Articolo di Sofia Lincos
Il Covid-19 si è portato via uno dei protagonisti, suo malgrado, della storia delle leggende metropolitane e delle catene di sant’Antonio, Craig Shergold. Per chiunque abbia l’età per ricordarlo, questo nome significa solo una cosa: cartoline postali. Tante, tantissime cartoline postali, da mandare al piccolo Craig, malato di cancro, per permettergli di realizzare un sogno: entrare nel Guinness dei Primati.
Solo che Craig non era più un bambino; aveva 40 anni quando è morto, il 21 aprile scorso. La sua vicenda è stata raccontata dal Sun il 29 maggio, ma potete leggere anche questo pezzo di Stefano Dalla Casa per Wired, gli articoli pubblicati sulla rivista del CeRaVoLC Tutte Storie (numeri 1 e 3) e l’approfondimento di Paolo Toselli nel suo libro La famosa invasione delle vipere volanti (Ledizioni, 2018). Nel 1993, il caso venne anche discusso in una tesi di laurea in folklore, The dying child's wish complex: a case study of the relationship between reality and tradition, da parte di Anna Elizabeth Guigné, Memorial University of Newfoundland, Canada.
Craig Shergold era nato nel 1979 e viveva a Carshalton, nel Surrey (Inghilterra), quando gli venne diagnosticato un tumore incurabile al cervello. Era il 1988. All’epoca circolavano già alcune catene di sant’Antonio che avevano per oggetto bambini malati e cartoline. Secondo l’Encyclopedia of Urban Legends (2012) di Jan Brunvand, la più celebre prima di Shergold era stata quella di Little Buddy, diffusa a partire dal 1982. Buddy era - si diceva - un bambino di sette anni che stava morendo di leucemia in un ospedale della cittadina di Paisley, vicino a Glasgow (Scozia). Il suo ultimo desiderio era stato quello di entrare nel Guinness dei Primati per la maggior collezione di cartoline al mondo. L’appello a mandargliene si era diffuso su giornali, radio e anche di bocca in bocca, portando oltre 76.000 cartoline nella casella postale 76 di Paisley. Solo che il piccolo Buddy non era mai esistito. Era tutta una bufala.
Analogo successo aveva avuto l'appello, lanciato alla fine del 1960 da Roanoke (Virginia), a favore di una bambina affetta da uma malattia ossea che non le lasciava molto da vivere. La "piccola Doris" ricevette 600.000 cartoline natalizie da tutto il mondo. Ma raccolte simili ai riscontrano almeno a partire dal 1850, quando il settimanale llustrated London News del 18 maggio pubblicò una notizia riguardo a una "raccolta di francobolli a scopo benefico" andata fuori controllo (la beneficiaria in questo caso non era malata, era una giovane minorenne del Derbyshire che sarebbe stata rinchiusa in convento dalla famiglia, a meno che non si fosse raccolto entro il 30 aprile un milione di francobolli usati).
Da vicende come quella di "Little Buddy" trasse probabilmente ispirazione la famiglia di Craig Shergold, che sollecitò lo stesso regalo per il proprio figlio malato: un fenomeno che tra gli studiosi di leggende contemporanee prende il nome di ostensione (la “messa in atto” nella realtà di una leggenda). E così, nel 1989, i genitori iniziarono una catena di sant’Antonio che sollecitava la spedizione di una cartolina al bambino, e l’invio della stessa richiesta ad altre dieci persone. Un toccante appello venne pubblicato il 28 settembre di quell’anno dal Sun.
Il successo andò molto al di là delle aspettative. Già a ottobre, Craig aveva messo insieme 670.000 cartoline. Nel 1990 si era arrivati ad alcuni milioni. Il nome del bambino venne inserito nell’edizione del 1991 del Guinness World Record come destinatario - alla data del 25 maggio 1990 - di 16.250.692 cartoline di pronta guarigione. Tra i mittenti, personaggi del calibro del primo ministro britannico Margaret Thatcher e del principe Carlo, ma anche dei presidenti George Bush, Ronald Reagan, del leader sovietico Mikhail Gorbaciov, di Michael Jackson e di Sylvester Stallone. L’appello giunse anche alle orecchie del miliardario americano John Kluge, che propose alla famiglia di far operare Craig da un famoso neurochirurgo di sua conoscenza, Neal Kassell. L’operazione, effettuata il 1° marzo 1991 a Charlottesville, presso il Centro di Riabilitazione Infantile dell’Università della Virginia, portò alla rimozione del 95% del tumore. Un esito che garantiva al bambino ottime chances di guarigione.
Le cartoline, però, non si fermarono. Nel 1991 l’appello continuava a circolare e i biglietti di auguri ad accumularsi: il Guinness dei Primati certificava che a maggio erano già diventati 33 milioni. Paolo Toselli ne La famosa invasione delle vipere volanti riporta una variante della catena, raccolta nel giugno di quell’anno:
Aiutiamo Aiutiamo Graig!
Gent.mi Signori, Vi saremo grati se vorrete rispondere a questa richiesta di aiuto. Graig è un ragazzino di 7 anni con un tumore al cervello e con troppo poco tempo da vivere. Il suo grande desiderio è quello di entrare nel Guinness dei Primati per aver ricevuto il maggior numero di biglietti di auguri di pronta guarigione. Il suo indirizzo è il seguente:
Graig Shergold 36, Shelby Road GB SURREY SN 8 ILD ENGLAND
Per favore, inviate queste pagine ad altre 10 società ed… AIUTIAMO GRAIG! Ringraziandovi anticipatamente per la gentile collaborazione, Vi inviamo i nostri più cordiali saluti.
Già, perché come in tutte le buone catene di sant’Antonio che si rispettino, il testo presentava numerose variazioni: il bambino veniva chiamato Graig, ma anche Greg Sherold o Schergold o Sherfold, o ancora Draing Sherold o Harold Sarid; ogni tanto aveva 7 anni, ogni tanto 8 o 16. A volte gli oggetti da mandare non erano più cartoline postali o biglietti di auguri, ma biglietti da visita commerciali (una variante molto diffusa tra le aziende). In calce, firme di testimonial e di garanti di eccezione, come quelli della Make-A-Wish Foundation, che dopo un iniziale interessamento negò ogni coinvolgimento nella storia.
Il 9 febbraio 1991 la famiglia di Craig intervenne sul Sun per chiedere ai lettori di non mandare più biglietti e cartoline. Ogni giorno il bambino ne riceveva circa 3000, ed erano costretti a mandarle al macero. Il padre dichiarava:
Vogliamo veramente che tutto ciò abbia fine. Se si desidera veramente aiutare qualcuno, che si invii denaro a qualche ente benefico.
Ovviamente l’appello venne ignorato. Nel 1993 la madre di Craig pubblicò un libro sulla vicenda, Craig Shergold: A Mother's Story, nella speranza di chiarire una volta per tutte la questione. Nel 2001 venne realizzato anche un film per la TV, The Miracle of the Cards, distribuito in Italia con il titolo Il miracolo delle cartoline. Le Royal Mail (Poste Reali Britanniche), da parte loro, si decisero ad assegnare alla casa di Craig un codice postale speciale, vista la mole di lettere che continuavano ad arrivare. Proprio a causa dei problemi generati da quella catena inarrestabile, la direzione del Guinness World Record decise di cancellare la categoria di “maggior numero di cartoline ricevute”. Oggi non è più possibile concorrere per questo primato, e il record di Craig Shergold non potrà più essere battuto. Cosa che, comunque, sarebbe stata difficile: si stima che, al 2013, il bambino - ormai cresciuto - abbia ricevuto qualcosa come 350 milioni di biglietti. Al costo di 50 centesimi l’uno, corrisponderebbero a una spesa di circa 175 milioni di euro (che, come faceva notare nel 1994 Paolo Attivissimo, avrebbero forse potuto essere indirizzati ad iniziative più utili). A un certo punto, la famiglia decise di trasferirsi, lasciandosi alle spalle cumuli e cumuli di cartoline.
Craig crebbe e superò la malattia. Secondo un suo amico, intervistato dal Sun, era finalmente riuscito a realizzare il suo sogno, quello di diventare un comico professionista. Poi, un anno fa, la nuova diagnosi di tumore. Il quarantenne ex “re delle cartoline” era ancora in cura per quella patologia, ma il Covid-19 non gli ha dato la possibilità di scoprire se anche questa volta - come affermava fiducioso - ce l’avrebbe fatta. La notizia è stata data sulla sua pagina Facebook, Warming the World with Laughter (“Scaldando il mondo con una risata”).
Il suo caso rimane un capitolo fondamentale nella storia delle catene di sant’Antonio, e anche una dimostrazione della loro potenza. Lorenzo Montali, docente di psicologia sociale presso l’Università Bicocca di Milano, ha commentato, in occasione di una catena analoga che aveva per protagonista il piccolo Draian Ernold (il mittente questa volta era addirittura il Ministero dell’Istruzione italiano):
[...] La storia di Craig non è interessante solo per la sua persistenza, che è peraltro degna di nota perché testimonia l'esistenza di una memoria sociale che si alimenta negli scambi comunicativi, che si organizza anche intorno a nuclei narrativi e che conserva traccia di eventi se si vuole banali, ma ricchi di implicazioni e significati per certi gruppi sociali più o meno ampi. Vi è infatti un secondo aspetto che credo meriti di essere rilevato e cioè che le diverse versioni della leggenda di Craig hanno origine da un fatto vero. Questo pone evidentemente un problema perché uno dei caratteri che siamo soliti attribuire alle leggende è il fatto di essere racconti falsi, il che consente di distinguerle con chiarezza da altre narrazioni, che consideriamo invece resoconti fedeli di eventi accaduti, come ad esempio gli articoli di cronaca giornalistica. Se invece anche le leggende sono in piccola o grande parte vere, è chiaro che i confini sfumano e distinguere realtà e fantasia diventa un gioco più complesso.
Più complicato, certo, ma anche più interessante.
Si ringrazia Stefano Dalla Casa per la segnalazione e Paolo Toselli per i contributi all'articolo.
Comments