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Winnie Pooh e i suoi disturbi mentali


articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo

Oggi parliamo un po’ di Winnie Pooh. Cosa c’è di più tenero di un orsacchiottino morbido circondato dai suoi amici del Bosco dei Cento Acri?


Eppure anche l’orsetto pasticcione e goloso di miele assume contorni inquietanti se riletto alla luce di un articolo pubblicato nel 2000 sul Canadian Medical Association Journal. Gli autori (un team di specialisti della salute mentale guidato da Sarah E. Shea) si sono divertiti a rileggere le storie di Winnie Pooh alla luce del DSM-IV, l’edizione della “Bibbia” dei criteri diagnostici delle malattie psichiatriche allora in vigore (oggi c’è il DSM-V). Questa è la loro conclusione:


All’apparenza è un mondo innocente: Christopher Robin, che vive in una bella foresta circondato dai suoi leali amici animali. Generazioni di lettori delle storie di A.A. Milne si sono divertiti con questi racconti che sembrano benigni. Comunque, le prospettive cambiano con gli anni, e risulta evidente al nostro gruppo di moderni studiosi del neurosviluppo che queste storie trattano invece di Individui Seriamente Disturbati, molti dei quali rispondono ai criteri del DSM-IV per la diagnosi di disordini significativi. Abbiamo effettuato un’esaustiva rassegna dei lavori di A. A.Milne e forniamo qui di seguito le nostre conclusioni sugli abitanti del Bosco dei Cento Acri nella speranza che le nostre osservazioni aiutino la comunità medica a capire il risvolto oscuro di questo universo.

Ma quali erano questi Individui Seriamente Disturbati? Winnie Pooh soffre chiaramente di ADHD, il disturbo da deficit di attenzione/iperattività: è pasticcione, disordinato, dotato di scarsa memoria e spesso risponde alle domande facendo commenti che non c’entrano nulla con il discorso; tutti tratti tipici di chi soffre di ADHD. A questo si aggiungono problemi di alimentazione, molto probabilmente bulimia. Potrebbe anche soffrire di un leggero ritardo mentale, ma per questo occorrerebbero ulteriori esami.


Il maialino Pimpi, invece, è ipocondriaco, apprensivo e perennemente preoccupato da quello che potrebbe accadere - o non accadere. Gli autori dello studio gli assegnano un bel GAD, disturbo d’ansia generalizzato. Tigro soffre, anche quello, di ADHD, che in lui assume più le caratteristiche dell’iperattività: è in continuo movimento, si stanca presto delle cose e cerca sempre nuovi stimoli, al limite del patologico. E’ il turno di Ih-Oh, l’asinello triste dal musetto sconsolato, senza energie e che non sorride mai: la diagnosi per lui è quella di depressione. Nel suo caso, gli autori si spingono fino a consigliare l’uso di antidepressivi o almeno il conforto della fitoterapia (se nel Bosco fosse presente l’erba di san Giovanni, ad esempio, magari Ih-Oh potrebbe beneficiarne).


Gufo soffre di dislessia, ma anche di disturbo narcisistico della personalità, con le sue continue - e patologiche - manifestazioni di superiorità. I due canguri del gruppo, Kanga e Roo hanno evidentemente un rapporto disfunzionale: la madre si sente in dovere di proteggere a ogni istante il figlio dal mondo esterno - tratto tipico di chi è affetto da disturbo d’ansia sociale -, mentre il piccolo risulta spesso assente, distaccato, ai limite dell’autismo. Il coniglio del Bosco, Tappo, è invece preciso, maniaco dell’ordine, eccessivamente turbato dagli oggetti che non sono al loro giusto posto: DSM alla mano, il perfettino della compagnia si becca una bella diagnosi di disturbo ossessivo-compulsivo.


E Christopher Robin, il leader del gruppo? Per ora non ci sono ancora elementi sufficienti per arrivare a una diagnosi, ma il ragazzino sembra crescere nella totale assenza di supervisione adulta. E poi, diciamocelo, non vi preoccupa un po’ il fatto che continui a parlare con animali?


L’articolo ha avuto parecchia risonanza in Italia e all’estero. C’è chi si è spinto a dichiarare, ad esempio, che


gli Amici nel Bosco dei 100 Acri [...] ci hanno fatto conoscere, senza che noi ce ne accorgessimo, una serie di disturbi mentali. Questo perché ogni personaggio del celebre cartone rappresenterebbe una diversa patologia psichica.

Non molti, invece, sembrano essersi accorti della dicitura riportata all’inizio del paper: Research of the Holiday Kind - Ricerca del tipo “festivo”. Lo studio su Winnie Pooh è stato infatti pubblicato il 12 dicembre, a ridosso delle vacanze di Natale. Esiste infatti, nel mondo della ricerca anglosassone, una consolidata tradizione: quella di pubblicare, una volta all’anno, ricerche scherzose, bizzarre e a volte del tutto inventate. L’esponente più illustre di questa categoria è probabilmente la Christmas Edition del British Medical Journal, una delle più quotate riviste in campo medico. Tra le sue pagine hanno trovato spazio studi in apparenza seri ma dai contorni surreali, come una disamina delle ragioni per cui gli uomini vincono più sovente il Darwin Award delle donne (l’immaginario premio conferito alle persone che muoiono in modo più che stupido, migliorando il pool genetico dell’umanità); oppure un’accurata stima della velocità del Tristo Mietitore (valutata, per i più curiosi, in circa 3 km/h).


Nel caso del “DSM del Bosco dei Cento Acri”, un ulteriore particolare sancisce in via definitiva il carattere scherzoso della ricerca: l’autrice non si firma Sarah Shea, ma Sarah-the-Shea, proprio come suona nell’originale il nome di Winnie-the-Pooh. E lo stesso fanno i suoi colleghi Ann-the-Hawkins, Janet-the-Kawchuk e Donna-the-Smith.


L’articolo del Canadian Medical Association Journal è dunque uno scherzo, ma uno scherzo che va a intercettare una radicata tendenza di molte storie virali circolate negli ultimi anni.


Sulla sua scia, sono comparsi meme ed altri utilizzi grafici, come questo e questo, che a loro modo sembrano aver tratto spunto dalla circolazione internazionale dello “studio” canadese.


Pare esserci comunque un piacere sottilmente perverso nell’attribuire significati oscuri e spaventosi a giochi e personaggi del mondo infantile, e questo fa passare l’articolo sulle patologie psichiche di Winnie Pooh al discorso collettivo sul leggendario contemporaneo.


Così, Hello Kitty non è una semplice gattina alla moda, ma il frutto di un atroce patto col diavolo; Giro Giro Tondo diventa un modo per raccontare la morte e la malattia ai bambini durante la Grande Peste di Londra; i cartoni animati risultano costellati di messaggi subliminali a temi satanici e sessuali, mentre gli scivoli dei Luna Park nascondono taglienti lamette da barba e le figurine sono intrise di eroina e LSD (ne parlò Paolo Toselli già nel 1991, sul numero 1 del notiziario del CeRaVolC, Tutte Storie, pp. 12-14)…


Queste storie sembrano volerci comunicare che il mondo dell’infanzia non è così innocente come potrebbe sembrare: tra le sue pieghe si annidano insidie, malattie, personaggi spaventosi, storie dell’orrore. Potrebbe perfino, in questo universo, capitarvi di incontrare un Orsetto Seriamente Disturbato, magari in compagnia di un coniglio ossessivo-compulsivo e di un asinello dagli occhi tristi.


Se avvistate quest’ultimo, per favore, fategli scivolare in tasca un blister di antidepressivi.

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