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Pipistrelli e capelli: un intreccio leggendoso



Pipistrelli e capelli: un intreccio leggendario


Articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo


Creature del male, vampiri affamati di sangue umano, portatori di innumerevoli malattie… Molti sono i pregiudizi sui pipistrelli, ma uno sembra essere più persistente di altri: quello che vorrebbe questi animali attaccarsi ai capelli, con una particolare predilezione per le capigliature femminili. Si tratta di una leggenda diffusissima nel nostro paese, tanto da essere persino al centro di una novella di Luigi Pirandello: Il pipistrello, appunto, uscito su La Lettura, supplemento del Corriere della sera, nel gennaio del 1920, e poi entrata a far parte delle Novelle per un anno. Nel racconto un'attrice - la signorina Gastina - è terrorizzata dalla presenza di un pipistrello che ha fatto il nido tra le travature del tetto del teatro:


Segnatamente il capocomico montò su tutte le furie a una simile proposta, perché era stufo, ecco, stufo stufo stufo di quella ridicola paura della signorina Gàstina per i suoi magnifici capelli. – I capelli?
– Sicuro! sicuro! i capelli! Non ha ancora capito? Le hanno dato a intendere che, se per caso le sbatte in capo, il pipistrello ha nelle ali non so che viscosità, per cui non è più possibile distrigarlo dai capelli, se non a patto di tagliarli. Ha capito? Non teme per altro ! Invece d’interessarsi alla sua parte, d’immedesimarsi nel personaggio, almeno fino al punto di non pensare a simili sciocchezze!

Ma quanto è antica questa leggenda? E da dove ha origine?


“Quello dei pipistrelli che si impigliano nei capelli è un mito che si autoalimenta – spiegava nel 2021 l'etologa Federica Pirrone, docente all'Università Statale di Milano – La credenza è legata al volo basso di questo animale mentre è impegnato nella ecolocalizzazione degli insetti. Succede in presenza di corsi acqua oppure anche in città, dove non raggiungono mai quote troppo alte, ma questa tendenza a volare a ridosso delle nostre teste crea la percezione di un attacco che in realtà non c'è mai stato”.

Innumerevoli fonti, anche recenti, testimoniano che questo timore è diffusissimo anche oggi:


Ricordo che da ragazzino mio padre mi ammoniva costantemente di stare all’erta: i pipistrelli si impigliano nei capelli e non si riesce più a staccarli. Oggi so per certo che si tratta di una delle leggende più comuni sul loro conto.

Un brutto animale cattivo


Inutile dirlo: il folklore, di norma a contenuto negativo (non sempre: nel caso della città spagnola di Valencia, di cui sono simbolo, hanno funzione protettiva) su questa vasta famiglia di animali è vastissimo e antico. Sono in grado di fare di tutto: succhiano l'olio delle lampade, si nascondono in buchi e asperità dei muri, e, stando all’imperatore Costantino, sarebbero meglio dell’epilazione laser: il sangue di un pipistrello, cosparso sulle sopracciglia, non permetterebbe al pelo di crescere di nuovo. 


L’aura negativa dei pipistrelli è evidente anche dalle iconografie artistiche: nei dipinti gli angeli hanno in genere ali di uccello, i diavoli quelle di pipistrello. Nel 2022 la percezione collettiva di questi animali è stata oggetto di un lavoro pubblicato dagli etologi Alan SIerdazki e Heimo Mikkola, parte del volume Bats. Disease-prone but beneficial (Interchopen). 


Al pipistrello, d’altro canto, è stato attribuito un po’ di tutto, fra le cose che s’intende demonizzare. Lo utilizza anche Proust, per prendersela con l’omosessualità: 


[In Proust] Gli animali sono spesso chiamati in causa per parlare di omosessualità. Se l’omosessuale “ha un istinto come quello del cane che subito fiuta l’odore del desiderio” (viene scritto in una pagina del Jean Santeuil, il romanzo incompiuto), e se le pratiche orali sono rappresentate attraverso il serpente che esce dalla bocca dell’Invidia dipinta da Giotto tra i Vizi e le Virtù nella Cappella degli Scrovegni, è il pipistrello l’animale più coerente col tema, perché solito invertire le abitudini comuni (dorme a testa ingiù, si accoppia promiscuamente anche con esemplari del suo stesso sesso).

Al riguardo, del resto, esiste anche una lunga tradizione cristiana tristamente antisemita. Il Bestiario di Aberdeen, un manoscritto miniato inglese del Duecento, al folio 51r scrive che la nottola simboleggia gli ebrei che hanno rifiutato la messianicità di Gesù adducendo, con una fantasiosa esegesi biblica, due passi del Vangelo secondo Giovanni: “noi non abbiamo altro re che Cesare” (19,15) e “hanno amato le tenebre più che la luce” (3,19). Ora, che i pipistrelli siano animali ad abitudini notturne non è una grande scoperta, ma che la contrapposizione tenebre/luce del vangelo di Giovanni, una caratteristica fra le più note di quel libro, avesse a che fare con i pipistrelli/ebrei potrebbe non essere così ovvio.


Però - anche se sulla scorta delle Kyranides, grande trattato ermetico sulle proprietà degli animali composto nel Basso Medioevo, il sangue di pipistrello permetterebbe di riacquistare i capelli caduti - noi ci concentreremo proprio sulla leggenda che abbiamo menzionato in apertura: la presunta capacità di questi animali di attaccarsi alle capigliature femminili in un groviglio inestricabile e, naturalmente, sgradevolissimo per le malcapitate.


Avvinghiati!


Nel 1864, l’Accademia dei Georgofili di Firenze, una delle migliori espressioni della ricerca agraria italiana del tempo, prese una netta posizione contro le superstizioni e le dicerie che continuavano a circolare sui pipistrelli, come testimoniano i Rendiconti di quella istituzione. Parlando a un’adunanza della società, il segretario, il naturalista Emilio Bechi (1820-1900), aveva argomentato a lungo contro quelle leggende, e, fra le altre cose, aveva rievocato quanto tempo prima aveva menzionato lo zoologo tedesco Johann Friederich Leu (1808-1882), che ne aveva scritto negli Atti e memorie della Imperial-Regia Società Agraria di Gorizia


Il Leu narra che nel 1561 fu distrutto il coro esterno della Chiesa di S. Sebaldo a Norimberga, perché era divenuto nido di pipistrelli. Nel 1592 furono uccisi 435 pipistrelli dall'arciere dei poveri e dai birri nel palazzo di consiglio di Bamberga, onde ricevettero in premio due libbre e 24 soldi. Riferisce ancora che il re Carlo VI si ricreava nell'uccidere i pipistrelli con una frusta, tostoché volavano nelle sue stanze illuminate. Il sig. Leu narra ancora i molti pregiudizi che si hanno sui pipistrelli, giacchè vi sono alcuni che li tengono per velenosi; vi sono altri i quali credono che gli escrementi cadendo sulla testa di qualcuno produca la tigna maligna; vi sono altri infine i quali hanno la credenza che il pipistrello tenda ad avvilupparsi nei capelli delle persone, sicchè, per isbarazzarsene, occorra tagliarli. E a tal fine racconta un fatto singolare avvenuto nel teatro della corte di Monaco nel 1858, ove per due settimane, un pipistrello sbucando dallo scenario faceva quasi ogni sera alcuni giri in platea incutendo una gran paura a tante belle dame, le quali temevano che potesse insinuarsi nelle loro belle capigliature con grave danno delle medesime. 
Esaminando la cosa freddamente, egli è impossibile che un pipistrello s'intricchi nei capegli di una persona. Facendo astrazione che non corrisponde alla natura di questi animali di invilupparsi in capelli, lana e simili, nè di avvicinarsi spontaneamente a questi oggetti si domanda in qual modo possa ciò avvenire, essendo essi sprovveduti di ogni mezzo per ciò fare? Io ho spesse volte portati dei pipistrelli sulla mia testa e su quella dei miei figli, e domestici femminili, ma essi vi rimasero sempre inerti, o caddero a terra quando volevano muoversi, o presero il volo, quado incominciava ad imbrunire la sera.

Una leggenda messa alla prova


A volte le leggende si prestano a essere smentite, per così dire, “sul campo”e la storia dei pipistrelli impigliati è una di quelle. A tentare di verificare la cosa fu un naturalista e biologo britannico, Lord Gathorne Gathorne-Hardy (nato nel 1933), 5° conte di Cranbrook e membro della Camera dei pari. 


Conosceva la storia e quindi pensò di trovare un sistema per metterti in atto dei controlli. Raccontò poi com’era andata in un articolo per le Transactions of the Suffolk Naturalists’ Society (“Bats in Women’s hair”, vol. 2, n. 1-6, p. 193, 1958-1961). Convinse - non sappiamo con quanta facilità - due ragazze a fungere da oggetto della prova, una con i capelli ricci e non troppo lunghi, l’altra con i capelli più lunghi ma raccolti in uno chignon. Poi si procurò quattro specie diverse di pipistrelli: un Nyctalus Noctula (la Nottola comune); un Plecotus Auritus (Orecchione bruno); un Myotis nattereri (Vespertilio di Natterer) e un Myotis daubentonii (Vespertilio di Daubenton) e li pose ripetutamente e in varie condizioni tra i capelli delle due donne. Il risultato fu che in tutte le occasioni gli animali passeggiarono tranquilli per un po’, vi si fermarono, per poi andarsene in nessun caso con la minima difficoltà. Insomma: nemmeno la minima evidenza che i pipistrelli, più o meno involontariamente, non si staccassero dalle chiome femminili. 


I pipistrelli, nemici mortali delle acconciature femminili


Come si diceva una volta, si sa che i capelli sono la gloire de la femme. Anche per questo, sembra interessante sul piano simbolico che un animale dalla cattiva reputazione come il pipistrello, in tante fonti non la smetta di combinarne di tutti i colori per danneggiarli. 


Nel 1866, descrivendo una caverna delle Alpi marittime cuneesi sulla Rivista delle Alpi (la grotta dei Dossi, pp. 247-278, infra, 261), Franz Salzig, pseudonimo dietro il quale però si celava l’alpinista Francesco Salino, raccontava una storia per noi davvero preziosa. Un informatore del posto, Ambrogio Giovanni, aveva spiegato che:


Una signora di Mondovì avendo i capelli fino a metà della fronte e forse anche i baffi, dopo molti rimedi adoperati inutilmente perché il suo viso prendesse una figura meno virile, immaginò, o fu consigliata di ungere le parti troppo pelose col sangue del pipistrello; e persuasa che tale rimedio avrebbe operato secondo il suo desiderio, incaricò Ambrogio di portargli alcuni di tali animaletti. Detto fatto, Giovanni fece una fiammata sotto l'abitazione dei pipistrelli, e mediante tale espediente ne caddero al suolo oltre a 600. Li raccolse in un sacco e li portò alla signora. Subito se ne uccisero diversi e col loro sangue la signora si unse i baffi e la fronte fino a quella linea che gli pareva dovesse spelarsi. Finché fu giorno nessuno dei 600 individui non si mosse benché molti di essi fossero per metà arrostiti; ma giunta la notte i pipistrelli che durante il giorno avevano la figura di funghi lessi, e che si trovavano ancora sani, si svegliarono dal loro torpore cercando di prendere il volo e facendo un rumore di casa del diavolo. Fu tanto lo spavento della signora che non solo gli caddero i capelli dalla fronte, ma cadettero anche quelli ch'essa non avrebbe voluto fossero caduti.

Il vero oggetto di questa leggenda del grande filone “animali infestanti”, quindi, potrebbe non essere il pipistrello, ma la donna. Naturalmente, in gran parte dei casi la capigliatura femminile è più folta e più lunga di quella degli uomini. Si potrebbe pensare, dunque, che alla base di questi racconti vi sia una considerazione di tipo naturalistico: semplicemente, si tratterebbe di un guaio al quale le donne sarebbero più esposte. 


Ma la leggenda sembra portarsi dietro un morale, di solito non esplicita, su come evitare il problema: acconciature corte, senza fronzoli, raccolte, magari nascoste sotto un fazzoletto, saranno più difficilmente oggetto di attacco da parte di un animale sporco, rapace, infettivo. La storia del pipistrello tra i capelli, insomma, sembra consigliare la modestia e la decenza femminile. Fatte le dovute proporzioni, è parente di una leggenda metropolitana in questo senso assai più chiara: quella delle uova di ragno che, a centinaia, si sarebbero schiuse sulla testa delle ragazze, fra l’orrore e lo sconcerto dei presenti, e la vergogna delle protagoniste.


Immagine in evidenza: generata con Microsoft Bing Image Creator 

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