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La vecchina blocca-auto (e le sue sorelle)

Aggiornamento: 31 dic 2020




Articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo

Sul numero 2-2020 di Classica Vox - Rivista di Studi Umanistici è stato pubblicato un interessante saggio intitolato L’autobus non ferma più a Eleusi: miti di survival e fortuna dell’antico (pp 129-148). L’autore è Tommaso Braccini, professore associato di filologia classica presso l'Università di Siena, di cui vi avevamo già segnalato un lavoro del 2018 (incentrato su alcuni paralleli tra letteratura classica e leggende metropolitane moderne).


Braccini ha ulteriormente esplorato il tema, analizzando questa volta una storia che agli inizi del 1940 circolava in Grecia:


Sulla linea di autobus Atene-Corinto, alla fermata di Dafnì, era salita una vecchietta (γρῃούλα) debole e ridotta a pelle e ossa, ma «con occhi grandi e vivacissimi». Quando l’εἰσπράκτωρ si era avvicinato per farle il biglietto, la vecchietta, con voce lamentosa, gli aveva confessato di non avere nemmeno un centesimo, perché era poverissima e sola al mondo. Il bigliettaio, pur dispiacendosi, l’aveva fatta scendere alla prima fermata, che era quella di Eleusi. L’autobus nel frattempo si era fermato per qualche minuto per fare rifornimento di acqua e benzina. La vecchietta, invece di allontanarsi, era rimasta ferma da una parte, a guardare fissa il mezzo, «con lo sguardo dei fachiri». Nessuno ci aveva fatto caso, ma quando l’autista cercò di rimettere in moto, scoprì che il mezzo era in panne. Non riuscì a riavviarlo nemmeno con l’apposita manovella; ispezionò il motore, ma apparentemente era tutto in ordine. La vecchia, intanto, immobile e «come pietrificata», continuava a guardare l’autobus con il suo sguardo penetrante. Uno dei passeggeri, scorgendola, esclamò: «Ragazzi, non saranno mica le maledizioni segrete (ἡ ἐνδόμυχες κατάρες) di quella vecchia, che non ci fanno partire? Paghiamole il biglietto e facciamo la prova!» Venne organizzata rapidamente una colletta, il titolo di viaggio fu acquistato e, appena l’anziana signora fu riammessa a bordo, il motore si mise in moto e l’autobus ripartì. La vecchia, tuttavia, si rivolse con stizza agli altri passeggeri, rimproverandoli perché erano tutti degli egoisti: avrebbero dovuto aiutarla prima. E quindi avrebbe rivelato loro una cosa: sarebbero stati puniti per il modo in cui vivevano, e sarebbero stati privi tanto delle erbe della terra, quanto della stessa acqua! Ciò detto, l’anziana donna letteralmente scomparve. I passeggeri, sbalorditi, non potevano credere ai loro occhi: la matrice dei biglietti, tuttavia, attestava che il fatto era avvenuto davvero.

Il racconto comparve sul quotidiano ateniese Hestia il 7 febbraio 1940, nella rubrica” “I fatti della vita” (titolo analogo a quello usato per la cronaca spicciola in un gran numero di giornali europei fra Otto e Novecento).


Particolare interessante: la vecchina ferma-autobus si trasformava, nei racconti, prima in una monaca ortodossa, poi in una beata, e infine in santa Barbara. In quest’ultima incarnazione, la donna avrebbe anche emesso una profezia sul futuro, con conseguente apertura di un’indagine da parte del vescovo ortodosso di Corinto.


Il giorno dopo, l’8 febbraio, ad occuparsene fu He Bradyne. La dinamica generale era simile. Si aggiungeva che da giorni il personale degli autobus era in subbuglio per quei racconti. Se il blocco del mezzo era inizialmente attribuito al malocchio lanciato dalla figura misteriosa, più tardi si cominciò a parlare di un “un miracolo di santa Barbara”. La cosa divertente è che l’episodio sembrava avvenuto su tutti gli autobus del servizio suburbano di Atene.


Infine, l’11 febbraio, il giornalista Pavlos Paleològos, scrivendo su Eleutheron Bema, sosteneva che le voci di “miracoli stradali”, anziché attenuarsi, erano andate intensificandosi. I racconti si erano coagulati in una nuova versione: due vecchiette, su due linee diverse (una sull’autobus di Dafnì, l’altra diretta da Levìdi a Tripoli), erano salite a bordo senza essere in grado di pagare, quindi costrette a scendere. Poi, i misteriosi guasti agli autobus, la colletta e la conseguente ripartenza dei mezzi, e alla fine le profezie pronunciate dalle due donne sull’esito della guerra in corso (nella realtà storica, la Grecia fu attaccata dall’Italia otto mesi dopo la comparsa della nostra leggenda). Le due anziane erano state identificate come santa Barbara e santa Parasceve. Paleològos concludeva con alcune considerazioni sulla stranezza del caso (si era mai sentito di figure divine sui mezzi pubblici?), e ipotizzava sornione che qualche furbastro avrebbe potuto sfruttare la storia per viaggiare gratis in tutta la Grecia.


L’analisi di Braccini colloca la nostra storia in un quadro assai più ampio: la considera parte di una lunga vicenda culturale, quella degli effetti del filoellenismo di tanti archeologi, antichisti e intellettuali occidentali e del nazionalismo degli stessi greci moderni, che - proprio come noi italiani, del resto - nel Diciannovesimo secolo avevano bisogno di fondare su una storia antica ed illustre la loro nuova nazione, sorta dalla lotta per l’indipendenza contro gli ottomani (che tanto aveva colpito i romantici e l’opinione pubblica europea già dal suo esordio, nel 1821).


Ma come si inserisce, in tutto questo, la nostra leggenda del 1940? Ebbene, i nostri racconti vennero utilizzati, fin da subito, per sostenere una continuità “mitologica” fra Grecia classica e Grecia moderna. Secondo alcuni antichisti, la vecchina profetica che viaggiava tra Atene e Corinto altri non era se non una moderna apparizione di Demetra, una delle maggiori figure del pantheon ellenico. Braccini si sofferma proprio sui presupposti culturali di questa interpretazione, a metà tra ingenuità scientifica e ideologia.


Già pochi mesi dopo la sua apparizione sulla stampa, infatti, l’archeologo francese Charles Picard riprendeva la vicenda della vecchina ferma-bus in un articolo per la Revue de l’Histoire des Religions (“Déméter, puissance oracolaire”, vol. 122, 1940, pp. 102-124). Picard si rifaceva, appunto, a una linea di pensiero filoellenista e all’idea di una particolarità greca, secondo cui le figure mitologiche dell’antichità si erano conservate vive e presenti nel folklore neo-greco. In particolare, Picard si basava sulle posizioni di John C. Lawson, che nel 1889 aveva pubblicato un lavoro destinato a grande fortuna: Modern Greek Folklore and ancient Greek religion; un libro che, con una serie di salti temporali colossali, aggirava problemi di ogni tipo (e, non ultima, l’influenza determinante dell’Ortodossia sull’identità culturale greca). Per Lawson, nel complesso, fra Omero e i romantici, campioni della guerra d’indipendenza greca, non c’era poi tutta questa gran distanza.


Questo, prosegue Braccini, per tacere di un vero e proprio falso del genere, quello del culto di santa Demetra, del tutto inesistente e promosso nel 1864 in Monographie de la voie sacrée eleusinienne da un assiriologo e studioso di epigrafia greca, François Lenormant (1837-1883) - anche lui desiderosissimo di “scoprire” la sopravvivenza di culti antichi nella Grecia del suo tempo, sia pur cristianizzati e travisati in santi ortodossi.


Lawson e Lenormant, insieme ad altri, furono usati da Picard, nell’Europa del 1940, per travestire la storia della vecchina profetica - una leggenda contemporanea assolutamente caratteristica dell’Europa del secolo scorso - da sopravvivenza più che bimillenaria della dea Demetra.


Braccini demolisce queste sovrainterpretazioni, che ancora nel 1978 sedussero perfino un maître-à-penser come Mircea Eliade (in Storia delle idee e delle credenze religiose, volume II), e lo fa recuperando le fonti originali della storia, ossia gli articoli della stampa digitalizzati dalla Biblioteca Nazionale greca che vi abbiamo riassunto qui sopra. Al contrario di quanto scritto da Picard, che ne ampliava l’eco oltremisura, la vicenda della vecchina ferma-autobus fu trattata dai quotidiani greci come un aneddoto marginale, e in toni tutto sommato ben poco creduli. In nessuna parte delle fonti, poi, si menziona esplicitamente Demetra, e dove sono presenti identificazioni della vecchina, queste sono sempre in chiave cristiana (insomma, non c’è nemmeno la pseudo-santa Demetra).


Il racconto, invece, ha davvero molto in comune con alcune leggende metropolitane circolate in tutta Europa nella prima metà del Novecento, e, come scrive acutamente Braccini, non ha nulla di specificamente greco, se non il fatto di essere stata legata a sante venerate dal Cristianesimo greco-ortodosso, ossia a una tradizione, se non moderna in senso stretto, comunque “recente”.


Si tratta di un concetto che, come appassionati di leggende contemporanee, potremmo fare nostro: occorre sempre andar molto cauti nel credere alla stabilità della trasmissione di una leggenda, soltanto perché disponiamo di alcune (rare) fonti letterarie che la menzionano.


Ad ogni modo, come dicevamo, la storia della vecchina ferma-autobus del 1940 non spunta come un fungo dall’immaginario greco, ma fa parte di una serie di leggende analoghe diffuse in tutto il mondo fin dalla fine dell’Ottocento, che spesso parlano di profezie di guerra, vecchine misteriose e insoliti vaticini pronunciati sui mezzi pubblici. Braccini ne ha scovata una particolarmente simile, un aneddoto riportato in coda a una cosiddetta lettera dal cielo (L’unica vera lettera di Gesù Cristo, in circolazione almeno dal 1890):


Recente miracolo della Madonna Addolorata, dell’ultimo giugno 1889. Comparve alla stazione ferroviaria di Ancona una donna vestita di nero la quale diceva di andare a Roma, e che non aveva i mezzi. Intanto partiva il treno, arrivato a un punto non poté più camminare, non ostante esservi aggiunte altre cinque macchine. Allora il Cavaliere Morelli che trovavasi nel treno, ricordandosi della signora vestita a nero, scese dal treno e si portò ad essa dicendole: Signora favorite nel treno che pagherò tutto per voi. E pagò lire 47 per i primi posti per essa sola, essendo desiderio della Signora di voler viaggiare sola. Miracolo onnipotente, al salire della signora nel treno, immediatamente camminò e in pochi minuti giunse a Roma con gran meraviglia di tutti. Nel volersi il Cavaliere licenziarsi dalla Signora che aveva beneficata e non avendola più riveduta nel posto, trovò 2000 lire in carta monetaria, ed un biglietto scritto in carattere d’oro che diceva: Io sono l’Addolorata, dico al popolo del mondo che non si vuol rimettere che il manto mio è ferito, e non posso più aiutarlo.

Braccini ha ragione, probabilmente, a inquadrare la vicenda della vecchina ferma-autobus nell’ambito delle leggende contemporanee. In particolare, la storia riportata ci sembra possa costituire un complesso punto d’incontro fra diversi temi del folklore moderno:


  1. Le profezie di guerra;

  2. Le storie su profezie pronunciate a bordo di mezzi pubblici;

  3. Le storie di autostoppisti fantasma soprannaturali;

  4. Il mezzo che si ferma “miracolosamente”.


Quanto al primo filone potremmo fare un lungo elenco di profezie di guerra diffuse sia nella Prima, sia nella Seconda Guerra Mondiale. L’incertezza sull’esito dei due conflitti stimolò leggende che contenevano spesso una rivelazione finale ad opera di una figura soprannaturale o religiosa (ne è un esempio la dama bianca degli Hohenzollern). In Italia, nel 1915, ebbe parecchio successo la vicenda del frate che profetizzava la fine del conflitto per il maggio di quell’anno: nel finale del racconto, il veggente si rivelava essere sant’Antonio da Padova. Assai diffuso negli Stati Uniti, soprattutto nel periodo successivo all’attacco giapponese a Pearl Harbour, ma anche in Europa, subito prima della guerra, fu il racconto del cadavere nell’automobile:


Un uomo aveva dato un passaggio a un’anziana signora, che aveva profetizzato: “entro oggi ci sarà un cadavere nella tua auto, e Hitler sarà morto entro sei mesi”. La vecchina era poi scomparsa, ma il guidatore quel giorno si era trovato ad assistere a un incidente e a trasportare un ferito verso il più vicino ospedale; la vittima era però spirata durante il viaggio, avverando così la prima parte della profezia e rendendo in qualche modo credibile l’annuncio della fine di Hitler entro breve tempo.


Il secondo filone è, in un certo senso, un caso particolare del primo. Pavlos Paleològos si sbagliava: figure dotate di straordinari poteri profetici viaggiavano sui mezzi pubblici a motore almeno dai tempi della Prima Guerra Mondiale. Ecco ad esempio una storia che avevamo già segnalato nella nostra rubrica Il Gianduiotto Scettico (n, 15, 5 luglio 2018):


Ieri nel pomeriggio tra un gruppo di passeggeri viaggianti sopra un tram milanese si accese una discussione - dove e quando non si discute sull’argomento? - sulla guerra e sulla possibile durata delle ostilità. Una vecchia popolana - capelli bianchi, volto rugoso le mani stecchite; spalle ravvolte in uno scialle variopinto - intervenne ad un certo punto nel dibattito per esprimere la sua opinione. - Avete torto tutti, disse: la guerra sarà finita fra tre mesi. Ve lo posso assicurare… La dichiarazione ebbe un’accoglienza assai allegra tra l’uditorio. Ma la vecchia doveva sbalordire gli increduli poco dopo esclamando: - È tanto vero quello che io affermo come è vero che, in questo momento, il bigliettario di questo tram ha nella borsetta né un soldo di più né un soldo di meno di diciassette lire e cinquanta centesimi… Il bigliettario fu chiamato dai passeggeri e, per poter meglio ridere della profezia dell’ignota, fu invitato a contare il denaro che aveva nella borsa. La vecchia aveva indovinato: nella borsa c’erano diciassette lire e cinquanta centesimi. Un signore presente volle notare il nome della - auguriamolo, almeno! - perfetta indovina assicurandole che, se la profezia si avverasse, le avrebbe dato un segno generoso della sua soddisfazione. (L’Azione, Novara, 26 novembre 1915)

Negli anni ‘70-‘80, invece, le vecchine profetizzanti dovevano essere diventate più ricche, perché potevano permettersi di viaggiare in taxi (Milano, 1977; Campania, 1980-81).


Nel terzo filone, invece, rientrano gli incontri con vere e proprie figure religiose (l’angelo, la santa, la dea), che chiedono passaggi in auto e dispensano profezie. Eccone tre esempi.


Nell’autunno 1982, diverse persone in Baviera cominciarono a riferire incontri con un autostoppista che si rivelava essere l’arcangelo Gabriele; questo, prima di scomparire, annunciava che nel 1984 ci sarebbe stata la fine del mondo. Secondo caso: nel 1941, una suora saliva sui taxi di grandi città americana come New York e Chicago, annunciava che la guerra sarebbe finita entro tre mesi e poi si faceva portare davanti a un convento o a un ospedale intitolato a santa Francesca Cabrini; alla fine del racconto, il taxista scopriva con stupore che la sua passeggera non era altri se non la santa stessa. Il terzo esempio è costituito dalle apparizioni di una donna con i vestiti pieni di cenere agli automobilisti della zona del Monte St. Helens, sulla costa pacifica degli Stati Uniti, dove nel maggio 1980 si era verificata un’eruzione disastrosa. A quelli, la dama bianca annunciava una seconda e più grave catastrofe dello stesso genere per il mese di ottobre. La profetessa era, almeno in una parte dei racconti, identificata con Pele, la dea hawaiana del fuoco.


Veniamo infine al quarto filone, quello dei mezzi fermati “miracolosamente”. Il racconto greco presentato da Braccini ha infatti anche una dimensione “tecnica”: quello che si blocca inspiegabilmente è, prima che altre cose, un mezzo moderno, l’autobus. Questa irruzione della tecnica è tipica dell’immaginario degli anni fra le due guerre mondiali, quasi un anello di congiunzione fra leggendario tradizionale e miti legati alle mirabolanti supertecnologie belliche.


Prendiamo il tema del raggio della morte, anticipato dalla letteratura di fantascienza e dalla cultura di massa (come ha mostrato bene William J. Fanning in Death Rays and Popular Media 1876-1939, Mc Farland & Company, 2015): si trattava, secondo i racconti, di un’arma in grado di arrestare di colpo i motori di aerei, carri armati, camion e automobili, bloccando le capacità militari degli avversari. Le voci sulla sua scoperta (e applicazione) erano diffusissime proprio alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Sentiamo cosa scriveva al riguardo La Stampa del 25 gennaio 1939 (ma la fonte primaria dovrebbe essere il quotidiano danese Politiken del 24):


Copenaghen, 25 gennaio. - I giornali riportano da Aarhus che uno strano fenomeno sul quale è stata aperta un’inchiesta, si è prodotto nel piccolo paese di Fonia (in realtà era l’isola di Fionia , NdA). Otto automobili e una motocicletta sono state fermate nello spazio di tre ore nello stesso punto della strada e i loro motori sono stati incapaci di riprendere la marcia malgrado gli sforzi compiuti dai rispettivi proprietari. Solo dopo lunga attesa i veicoli potevano rimettersi in moto. Si fa l’ipotesi che una specie di “raggio della morte” abbia prodotto il fenomeno, ma un medico che si trovava fra gli automobilisti crede più semplicemente che debba trattarsi di un fenomeno elettrico provocato da particolari condizioni dell’atmosfera in quel punto ed a quell’ora particolarmente densa e umida.

Il 6 aprile dello stesso anno, il quotidiano canadese RIvers Gazette raccontò che le storie sull’isola, nella zona intorno a Odense, proseguivano, e che circolavano voci su un uomo che sperimentava di nascosto uno strano apparato elettrico.


Il motivo dei motori che si arrestano misteriosamente, già così presente nella cultura popolare interbellica (gli anni 1937-39 pullulano di storie simili), dopo la Seconda Guerra Mondiale sarà rapidamente incorporato nella nuova, pervadente mitologia dei dischi volanti. I sistemi propulsivi dei dischi interferiscono con le nostre tecnologie elettriche, affermeranno a partire dal 1947 giornali e testimoni. La fusione perfetta dei due temi si avrà nel primissimo film di successo sui dischi volanti, The Day the Earth Stood Still, uscito nell’autunno 1951 (in italiano è Ultimatum alla Terra): qui, un blocco globale dell’energia elettrica è usato dal pilota di un’astronave in missione sulla Terra a scopo di ammonimento politico e per lanciare un messaggio pacifista. Insomma, l’idea di un blocco di motori e mezzi pubblici attraverso mezzi non convenzionali era qualcosa che poteva già essere nell’immaginario di un uomo del 1940, che forse aveva già orecchiato parecchie notizie sui misteriosi raggi della morte e su altri dispositivi simili.


La storia della vecchina ferma-autobus è quindi una leggenda esplorabile lungo linee diverse: la funzione anti-ansia delle profezie di guerra, l’analogia con racconti simili di profezie su mezzi pubblici (che sono, in un certo senso, alla portata di tutti), l’idea del premio/punizione in funzione del comportamento tenuto nei confronti del personaggio di turno, quella del santo o dell’essere “superiore” che viaggia in incognito, il motivo ricorrente del blocco del motore… Tutti temi ampiamente presenti nelle leggende contemporanee, senza dover scomodare divinità millenarie.


In evidenza: una fermata di autobus ad Atene, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale (fonte: https://elladastinkardiamou.tumblr.com/post/102386179917/athens-1950s)






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