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Le sei dita dei ladri: una leggenda metropolitana emergente?

  • Immagine del redattore: Redazione
    Redazione
  • 4 giu
  • Tempo di lettura: 5 min

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C’è una storia che circola da un po’ di tempo sul conto dell’intelligenza artificiale. A noi è stata raccontata da Luca Antonelli, che è stato socio CICAP, alla fine di giugno 2024. La storia è questa:


Non so se sia una storia vera o no, ma mi è stato raccontato che alcuni criminali hanno iniziato a fare i loro colpi portandosi dietro un dito finto, quando commettono furti o altro. In questo modo, se le telecamere li riprendono, possono sempre dire che si tratta di immagini costruite con una AI.

La storia si basa sulla presunta tendenza degli algoritmi artificiali a generare mani realistiche, aggiungendo spesso dita o arti extra


Su internet, la leggenda viaggia di solito accompagnata dall’immagine di un dito falso in silicone, presentata di volta in volta come lifehack per criminali, profezia sul futuro o consiglio scherzoso. Molti dei post sul tema hanno un chiaro intento umoristico, ma non manca chi sembra  preoccuparsi davvero che la strategia possa essere messa in atto. Ben più rare sono le affermazioni secondo cui la strategia sarebbe già stata messa in atto dai malviventi.


A prescindere dalla sua effettiva diffusione, la storia è interessante perché ruota intorno a  due temi principali. Il primo è quello - classico - delle nuove e sorprendenti strategie dei ladri, che escogitano trucchi uno dopo l’altro per colpire le proprie vittime. Il mondo delle leggende metropolitane ne ha un ricco campionario: dal lancio di uova contro i parabrezza delle auto (il contatto tra l’albume e il liquido dei tergicristalli dovrebbe formare un composto colloso, e la vittima sarebbe obbligata ad accostare per rimuoverlo), ai bambolotti e seggiolini abbandonati sul ciglio della strada per indurre le donne a fermarsi, ai tronchi abbandonati per strada per poter penetrare agevolmente nei veicoli fermi, sino ai biglietti da visita o gli anelli narcotizzanti, alla droga burundanga e ai portachiavi dotati di microchip per meglio seguire gli spostamenti delle vittime. 


In alcuni casi queste presunte tecniche truffaldine hanno a che fare con situazioni nuove o tecnologie di recente diffusione. Nel maggio 2020 si diffuse in tutta Italia un appello a prestare attenzione a “gente che sta andando porta a porta a distribuire mascherine” imbevute di cloroformio, per poter entrare nelle abitazioni e svaligiarle: un appello che sfruttava il particolare momento di incertezza e l’uso massiccio delle mascherine. Un altro esempio è dato dalla presunta presenza sui mezzi di trasporto pubblico di borseggiatori armati di POS, che approfitterebbero della calca per avvicinarsi alle borse e alle tasche dei jeans di ignari viaggiatori, facendosi fare indebiti versamenti. 


Il secondo grande tema della leggenda dei ladri a sei dita è infatti quello delle nuove tecnologie con cui ci troviamo ad interagire. Come spiega Paolo Toselli in questo intervento e come ha notato lo studioso Lorenzo Montali nel suo Leggende tecnologiche ...e il gatto bonsai mangiò la fragola pesce (Avverbi, 2003), spesso le leggende contemporanee hanno al centro prodotti nuovi o elettrodomestici recenti, come forni a microonde, OGM, telefonini, computer, autovelox. Questo non soltanto perché le ultime frontiere in questi campi sono sulla bocca di tutti, ma perché si tratta di meglio per spiegarsi meglio queste tecnologie, il loro funzionamento e i pericoli associati, “raccontandole” in modo più efficace di quanto farebbe una lunga spiegazione teorica. Le leggende interpretano, spiegano, indicano rischi e suggeriscono comportamenti da tenere in loro presenza, fungendo spesso da storie esemplari o da cautionary tales. Ed è così che la leggenda del dito finto dei topi d’appartamento può diventare un modo per raccontare il funzionamento dei moderni algoritmi di intelligenza artificiale per la generazione di immagini, la loro tendenza a creare rappresentazioni sempre più realistiche, ma anche i loro punti deboli - le mani. 


In questo, la leggenda sui ladri a sei dita non è la sola. Nel 2019, il giornalista Stefano Dalla Casa aveva dedicato un lungo e interessante articolo alle leggende metropolitane sull’intelligenza artificiale. Oltre alle storie di presunte AI spione, di algoritmi “troppo intelligenti” per la caccia ai pedofili e di chatter box ribelli che iniziavano a parlare tra loro, Della Casa si concentrava sulla vicenda di un presunto fallimento dell’intelligenza artificiale a scopo militare:


Nel libro Chi ci crediamo di essere (2011) di Massimo Piattelli Palmarini è raccontata una storia curiosa. Il Pentagono avrebbe addestrato una rete neurale a riconoscere dei carri armati sovietici nelle immagini satellitari, eppure la stessa rete sembrava impotente di fronte a immagini di carri armati cinesi. Si scoprì che l’intelligenza artificiale aveva imparato a distinguere le ombre dei carri, ma le immagini cinesi erano state acquisite in ore diverse.

In altri termini, un algoritmo addestrato per riconoscere carri armati aveva finito per rilevare un dato completamente inutile come l'ora del giorno a causa di bias nel set di dati iniziale. Questa vicenda circola in molte forme: in alcune versioni, l’algoritmo, invece che concentrarsi sullo scopo per cui è stato addestrato. impara a riconoscere le diverse condizioni di illuminazione (per esempio, giorni nuvolosi o. giorni soleggiati). Ne esiste addirittura una variante in cui una IA, costruita per distinguere tra lupi e cani, finisce per prendere in esame l’ambiente in cui le foto sono stata scattate, invece di concentrarsi sulle caratteristiche morfologiche dei due animali:


Un esempio che mi viene sempre in mente è quello di una rete neurale che aveva imparato a distinguere tra cani e lupi. Non imparò le differenze tra cani e lupi, ma invece apprese che i lupi nelle foto stavano di solito sulla neve mentre i cani stavano sull'erba. Ha imparato a differenziare i due animali osservando la neve e l'erba. Ovviamente, la rete ha imparato in maniera errata. E se il cane fosse sulla neve e il lupo sull'erba? Allora, sbaglierebbe.

Questa tipologia di aneddoto era stata analizzata in tutte le sue forme nel 2023 da Gwern Branwen, che ne aveva esaminato varianti, origini e diffusioni, arrivando alla conclusione che la storia non aveva probabilmente fondamento reale: si trattava di un cautionary tale, un racconto costruito per mettere in guardia contro i rischi dell'apprendimento automatico.


Come si dice, un esempio vale più di mille parole: gli aneddoti sono assai più efficaci nell’istruire i lettori sui possibili deragliamenti dell’intelligenza artificiale rispetto a una spiegazione verbosa.


Un'ultima considerazione: la storia dei ladri a sei dita ci racconta qualcosa anche su come nascono e muoiono le leggende. Possiamo ipotizzare che questa narrazione sia nata in tempi molto recenti, quando l’IA è entrata con forza nel dibattito pubblico e le applicazioni per generare immagini artificiali sono state rese disponibili quasi a chiunque. Forse all’inizio si trattava di una semplice battuta, interpretata poi come un evento davvero accaduto. Possiamo anche ipotizzare che prima o poi la nostra leggenda scompaia: quando l’intelligenza artificiale diventerà abbastanza “brava” da non commettere più errori con le mani umane, la leggenda cesserà di esistere. Così effimere sono, a volte, le leggende metropolitane. 


Immagine in evidenza: da Pixabay, di CDD20


 
 
 

1件のコメント


Azhar Khalid
Azhar Khalid
6月11日

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