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Treni leggendosi: il trenino porno e l'omicidio eccellente

Articolo di Rosario Palomba

Ho voluto raccogliere la vostra proposta di collaborazione nella raccolta di voci e leggende metropolitane, contribuendo con due storie che ho sentito. Sono un manutentore ferroviario, e per molti anni ho lavorato in trasferta in varie parti d’Italia. Spesso ho definito la categoria a cui appartengo come una sorta di piccola comunità: al momento, a spanne, siamo circa tre-quattromila persone, che per diverse opportunità lavorative si muovono tra varie sedi, cambiando più o meno spesso azienda. In questo frangente, si ripropone spesso la condivisione di racconti ed aneddoti, complice la conoscenza del posto più o meno approfondita da parte dell’uditorio.

La storia che vorrei raccontare l’ho sentita da più persone, con riferimenti di luoghi e persone sempre diversi. L’ossatura di base è:


il narratore, per un motivo o per un altro, si ritrova in un’area notoriamente appartata del luogo dove lavora; avverte la presenza di qualcun altro e scopre due o più persone coinvolte in un rapporto sessuale clandestino.


La prima volta che ho sentito questa storia lavoravo in un grande stabilimento alimentare della provincia di Napoli. In quel caso, il narratore stava effettuando un giro di controllo degli impianti. Da un pannello di controllo si rende conto che una porta di emergenza è rimasta bloccata aperta, in una zona dello stabilimento dismessa. Arriva sul posto e trova la serratura della porta bloccata con dei giornali appallottolati; apre cautamente la porta e si accorge di un uomo e una donna all’interno, intenti in un amplesso, seminascosti tra gli imballi ed i mobili abbandonati. Per avvertire (o disturbare) la coppia, chiude sbattendo la porta e si allontana.

In ambito ferroviario, la storiella piccante coinvolge quasi sempre il personale di bordo del treno, con eccezioni che riguardano soggetti legati al luogo in cui si svolge la storia (addetti alle pulizie, altri manutentori, senzatetto, ecc.). Ad esempio, una versione vuole il narratore che, per una lunga chiamata alla fidanzata a casa durante un turno di notte, si allontana dalla zona dove si effettuano le manutenzioni e si inoltra nella zona di ricovero dei treni; si accorge delle luci accese a bordo di un treno e, pensando all’occupazione abusiva da parte di un senzatetto, entra da un’altra porta senza farsi notare. Risale il treno fino alla cabina di guida, e lì trova un uomo e due donne in un menage à trois (in un’altra versione, tre uomini sono intenti in un reciproco rapporto sodomita o, come riporta il narratore, li ho trovati a trenino, da cui il nome della storia).


Un’altra versione vuole il protagonista inviato dal suo superiore nel reperire un introvabile pezzo di ricambio (in gergo cannibalizzare) da un gruppo di rotabili presunto abbandonato, dove trova dei senzatetto intenti in un rapporto sessuale (una variante di questa versione è quella che coinvolge una prostituta col suo cliente, di solito qualcuno per l’appunto noto per le sue specifiche “frequentazioni”; in un altro caso, è una addetta alle pulizie particolarmente attraente coinvolta in un rapporto clandestino, di maggiore impatto in quanto il narratore conosce anche il marito o il di lei amante, persona nota nell’ambiente).


Degno di nota è il fatto che i soggetti coinvolti nel rapporto non sono mai del tutto nudi, ma hanno quasi sempre addosso i propri segni distintivi: il personale di bordo ha solo la camicia e la cravatta slacciata, oppure il tesserino di riconoscimento, in un caso una donna capotreno coinvolta nel rapporto aveva ancora il cappello in testa… Inoltre, se il rapporto eterosessuale coinvolge di solito donne attraenti oppure uomini particolarmente dotati, il rapporto omosessuale o tra senzatetto si arricchisce di particolari scatologici o comunque aberranti.


L’altra peculiarità della storia è che non accade mai nel luogo dove viene raccontata, né tantomeno ha una collocazione temporale definita; la vicenda è sempre accaduta qualche anno addietro. Di solito è la connotazione temporale ad essere rimarcata (ad es. di notte in inverno, durante un forte temporale eccetera).


In ogni caso, il narratore resta più o meno scioccato dalla scoperta, non tenta alcun tipo di interazione, e si allontana subito, cercando quasi sempre di avvertire il gruppo della sua presenza, in qualche modo (accendendo una luce, sbattendo una porta, facendo rumore). Non di rado uno dei partecipanti lo riconosce, e quando succede il narratore può epilogare con l’episodio dell’incontro casuale, a posteriori, con uno dei partecipanti, che è sempre visibilmente imbarazzato al suo cospetto.


La narrazione, almeno per quanto riguarda il personale di bordo, è facilmente sconfessabile: nel caso di Trenitalia, il personale che per esigenze di servizio è destinato al pernotto fuori sede ha a disposizione i c.d. ferrotel, veri e propri alberghi nelle vicinanze delle stazioni maggiori o all’interno dei depositi principali, per cui sembra a dir poco improbabile che un “indomabile fuoco della passione” costringa questi soggetti ad intrattenersi in luoghi che, seppur appartati, non potrebbero essere comodi ed in piena privacy quanto una camera d’albergo. Per gli altri casi, non nego possa esserci un fondo di verità, ma la riproduzione del racconto in più luogh e con diversi soggetti coinvolti sembra molto simile alle più classiche “storie da pescatori”...

Un’altra storiella che mi ha colpito è quella dell’”omicidio eccellente”. Ne ho solo due versioni, ascoltate entrambe in provincia di Napoli. In questo caso


un treno viene fatto rientrare in tutta fretta in deposito con i segni evidenti di un investimento mortale, lavato a fondo e riparato. Alla guida del treno c’era qualcuno legato ad un personaggio importante.


La prima versione parla di un non meglio precisato nipote di un noto senatore di origini napoletane; l’incidente, avvenuto a tarda sera, coinvolge un ragazzo che supera un passaggio a livello con le barriere abbassate. Il macchinista è colto di sorpresa ed investe il malcapitato; dopo alcuni momenti di panico, riesce a contattare telefonicamente lo zio. La corsa del treno viene interrotta nei pressi del capolinea, ed il macchinista e i pochi passeggeri a bordo vengono fatti scendere. Il treno, preso in carico da un altro macchinista, viene inviato nel deposito ormai dopo l’orario di chiusura, dove alcuni tra operai ed addetti delle pulizie appositamente scelti lavano e riparano le tracce dell’incidente.


In un’altra versione, il macchinista appartiene ad un influente politico, anche in questo caso di origini campane, che lo ha raccomandato personalmente per l’assunzione.


L’appartenenza, in questo caso, non è del tutto chiara: il termine dialettale in questione può significare sia una parentela quanto la conoscenza del raccomandante per varie ragioni, ma che stabilisce una inequivocabile aura di intoccabilità del raccomandato. Difatti, in questa specifica versione il macchinista è dipendente da droghe ed alcol al punto di dover essere quasi sistematicamente sostituito ai comandi dei mezzi che guida: l’incidente in questo caso accade proprio quando nessuno si è reso disponibile alla sostituzione. Anche in questo caso, la vittima attraversa le barriere abbassate di un passaggio a livello ma, a differenza dell’effetto sorpresa della prima versione, il macchinista non si accorge assolutamente di nulla e continua il servizio. In questo caso, è il capotreno a chiamare il suo superiore e spiegare l’accaduto, che a sua volta chiama il suo superiore eccetera.


Dopo pochi minuti, la notizia raggiunge i vertici dell’azienda, che di propria volontà decide di far ricoverare il treno. Il seguito è molto simile alla prima versione: i passeggeri ed il macchinista vengono fatti scendere non appena possibile ed il treno viene portato in officina e ripulito.

In entrambe le versioni il narratore è un soggetto estraneo alla vicenda: nel primo caso, ha saputo dell’accaduto da un suo conoscente, appartenente alle forze dell’ordine, che è stato non solo informato della cosa, ma che ha avuto l’obbligo di tacere. Nella seconda versione, il narratore ha un legame di parentela con un addetto delle pulizie, a sua volta convocato frettolosamente al lavoro dal suo superiore e comandato a ripulire il treno, e sotto minaccia di licenziamento costretto all’omertà.


È quasi superfluo specificare che in entrambe le storie sono messi particolarmente in evidenza i particolari truculenti, come la corsa del treno col parabrezza ancora ricoperto di sangue e visceri, o la rimozione della testa della vittima dai rottami, con gli occhi aperti ed il terrore scritto in faccia; così come si rimarca l’aura di complotto dell’intera faccenda (i resti della vittima fatti sparire in tutta fretta, il macchinista che nella prima versione viene assegnato ad un incarico d’ufficio, dove nessuno lo conosce, nella versione in cui è tossicodipendente sparisce completamente dalla circolazione). Anche qui, se la connotazione temporale è la stessa (a tarda sera, di notte), la collocazione è addirittura assente, complice la necessità di raccontare la storia come fosse un segreto inconfessabile.

Inutile dire che uno scenario del genere sarebbe impossibile da mettere in pratica. La stragrande maggioranza dei passaggi a livello è ormai corredata da telecamere di sicurezza, senza considerare che nella zona in cui sarebbero avvenuti gli incidenti, l’hinterland napoletano notoriamente ad alta densità abitativa, l’investimento di una persona lascerebbe senza dubbio dei testimoni, difficilmente rintracciabili a posteriori, oltre ad una serie inequivocabile di tracce e di indizi sul luogo dell’incidente.


Da un punto di vista prettamente tecnico, le attuali tecnologie di controllo della marcia del treno, sia quelle effettivamente in essere sul rotabile quanto lato infrastruttura, riuscirebbero in ogni caso ad accorgersi di un’anormalità di esercizio quale un investimento. I soggetti che dovrebbero essere coinvolti nel cancellare le tracce di un tale crimine sarebbero così tanti da rivelare un sistema così complesso da risultare paradossale, se non completamente inutile.

Immagino dunque che questa storia sia da considerarsi come proveniente da un’unica fonte, e che nel corso delle varie narrazioni abbia perso o acquisito alcuni tratti in virtù della fantasia dei narratori; considero inoltre, al netto di discriminazioni, che un racconto del genere possa avere più presa su un uditorio più avvezzo (o pronto a credere) all’esistenza tangibile di un sistemaparallelo i cui appartenenti sono estranei alle leggi ed alla loro applicazione, e devo purtroppo riportare, guardando le reazioni dell’uditorio di entrambi i racconti, che non erano pochi quelli mossi da invidia, più che da disgusto.


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