamente celebre. 


La prima vera “rockstar” del passato fu però Niccolò Paganini. La sua eccezionale bravura fu attribuita a un mercimonio con Satana e quando morì fu sepolto in terra sconsacrata. Anche il tema del bivio è antichissimo. Platone ne parlò nel Gorgia, in cui descrisse un prato da cui partiva un sentiero che conduceva alle Isole dei Beati e un altro verso un luogo di punizione e castigo; invece ne La Repubblica, disse che la persona virtuosa ascendeva al cielo dirigendosi verso destra, mentre gli altri erano costretti a imboccare la sinistra e scendere verso il basso, dove avrebbero pagato il decuplo per ogni ingiustizia commessa; infine, nel Fedone spiegò che il percorso verso gli inferi era costellato da innumerevoli bivi, perciò era fondamentale arrivarci accompagnati da una guida. 


Il tema del crocicchio è ricorrente in vari contesti culturali: dai rituali pagani in onore di Odino all’allegoria de Il pellegrinaggio del cristiano (1678) del pastore protestante inglese Robert Bunyan; dalla poesia La strada non presa di Robert Frost a uno dei rituali dell’Hoodoo, [3] molto diffuso tra gli afroamericani all’epoca di Robert Johnson; che consisteva nel recarsi presso un bivio il venerdì sera a mezzanotte, inginocchiarsi e promettere a Satana di obbedire a ogni suo volere in cambio del successo eterno. Per siglare il patto bisognava rivolgersi verso Ovest, dare le spalle a Est, la destra a Nord, la sinistra a Sud; il contratto non era perpetuo, durava solo sette anni e lo si poteva infrangere ritornando nello stesso incrocio e indirizzando il proprio sguardo verso Est.


Blues e demoni


Negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, le comunità di afroamericani del Mississippi iniziarono a dividersi tra chi frequentava la chiesa e chi i locali dove si suonava il blues, [4] un genere musicale che, a differenza del gospel, raccontava le storture della vita, senza tralasciare i dettagli più crudi. Nelle canzoni di Johnson troviamo tutto questo, ma anche tanti riferimenti all’hoodoo, soprattutto in Cross Road Blues che, per una strana coincidenza, fu registrata sette anni dopo il presunto accordo. In effetti, il verso I went to the crossroad, fell down on my knees/ Asked the Lord above, "Have mercy, save poor Bob, if you please" [5] farebbe pensare davvero che il povero Bob sia ritornato in quel luogo per riavere la sua anima e ricominciare tutto da capo.


Forse il diavolo lo incontrò veramente...


Forse Robert Johnson si era recato veramente in un crocicchio e forse non aveva rispettato i patti, e il 16 agosto 1938 andò incontro al suo destino. Si dice che il diavolo, come il mitico Proteo, sia capace di assumere molteplici aspetti; anche quello di un marito geloso che nel bancone del Three Forks, un locale di Banks che, guarda caso, si trovava vicino a un incrocio, gli fece trovare una bottiglia di whisky già aperta. I suoi amici gli sconsigliarono di berlo, non li ascoltò e tre giorni dopo lasciò questo mondo per sempre. I familiari sono sempre stati convinti che fu avvelenato dal proprietario del locale, perché sospettava che avesse una relazione con la moglie. In questa storia straordinaria, in cui non mancano le sorprese, si scopre che, nei pressi di Greenwood, non c’è una sola tomba di Robert Johnson, bensì tre e in tre cimiteri diversi. La più famosa è a Payne Chapel, dove si trova una piccola lapide con la scritta “Resting in Blues”.


Svelamento


Raccontare la storia vera di Robert Johnson serve soprattutto a ricordare che non si può diventare artisti con la “a” maiuscola, senza impegno, determinazione e sacrificio. Anche se agli esordi il suo stile lasciava un po’ a desiderare, sicuramente non c’era lo zampino del demonio dietro i suoi progressi. La storia va sempre alla ricerca di prove concrete e in base a quest’ultime, si è scoperto che quando sembrava che Robert Johnson fosse scomparso nel nulla, [6] in realtà era ritornato nella sua città natale per cercare il padre Noah, ma al suo posto incontrò un certo Ike Zimmerman, un chitarrista eccezionale, di cui però non rimane neanche una registrazione. La figlia di Zimmerman, Loretha, ha raccontato che i due spesso si esercitavano seduti sulle lapidi del cimitero di Beauregard, probabilmente perché da quelle parti il frastuono non avrebbe dato fastidio a nessuno. La verità è che Johnson si esercitò moltissimo e la leggenda del patto mefistofelico può essere vista come un’allegoria del talento che ha bisogno di essere coltivato per risplendere.


Ma non è finita qui...


Robert Johnson morì nel periodo in cui il celebre produttore discografico John Hammond lo cercava per farlo esibire al Carnegie Hall di New York. Non fece in tempo a ingaggiarlo, ma organizzò comunque un concerto, facendo sentire con un fonografo la sua voce e il suono della chitarra. Robert Johnson aveva lasciato questa terra, ma entrava nel mito.


Note


  • [1] Robert Johnson nacque una generazione dopo l’abolizione della schiavitù (1865), ma nel Sud gli afroamericani erano ancora costretti a svolgere lavori massacranti per un salario misero. 

  • [2] I juke-joint erano quei luoghi in cui, nel profondo sud degli Stati Uniti, gli afroamericani si ritrovavano il fine settimana per svagarsi con la musica, il ballo, il gioco e naturalmente i superalcolici.

  • [3] Da non confondere con il Vudù, che è una vera e propria religione, l’hoodoo è una forma di magia popolare sviluppatasi presso gli afroamericani del Sud degli Stati Uniti, il cui scopo è quello di ricorrere alle forze sovrannaturali al fine di migliorare i vari aspetti della vita quotidiana come la fortuna, il denaro, l’amore, il lavoro, la salute, la vendetta.

  • [4] Probabilmente, è proprio in questo contesto che i predicatori battisti diffusero, dai loro pulpiti, la voce che il blues fosse la musica del diavolo.

  • [5] Sono andato all'incrocio, sono caduto in ginocchio/Ho chiesto al Signore làssu "Abbi pietà, ora salva il povero Bob, per piacere"

  • [6] È stato possibile conoscere la vera storia di Robert Johnson, grazie a Il diavolo, probabilmente, scritto dai musicologi Bruce Conforth e Gayle Dean Wardlow, che hanno trascorso anni e anni a cercare documenti e a raccogliere le testimonianze di chi aveva conosciuto Robert Johnson, con l’intento di liberare la sua figura dalle varie fantasticherie.


Immagine in evidenza: la casa del Mississippi, in cui, giovanissimo, presso la Abbay & Leatherman Plantation, Robert Johnson iniziò a creare la sua musica. Da WIkimedia Commons. Credit: Krok6kola, rilasciata in licenza CC BY-SA 4.0

 
 
 

2 commenti


Steve Allen
Steve Allen
12 ore fa

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Christine John
Christine John
31 lug

The legendary story of Robert Johnson is a powerful tale of talent, mystery, and the rumored deal with the devil. It reflects how dedication shapes destiny. In today’s world, finding support matters too many students choose to pay someone to take my CLEP exam to manage tight schedules smartly.

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