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Il morto che scese dal treno



Articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo


Per lungo tempo il Corriere della Sera ha tenuto una rubrichetta intitolata “Riviste e giornali” in cui pubblicava notizie, storie curiose e aneddoti “rubacchiati” altrove. Il breve pezzo che ci interessa uscì nell’edizione del 15 gennaio 1910:


Il Rappel narra un macabro e comicissimo aneddoto. Un polacco legò la sua fortuna ad un parente, a condizione che facesse trasportare il suo corpo nella città natale. Muore. L’erede, temendo spese troppo ingenti per il trasporto del cadavere, si mette d’accordo col capotreno per porlo in un vagone normale. Il morto è posto nell’angolo di un compartimento, nell’atteggiamento più naturale del mondo, con un grosso sigaro in bocca. Ad una stazione sale un viaggiatore. Per fare conversazione col vicino gli domanda un cerino; l’altro tace. Il viaggiatore insiste. L’altro continua “a fare il morto”. Il viaggiatore va su tutte le furie, lo prende per un braccio e lo scuote violentemente, l’altro cade a terra inerte. Il viaggiatore constata che è morto e temendo che lo accusino di assassinio, apre lo sportello e getta il cadavere sulla linea. Il viaggio termina e il conduttore viene a prendere il “suo pacco”. Oh meraviglia! Non vede più che una persona viva! Tremante, domanda al viaggiatore che cosa è avvenuto del suo compagno di viaggio, e l’interpellato, placido, risponde: “Oh, è sceso all’ultima stazione”.

Come visto, la notizia era stata pubblicata appena il giorno prima, 14 gennaio 1910, da un quotidiano parigino, Le Rappel, fondato dallo scrittore Victor Hugo nel 1869 e rimasto in attività fino al 1933. Una storia molto curiosa, che sul giornale francese veniva intitolata Le mort fugitif (“Il morto fuggitivo”), ma che ha attirato subito la nostra attenzione per la sua vaghezza: chi era il “polacco” protagonista del racconto? E dove sarebbe accaduto il fattaccio, su quale linea, in che circostanze? Erano tempi in cui il rispetto della privacy non era ancora considerato un diritto e in cui i giornali pubblicavano allegramente nelle pagine di cronaca nomi, cognomi e indirizzi delle persone. E poi, ancora, come sarebbe arrivata la faccenda alle orecchie del giornalista di Le Rappel? Per non parlare di quei dettagli barocchi… Perché mettere il cadavere in uno scompartimento passeggeri, per di più con un sigaro in bocca, quando ci sarebbero stati mezzi di trasporto più semplici e meno rischiosi (un baule, ad esempio)?


La storia sembra avere fin dal suo esordio tratti in comune con le leggende metropolitane, grazie a quella mescolanza di macabro e di umorismo tipico di altre narrazioni (si pensi al racconto sul coniglio redivivo o a quello sulla nonna rubata… Ma qualche somiglianza c’è pure con la meno comica vicenda della morta in metropolitana).


Uno sguardo ai giornali francesi indica in effetti che la storia del polacco morto “sceso dal treno” ritorna con una certa insistenza, spesso pubblicata come notizia appena accaduta. Nel 1908, ad esempio, comparve su diversi quotidiani (L’Intransigeant e Le Journal de Paris del 12 settembre, Le Soleil del 17 settembre, Le Guetteur de Saint-Quentin et de l’Aisne del 20 settembre, La Lanterne del 26 settembre, L'Émancipateur dell’8 ottobre, L'Éclaireur de l’Ain dell’11 ottobre)… Ma forse prima ancora doveva averne parlato il settimanale satirico Le cri de Paris, cui però non siamo riusciti a risalire. L’aneddoto si apriva con questa premessa:


Tristan Bernard ama raccontare questa storia, macabra alla perfezione per gli spettatori del Grand-Guignol.

Il riferimento è, ovviamente, al celebre teatro parigino specializzato in spettacoli macabri, cruenti e grotteschi che ebbe un incredibile successo di pubblico fino all’avvento del cinema horror.


La storia del polacco fece capolino di nuovo nel 1910, quando ebbe risalto internazionale: fu riferita, oltre che dal Corriere della Sera, anche da un quotidiano del Canton Ticino, L’Azione dell’8 agosto, raccontata come un genuino episodio di cronaca. E poi, di nuovo, tornò a girare in Francia nel 1925-26 (Les Nouvelles Littéraires del 28 febbraio 1925, Paris Soir del 31 maggio 1926), ma questa volta di nuovo citata come freddura del commediografo Tristan Bernard (pseudonimo di Paul Bernard, 1866-1947, qui sotto in uno schizzo di Toulouse-Lautrec) e inclusa in una raccolta di sue citazioni firmata da un certo Old Tom (che un libro sugli sketch teatrali di Bernard, compilata nel 1925 da Léon Treich, identifica come “M. Louis Thomas”); e, ancora, la storia del polacco appare nel maggio 1935 su L'Automobile sur la Côte d'azur (il bollettino degli Automobile Club della Costa Azzurra); anche qui, però, nessun riferimento alle sue origini.




Tutto fa pensare, quindi, che il cadavere sul treno sia frutto dell’inventiva di uno scrittore e autore teatrale di successo, Tristan Bernard; e che magari sia stato davvero utilizzato al Grand-Guignol ai primi del XX secolo, per poi essere trasformato in episodio di cronaca e rilanciato dalla stampa francese almeno a partire dal 1908 (le fake news, continuiamo a dirlo, non sono un’invenzione del web o di questi ultimi anni). L’ipotesi non è campata in aria: Tristan Bernard fu anche autore di testi scherzosi per il vaudeville e creatore di parole crociate.


Quest’ultima cosa a noi potrà dire poco, ma invece è molto significativa: i cruciverba hanno trovato, a seconda dei Paesi in cui si sono sviluppati, strade diverse (consigliamo per approfondire il bel libro di Stefano Bartezzaghi L’orizzonte verticale, Einaudi, 2007). Se le definizioni italiane si basano per lo più su brevi frasette da dizionario o da enciclopedia (e molta attenzione viene invece dedicata agli schemi), in America si fondano principalmente su giochi di parole, anagrammi e sciarade. In Francia, invece, l’enigma da risolvere viene affidato al mot d’esprit, alla battuta fulminante, all’arguzia. Un esempio dalle definizioni di Bernard: “Levano gli stendardi in segno di libertà”. Soluzione? I taxi: all’epoca vigeva la convenzione che alzassero una bandierina quando erano liberi e la abbassassero quando erano occupati!


Sì, noi un autore che dà definizioni del genere lo manderemmo a quel paese. Ma i cruciverba francesi sono così, e Bernard ne fu uno degli interpreti più brillanti. Di lui si conservano raccolte di battute fulminanti, come la filosofica:


La morte è la fine di un monologo.

Oppure quella in occasione della sua bocciatura a socio dell’Académie Française:


Preferisco essere tra coloro che si chiedono perché non fanno parte dell’Accademia, piuttosto che tra quelli che si chiedono perché ne fanno parte.

Uno spirito che non fu piegato neanche dalla terribile esperienza dell’internamento nel campo di Drancy a causa delle sue origini ebraiche, e da cui fu liberato nel 1943 in seguito alle proteste dell’opinione pubblica francese, condotte a onta dell’occupazione nazista. Morì nel 1947, dopo aver perso una figlia a Mauthausen, deportata per la sua adesione alla Resistenza.


Il raccontino del cadavere sul treno ha tutte le caratteristiche della sua comicità: la situazione grottesca, l’humor nero, la battuta finale.


Potrebbe ben essere una leggenda d’autore, come la storia della statua di Lenin spacciato per Pirandello.



Si ringrazia Roberto Labanti (CICAP) per le fonti fornite.


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