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Lo scambio della pelliccia



Una pelliccia! Cosa non farebbe una donna per una pelliccia? Ormai sono lussi passati di moda, anche per il cambiamento di coscienza dovuta all’affermarsi del pensiero ecologico, ma c’è stato un tempo in cui il visone rappresentava il sogno proibito di ogni donna della middle-class. Ed è proprio su questo desiderio che fa leva la leggenda che vi raccontiamo oggi…


Una donna di Birmingham con un fidanzato benestante di Londra disse a suo marito che andava a trovare una ricca zia in occasione del compleanno, e partì verso sud. Il suo amante le comprò una pelliccia di visone. Tornando a casa, la donna realizzò che doveva nascondere la prova dei suoi peccati, così, prima di rientrare a casa, la impacchettò e la lasciò al deposito bagagli. A quel punto spiegò a suo marito che aveva trovato un tagliando per i bagagli e disse che avrebbe ritirato quel che c’era all’interno. Lui decise di farlo per lei. Avendo scoperto che il contenuto del pacco era quel che era, diede la pelliccia alla segretaria, con cui aveva una tresca, e comprò invece un ombrello, che portò a casa a sua moglie. [Da Snopes]

La storia circola in numerose varianti. In alcune l’uomo è consapevole del fatto che la pelliccia è un regalo, e decide di toglierla alla moglie per vendicarsi del tradimento. In altre, coglie semplicemente l’occasione per fare all’amante (quasi sempre la segretaria) un regalo costoso… In altre versioni, al posto del deposito bagagli compare un banco dei pegni. Diverso è l’oggetto che il marito porta a casa al posto della pelliccia: un portasigarette, un paio di candelabri, un collo di visone spelacchiato, un libro. In ogni caso, un oggetto di valore assai inferiore al regalo originale.


Tra le diverse narrazioni spicca quella di un grande scrittore come Roald Dahl, che la mise al centro del racconto breve Mrs. Bixby and the Colonel’s Coat. La storia uscì nel numero di dicembre 1959 del mensile newyorkese Nugget, una delle riviste pruriginose tanto in voga negli anni ‘40-’50: recava il sottotitolo The Man’s World e offriva adeguate copertine “scandalose”.


Nel racconto, la pelliccia di visone è un dono di addio dell’altro uomo, che ha deciso di troncare la relazione. La donna al termine della vicenda si ritrova quindi senza regalo e senza amante - cornuta e mazziata, si potrebbe dire. Tutta la storia ha, peraltro, un retrogusto molto misogino, a cominciare dall’incipit:


Per le donne l’America è la terra delle opportunità. Già esse posseggono l’ottantacinque per cento della ricchezza della nazione, presto la possiederanno tutta. Il divorzio è diventato un affare redditizio, semplice da ottenere e facile da dimenticare, e le donne ambiziose possono ripeterlo all’infinito, portando vittoriosamente i loro guadagni a cifre astronomiche. La morte del marito anche reca guadagni soddisfacenti, e c’è chi tra le donne preferisce questo metodo. [...] Eppure generazioni e generazioni di giovani maschi americani non si sono lasciate minimamente scoraggiare da questo terrificante spettro del divorzio e della morte [...] e la sera tendono a riunirsi a gruppi, nei club e nei bar, a bere i loro whisky e a mandar giù le loro pillole, cercando di consolarsi a vicenda con storie di fantasia.

La storia di fantasia è appunto il nostro scambio di pellicce, che ha per protagonista un marito (“una creatura decente e pulita, un lavoratore”) e sua moglie (“creatura astuta, infida e libidinosa che ne studia sempre una, sempre tesa all’inganno insieme con quel maledetto terzo”). La rivelazione finale della tresca dell’uomo con la segretaria pare non alterare di una virgola i giudizi di Dahl - in fondo lui è un lavoratore, un brav’uomo, e in quanto tale può ben concedersi qualche sfizio.


Al di là della disparità di ruoli che il racconto sembra veicolare, comunque, è probabile che lo stesso Dahl fosse venuto a conoscenza della nostra leggenda da qualche suo conoscente, e che poi l’abbia rielaborata ambientandola nel contesto dell’incipiente rivoluzione sessuale degli anni ‘60. La storia era infatti in circolazione da almeno sessant’anni.


Qualche anno fa, su Snopes, David Mikkelson ha provato a ricostruirne nascita ed evoluzione. Una variante interessante, dal carattere assai moderno, è quella pubblicata nel 1948 da Bennett A. Cerf nella sua raccolta di aneddoti Shake Well Before Using (“Agitare bene prima dell’uso”, New York, Simon & Schuster, p. 173): al posto del cappotto di visone, la donna si ritrova con una copia del bestseller del momento, Il comportamento sessuale dell’uomo di A. Kinsey, uscito proprio nel 1948 - il testo seminale della moderna sessuologia… Mikkelson menziona anche un altro libro che contiene la nostra storia: 101 Plots Used and Abused (“101 trame usate e abusate”, Boston, The Writer, Inc., 1946), di James N. Young.


Questo, che è il più antico riferimento trovato da Mikkelson conduce noi al novembre del 1939, quando uscì nelle sale il film Day-Time Wife (in italiano “Moglie di giorno”). La pellicola aveva per protagonista femminile Linda Darnell e per principale interprete maschile Tyrone Power, uno dei belli dell’epoca. Potete vederlo qui. La trama è interamente basata su continui equivoci al cui centro ci sono abiti di ogni genere: pur non avendo per indumento-feticcio la pelliccia, la parentela con la nostra leggenda appare evidente.


Noi del CeRaVoLC ci eravamo già soffermati su un articolo che l’attore americano Douglas Fairbanks Jr. pubblicò sul numero di settembre 1939 della rivista newyorkese Esquire, proprio mentre a Hollywood si girava Day-Time Wife. Il pezzo aveva un titolo significativo: Chronic Shortstoriosis. Difficile da tradurre, ma forse potremmo renderlo con “La malattia cronica da racconto breve”. Facendo finta di ridere all’idea di poter trovare trame veramente originali da pubblicare, Fairbanks finiva per raccontare parecchie storie che giravano all’epoca (tra cui quella di Leprosy Mary). L’articolo è un piccolo paradiso per lo studioso di leggende contemporanee. Tra quelle elencate compare anche il nostro scambio di pellicce, con ambientazione europea (si direbbe francese).


Monsieur B. regala una pelliccia di visone a Madame D’A. e, uomo pieno di risorse, le propone di raccontare al marito che ha trovato la ricevuta di un banco di pegni per strada e di andare a ritirare l’oggetto come se si trattasse di un colpo di fortuna imprevisto. Il giorno dopo, impaziente, madame D’A. va all’ufficio dell’uomo e gli chiede se è passato al banco dei pegni. Certo che sì, risponde lui, e le mostra due magnifici candelabri antichi: ecco cosa c’era nel pacco. Lei è confusa, ma si morde le labbra, tacendo. Solo a quel punto - è ora di chiusura - la segretaria di Monsieur B., Mademoiselle C., la saluta con deferenza. Su di lei, una magnifica pelliccia di visone…


Trattandosi della più classica delle commedie degli equivoci, non stupiscono gli innumerevoli utilizzi teatrali. Nel 1917 è al centro di una commedia di Broadway, Furs and Frills (“Pellicce e fronzoli”), rappresentata per la prima volta al Casino Theatre di New York.


Non è questa però l’apparizione più antica della nostra leggenda: già nel 1900 lo “scambio” compare in una short story americana, Pawn Ticket 1115, il cui titolo stesso suggerisce che al centro della vicenda si trova una ricevuta del banco dei pegni.


Dobbiamo a Roberto Labanti, storico delle idee, il ritrovamento del testo completo di questo racconto, che uscì nel numero di marzo 1900 (pp. 8-12) del mensile americano The Bachelor Book a firma di Thomas Tattler. In questo caso l'oggetto è un cappotto di pelle di foca, l'altra è la stenografa e il capo di minor valore con cui avviene lo scambio è un collettino da quindici dollari.


Allo stesso modo, Roberto è stato in grado di fornirci dopo la prima uscita del nostro pezzo anche un altro vecchio esempio di utilizzo del motivo. Un esempio molto interessante, perché costituisce una delle variazioni "quasi-innocenti" del racconto. Comparve il 3 marzo del 1946 sul quotidiano americano The Indianapolis Star. E' contenuto in uno dei capitoletti di Who Wrote Them? ("Chi le ha scritte?"), di Frederick W. Gillett, un articolo che reca un sottotitolo significativo: "storie di in cerca d'autore". Fra queste, c'è The Pawn Ticket, storiella in cui la moglie di un uomo d'affari - molto affaccendato - regala una crociera alla moglie che, a sua insaputa, si ritrova in cabina una splendida pelliccia regalatale da un commerciante di pellami con cui aveva soltanto chiacchierato, e niente di più. Imbarazzata ma non volendo rinunciare al capo, lo deposita al banco pegni, manda il marito a ritirarlo usando la consueta ricevuta che sostiene di aver trovato per strada e, al ritorno, quello le consegna un anellino di scarsissimo valore, spiegandole che quello era il contenuto del pacco...


Vanitas vanitatum - e la punizione per la fatuità della femmina è servita.


Il transito dalla letteratura popolare al teatro, poi verso l’impiego cinematografico e infine a quello televisivo fu rapido. Per quanto ne sappiamo lo scambio delle pellicce compare per la prima volta sul grande schermo negli Stati Uniti con Don't Lie to Your Husband, un cortometraggio del 1913 (il regista è incerto). In questo caso l’equivoco è più innocente. La signora Warrington vuole un cappotto nuovo, e allora prende dei soldi dal conto bancario lasciando poi il cappotto in pegno. Il relativo scontrino, preso da lui dopo che la moglie dice di averlo trovato per caso, è perso lungo il tragitto, e passa di mano in mano finché - guarda le combinazioni - non finisce al fidanzato di un’impiegata dell’ufficio del signor Warrington, che riscatta l’abito… La moglie, infuriata, si precipita in ufficio e vede il nuovo cappotto dell’impiegata, in un crescendo di sospetti di tradimento - in realtà mai realizzatosi.


In Italia, un uso cinematografico è quello presente in una commedia a episodi del 1954, “Accadde al commissariato”, diretta da Giorgio Simonelli. Nella seconda parte compare la nostra storia, raccontata in maniera abbastanza classica: una coppia si tradisce reciprocamente, ma le cose si complicano quando lei riceve una pelliccia dall’amante. Per spiegarne la provenienza, usa il sistema del finto scontrino del deposito bagagli della stazione. Manda il marito a ritirare la valigia, ma quello arraffa la pelliccia e la sostituisce con cartaccia. Inevitabile la sorpresa della moglie, che però finirà per capire tutto quando incrocerà l’altra donna con addosso il capo di vestiario. Per reggere il plot narrativo del film (tutti devono finire davanti al commissario, per spiegarsi) le due donne si azzuffano, e dunque manca l’elemento della prosecuzione del segreto reciproco, caratteristico della chiusura nelle altre versioni.


In Gran Bretagna si era avuto dapprima il cortometraggio amatoriale muto In Pawn (“Al banco dei pegni”, 1950) in cui lo scambio di oggetti nei pacchi era fra una pelliccia e una copia della voluminosa British Pharmacopoeia, con beneficiaria del capo di lusso la consueta segretaria del marito. Ventitré anni dopo, invece, fu il turno di un film commerciale non arrivato in Italia, Not Now, Darling, che però era la versione cinematografica di una commedia teatrale del 1967 con lo stesso titolo, scritta da John Chapman e Ray Cooney. La trama però è più arzigogolata che nelle altre versioni - forse un po’ troppo - visto che un marito vuole vendere una pelliccia di visone a un delinquente la cui moglie è la sua amante, ma lo vuol fare attraverso un amico, che però finisce per comprarlo per la sua amante…


Particolare curioso: sotto il titolo “Ora no, tesoro!”, dagli anni ‘70 la commedia di John Chapman e Ray Cooney continua ad esser rappresentata in innumerevoli teatri di provincia italiani, con adattamenti dialettali di ogni tipo.


Più aderente alla nostra leggenda, il mediometraggio francese del 1956 Le coup du berger, di Jacques Rivette (1928-2016). Questo film, la cui sceneggiatura fu realizzata in collaborazione con Claude Chabrol e Charles Bitsch, è considerato uno dei lavori all’origine della nouvelle vague francese che esploderà un paio d’anni dopo. Potete vederne una sequenza su YouTube.


Questa volta, Claire riceve una pelliccia dall’amante e, non sapendo come giustificarla, dà la ricevuta di un deposito al marito dicendo di averla trovata su un taxi. Lui le porta una valigia, ma dentro, invece della pelliccia preziosa, ecco un assai più modesto mantello di lapin… Il marito di Claire ha dunque sostituito il soprabito originale. Per farne cosa? Il film si conclude col senso di sospetto che ormai domina il rapporto fra i due, ma il tono di fondo è quello del disagio esistenzialista, non più quello del sotterfugio della coppia piccolo-borghese.


Tra le versioni televisive derivanti in modo diretto dal racconto di Dahl, invece, c’è prima di tutto quella di uno dei maggiori registi di tutti i tempi, Alfred Hitchcock. Dal 1955 al 1965 il maestro del thriller diresse negli Stati Uniti una serie di telefilm diventati dei classici, Alfred Hitchcock presents. Preceduti e seguiti da brevi saggi di umorismo cinico e British tipici del regista, quello che ci riguarda è il primo episodio della sesta stagione, andato in onda il 27 settembre 1960 (poco meno di un anno dopo l’uscita della storia su Nugget). L’episodio è interamente disponibile qui. In questo caso, il gruppo è costituito da un dentista, da sua moglie e dall’immancabile segretaria.


Almeno dal 1966, peraltro, lo scambio di pellicce è classificato nel Type and Motif-Index of the Fokltales of England and North America del folklorista Ernest W. Baugham al numero K1581.12(b).


Il motivo di fondo resta quello dell’inganno punito - almeno quello della donna; nella leggenda gli uomini sono autorizzati a tradire, e conservano di norma il sorriso sulle labbra, mentre la moglie è costretta di fatto a cedere un bene economico appetibile come la pelliccia, un tempo assai quotato, all’amante del coniuge.


Si noti poi la presenza del sistema del banco dei pegni, che nelle versioni italiane “antiche” non compariva, perché tipico del sistema economico e sociale anglosassone. Da noi si trasforma nel deposito bagagli della stazione o, magari, nel Monte di pietà, emblema di un’economia ancora non del tutto secolarizzata. In America, già sul crinale fra XIX e XX secolo una donna che voleva comprarsi i vestiti nuovi aveva come prassi sociale non colpevolizzante quella di portare i gioielli al banco dei pegni.


In questo senso, la vicenda dello scambio delle pellicce sarebbe leggibile anche come indizio del processo di modernizzazione. Almeno è quanto sostiene lo storico delle idee Howard P. Chudacoff, nel suo The Age of Bachelor (Princeton University Press, 1999) che colloca la storia Pawn Ticket 1155, di cui si è già detto, nel contesto della nascita della cultura dandy americana del maschio scapolo che, come tale, ha avventure erotiche a ripetizione, certo, a discapito del ruolo della donna.


Anche attraverso storie come quella dello scambio di pellicce, sostiene Chudacoff, si delineano all’orizzonte, sia pur a distanza, i processi di urbanizzazione, il sorgere delle famiglie nucleari e il lento declino del controllo sulla sessualità femminile, garantito in precedenza anche dalla presenza di nuclei familiari multigenerazionali, e infine lo sbiadire del ruolo dei figli - che, non a caso, nella nostra vicenda risultano sempre assenti.


Un contesto in cui però, nonostante tutto, il nucleo centrale della leggenda è portatore di una morale conservatrice, in cui la donna che ha infranto i valori tradizionali finisce per essere punita e dover fare buon viso a cattivo gioco. Tanto più se la relazione con l’amante, come racconta Dahl, è ormai conclusa.

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