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Tre storie di autostoppisti fantasma



Quella dell’autostoppista fantasma non è una leggenda contemporanea come le altre. È la leggenda contemporanea per eccellenza.


Quando, intorno al 1942, due giovani antropologi americani come Richard K. Bearsdley e Rosalie Hankey, insieme a un folklorista più maturo come Louis C. Jones, cominciarono ad occuparsene in modo sistematico, senza saperlo diedero il via ad una lunga serie di lavori e di analisi che continua anche oggi. Nelle sue tante varianti, quella dell’autostoppista fantasma rappresenta una delle storie più studiate al mondo.


Oggi vi daremo tre esempi, molto utili per poter dire tre cose: quanto la nostra leggenda è antica, quanto si possa intersecare con episodi di cronaca e quanto è riuscita a penetrare nella cultura di massa moderna.


Questo genere di racconti esiste da molto molto prima della comparsa delle automobili e degli altri veicoli a motore. I nostri fantasmi, infatti, chiedevano passaggi o venivano fatti salire su carri e cavalli già nei secoli precedenti l’invenzione del motore a scoppio. Però la leggenda diventò un vero mito moderno soltanto quando l’auto, nei primi decenni del Ventesimo secolo, si diffuse rapidamente nei paesi industriali più avanzati.


La necessità di essere trasportati rapidamente da un luogo all’altro fece nascere fin dai primi del Novecento un mestiere nuovo: quello del tassista e della sua vettura rombante, insieme a cui sorse tutto un mondo di letteratura, cinema, canzoni, aneddoti.


Può stupirci che molti degli incontri con autostoppisti fantasma di inizio Novecento abbiano per protagonisti proprio i taxisti?


L’autostoppista fantasma di Glasgow

Fu così che, nel maggio del 1927, una storia di questo genere rimbalzò dai giornali inglesi in altre parti del mondo (Queensland Times, Australia, e Auckland Star, Nuova Zelanda, 21 maggio 1927): a Glasgow, in Scozia, un autista di taxi era perseguitato da un’autostoppista fantasma.


Per ben due volte, nella prima metà di aprile, una donna molto bella in abito da sera l’aveva fermato per farsi accompagnare presso una vecchia casa vuota di periferia. In entrambi i casi, l’uomo l’aveva vista salire in auto; ma nessuna delle due volte l’aveva vista scendere... Era semplicemente sparita.


Come in altre occasioni, il fantasma autostoppista lasciò “prove” della sua esistenza: la prima un po’ più sfuggente (“un profumo delicato”); la seconda più concreta: un guanto grigio abbandonato sul sedile.


L’uomo spiegò così ad un giornalista il senso della sua esperienza:


Una cosa stupefacente. Non è possibile che sia scesa dall’auto in maniera normale. Ho guidato ad alta velocità per tutto il percorso senza perdere un attimo. Chiunque avesse provato a saltare fuori sarebbe stato costretto a lasciare la portiera aperta, e la cosa avrebbe attirato la mia attenzione. Quando la prima volta mi sono accorto che era sparita mi sono stropicciato gli occhi per la sorpresa. La seconda volta in cui l’ho vista le ho chiesto che cosa voleva fare scendendo dal taxi in quel modo, senza aver pagato. Non mi ha risposto, ma è salita con calma sul taxi e mi ha ha fatto cenno di partire.

Nel caso di Glasgow 1927 si rinvengono almeno due particolarità. La prima è il doppio incontro del fantasma da parte dello stesso autista (dove il secondo ha la funzione di rafforzare dall’interno la “solidità” narrativa). Il secondo punto saliente - peraltro ricorrente - è la “prova materiale” protesa verso il mondo extra-narrativo: il guanto grigio è prova che quell’esperienza è davvero avvenuta…


Lo strano fantasma di Lugo di Romagna


Ed ecco invece la seconda storia, che rappresenta un interessante punto di contatto tra un episodio di cronaca e la nostra leggenda. Comparve sul Corriere della Sera del 1° dicembre 1927 (pochi mesi dopo la vicenda di Glasgow, quindi), ed è altamente plausibile che se ne trovi migliore traccia sulla stampa romagnola.


L’articolo si intitolava L’allucinazione di un commerciante che prende a rivoltellate un fantasma e arrivava da Lugo (Ravenna). Alcune sere prima Giovanni Andreghetti, commerciante di bestiame, tornava a tarda ora a casa sul suo calessino. Venne fermato da un uomo dall’aspetto spettrale. Andreghetti cercò di ripartire, ma il cavallo si fermò spaventato, “come dinanzi a un improvviso ostacolo”. E così, l’uomo saltò a bordo…


Al povero commerciante venne in mente anche di prendere la pistola che teneva nascosta in un cassetto del calesse; ma lo sconosciuto, “quasi indovinando il suo pensiero”, gli disse minaccioso:


Bada di non spararmi una rivoltellata, altrimenti la cosa andrà a finir male.

L’uomo arrivò a casa ammutolito, si mise a tavola, per poi accorgersi che l’uomo gli era ricomparso davanti: questa volta gli ordinava di smettere di mangiare e di andare a letto. Poi, proprio mentre andava a dormire, la terza apparizione: Andreghetti sentì un rumore in cucina e lì davanti c’era di nuovo lui, il fantasma. A quel punto il commerciante, sconvolto, esplose tutti i colpi che aveva nella rivoltella contro lo sconosciuto (che, tranquillissimo, non ne patì alcun danno, e anzi gli intimò di abbandonare la casa per evitare ulteriori guai). A quel punto Andreghetti corse a raccontare l’accaduto ai carabinieri e a un prete...


La struttura del racconto è abbastanza inusuale per un racconto di autostoppisti fantasma: il ritorno per tre volte dell’entità “spettrale” e anche la reazione violenta dell’uomo, non sono elementi consueti. Nella prima parte dell’episodio, però, le somiglianze con il nostro motivo sono evidenti: l’incontro con l’autostoppista fantasma, la sua salita sul mezzo e la successiva sparizione ne ricalca bene le linee. L’intera vicenda, insomma, dà l’impressione di un fatto di cronaca su cui si siano innestati elementi leggendari, propri del folklore, in un ormai inestricabile mix di eventi reali e fittizi.


Autostoppisti e mandrakate


Ed ecco la nostra ultima storia, che testimonia un transito della leggenda dai racconti orali e dai quotidiani all’immaginario della cultura pop. È successo mille volte, ma noi vi presentiamo un utilizzo relativamente poco noto in Italia.


Mandrake il mago, il fumetto creato nel 1934 da Lee Falk e Phil Davis, utilizzò il nostro argomento in The Ghost Town, una storia del 1975 che uscì per la prima negli Stati Uniti il 20 luglio di quell’anno (nell'immagine in evidenza) e fu poi ripresa in molti altri Paesi - ad esempio, sull’Australian Women’s Weekly fra il 5 novembre di quell’anno e il 18 febbraio successivo - e in Italia nel 1978 sul n. 84 di Mandrake.


Per chi non lo conoscesse, Mandrake era il classico illusionista vestito con abito elegante, cappello a cilindro e mantello. Era accompagnato dal suo fido assistente, un nubiano di nome Lothar. Nei primi tempi, Mandrake aveva davvero poteri sovrannaturali e li usava per fare il bene, indagare su avvenimenti misteriosi, salvare fanciulle in pericolo e per contrastare il suo avversario, Cobra. Verso la fine degli anni Trenta, Falk limiterà di molto la “magia” di Mandrake, che si trasformerà in un semplice prestigiatore (capace, però, di utilizzare sofisticate tecniche di ipnosi apprese in Tibet, che gli permettono di far vedere ai suoi nemici le cose più incredibili - ma inesistenti).


Ecco la nostra storia… Mandrake e Lothar si fermano a una stazione di servizio per chiedere indicazioni per la cittadina di Moxley. Poco prima, però, vedono un cartello stradale che li avvisa che stanno per entrare in una non meglio precisata ghost town. Il benzinaio ride sinistramente alla domanda se lui creda nei fantasmi e risponde consigliandogli di non fermarsi se vedono un autostoppista lungo il percorso: si tratta di Little Joe, che si è impiccato a un albero ai lati della strada.


I due proseguono e, inutile dirlo, sotto una quercia incontrano un autostoppista malridotto, che li ferma e dice di chiamarsi Joe… e il suo soprannome è Little! Senza tradire emozioni, Mandrake gli dice che il benzinaio gli ha parlato di lui. Ma Little Joe ribatte che nel posto indicato dal mago non c’è alcuna pompa di benzina. Subito dopo, Lothar si accorge che il serbatoio è quasi vuoto... Il benzinaio li ha truffati? I due convengono di fare marcia indietro e di tornare alla stazione di servizio.


Ma di quella, in quel luogo, nessuna traccia!


Perplessi, i due ispezionano il posto: benzinaio e stazione sembrano completamente svaniti. Tornati alla macchina, si accorgono che anche l’autostoppista fantasma è sparito.


Mandrake e Lothar riprendono il tragitto e si fermano, ormai a secco, alla vicina e sinistra ghost town dove, in uno scalcinato albergo, incontreranno altri presunti spettri. In realtà - lo scopriranno dopo qualche spavento - si tratta di un elaborato trucco per tenere lontani i curiosi. Sotto la città fantasma, infatti, si trova il vero, lussuosissimo resort in cui si nascondono, vivendo nel lusso, criminali di ogni genere, latitanti o delinquenti creduti morti.


A dirigerla… l’autostoppista fantasma e il benzinaio, che in realtà sono vivi e vegeti e tengono, complici l’uno dell’altro, le fila della macchinazione. Mandrake metterà fuori gioco tutti grazie alle sue capacità ipnotiche, consegnando i finti fantasmi e i gangsters nascosti nel resort allo sceriffo della città vicina.


A modo suo, l’impiego della leggenda in Mandrake è una forma di razionalizzazione dei nostri racconti: l’autostoppista fantasma e il suo alter ego, il benzinaio, non sono fantasmi, ma “soltanto” ingegnosi e potentissimi malvagi (e la stazione di servizio introvabile era stata fatta scomparire nel sottosuolo, dopo che Mandrake e Lothar erano ripartiti!).


Solo tre esempi fra tanti, quelli che vi abbiamo fornito: indizi della vitalità e della capacità di adattamento di questa eterna storia di fantasmi.



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