Articolo di Sofia Lincos
Era l'estate del 1934. Il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt aveva da poco varato il New Deal e nel Paese le aziende faticavano a mantenersi a galla, colpite dalla devastante recessione economica iniziata nell’autunno del 1929 e poi aggravatasi. Per uno dei più importanti produttori di tabacco di quella nazione, però, c'era una preoccupazione in più:
[...] Nel New England, a New York e nelle città su e giù lungo la costa atlantica all'inizio dell'autunno 1934 una campagna di dicerie scoppiò all'improvviso. La saettante lingua della maldicenza portò la macabra storia di città in città. In pochi giorni l'intera nazione mormorava: "un lebbroso è stato scoperto tra gli operai della fabbrica di sigarette Chesterton a Richmond, in Virginia". (Tomorrow, 1948)
Le vendite delle Chesterfield colarono a picco. I consumatori preoccupati di contrarre la lebbra accendendosi una semplice sigaretta si rivolsero ad altre marche. L'inquietudine dei produttori - rappresentati all'epoca dalla Liggett & Myers Tobacco Company - è evidente dalle numerose smentite che si susseguirono rapidamente sui quotidiani dell'epoca. La compagnia spinse anche il sindaco di Richmond e il suo Dipartimento per la salute pubblica a rilasciare una dichiarazione ufficiale in cui si affermava che era stata conclusa un'indagine al riguardo e che non era stata scoperta la presenza di nessun caso sospetto:
[...] Ribadiamo con fermezza che le malevole, maligne, subdole e infondate dicerie riguardo alla salute pubblica testé circolate [...] non hanno il minimo fondamento nella realtà e sono bugie fabbricate di sana pianta.
Per l'azienda si trattava di una mossa posta in atto da qualche concorrente, o forse da qualche gruppo religioso anti-fumo (le crociate per la moralità, tradizionali in America, non coinvolgevano solo alcoolici e gelaterie). La Liggett & Myers promise 1000 dollari alle prime venticinque persone che potessero aiutare a localizzare i diffamatori. Eppure, nessun colpevole venne individuato. Snopes riporta alcune dichiarazioni al vetriolo rilasciate dai produttori. Ecco un esempio:
Non abbiamo nulla contro la legittima concorrenza, ma attacchi codardi di questo tipo non hanno alcun posto nel mondo degli affari e nella società americana.
Il Museum of Hoaxes, che ha approfondito la storia, presenta un'interessante immagine pubblicitaria delle Chesterfield risalente al 1935 (la vedete di seguito). Sotto un pacchetto di sigarette, un dispositivo automatizzato per la loro fabbricazione campeggia la scritta: "macchinari come questi - nuovi e moderni in ogni aspetto - creano le Chesterfield".
Non si menzionano le voci sul lebbroso, ma il sotteso è evidente: minore il numero di operai impiegati nella manifattura, minori i rischi di contaminazione per il consumatore.
Difficile dire se ci fossero davvero diffamatori prezzolati dietro all'epidemia di voci che coinvolsero le Chesterfield (nello stesso periodo l'azienda stava combattendo un'altra diceria, quella che la voleva tra i finanziatori di Hitler attraverso una donazione da mezzo milione di dollari). Secondo il folklorista Gary Alan Fine, autore dello studio The Goliath Effect: Corporate Dominance and Mercantile Legends (The Journal of American Folklore, vol. 98, n. 387, gennaio-marzo 1985) potrebbe in qualche modo entrarci il cosiddetto “effetto Golia”, che in sostanza si può riassumere in questa affermazione: "la percentuale di leggende americane che si riferiscono all'azienda o al prodotto dominante in un particolare mercato è maggiore di quanto ci si aspetterebbe seguendo la casualità pura e semplice".
Detto in altri termini, è molto più probabile che una diceria o una teoria della cospirazione si concentri su marchi seguiti e al centro dell'attenzione generale piuttosto che su piccole aziende sconosciute: ne sono esempi celebri le voci sulla Coca-Cola, sulla birra Corona, sulla Procter&Gamble o su McDonald's. Nel 1934 le Chesterfield erano tra le sigarette più conosciute, quindi la diceria potrebbe esserglisi "attaccata" per un puro caso, non perché ci fosse dietro un piano di chissà chi.
Inoltre, quando la leggenda sull’operaio lebbroso di Richmond si diffuse, la storia non era una novità assoluta. Prima di allora, voci analoghe avevano interessato le sigarette importate dalla Cina. Per spiegare meglio questo aspetto è opportuno fare un piccolo passo indietro.
A metà del XIX secolo gli Stati Uniti erano uno dei grandi paesi produttori di tabacco, ma le sigarette non erano così diffuse. Nel 1897 metà del prodotto era ancora tabacco da masticare, il resto si consumava per lo più sotto forma di sigari. Le sigarette divennero popolari in Europa ai tempi della guerra di Crimea (1853-1856), e poi da lì spiccarono il balzo verso il Nuovo Mondo. Nel 1883 fu brevettata una macchina per l’arrotolatura automatica che rese il prodotto molto più economico dei consueti sigari.
Come tutte le novità, anche le sigarette non furono ben accolte: erano la versione "povera" del fumo abituale e un’innovazione che andava a minacciare un mercato consolidato. Fin da subito si levarono dubbi per la salute dei consumatori - formulati in termini assai diversi da quelli cui oggi noi siamo abituati. E' rimasta famosa al riguardo una lettera di Thomas Edison (grande consumatore di sigari e di tabacco da masticare) all'industriale Henry Ford:
Caro Ford, le componenti dannose delle sigarette derivano principalmente dalla combustione dell'involucro di carta. La sostanza così formata è chiamata "acroleina". Ha un'azione violenta sui centri nervosi, produce la degenerazione delle cellule cerebrali, che è ancora più rapida tra i ragazzi. A differenza della maggioranza dei narcotici, questa degenerazione è permanente e incontrollabile. Non assumo nessun lavoratore che fumi sigarette. (26 aprile 1914)
Al loro confronto, i sigari erano visti come l'alternativa "salutare", "tradizionale", "buona", contro quella nuova degenerazione che arrivava da Oriente; una cosa da uomini, dal momento che all'epoca fumare era illegale quasi ovunque per donne e ragazzi. Inutile dirlo, dove c'è una resistenza a una novità, il terreno diventa fertile per la crescita delle leggende metropolitane, e così fu anche nel caso delle sigarette. Si diceva ad esempio che contenessero oppio, che fossero fabbricate con i mozziconi già consumati raccolti e riciclati di nascosto e che la carta che li avvolgeva fosse imbevuta nell'arsenico, ma pure che fossero realizzate nei lebbrosari cinesi.
Il Museum of Hoaxes riporta un articolo del quotidiano Pennsylvania Chester Times uscito il 12 giugno 1882, in cui si ventilava l'ipotesi che la lebbra si diffondesse anche grazie alle sigarette:
Un medico che ha studiato la malattia afferma che sia pericoloso pensare che si possa contrarla solo dal contatto diretto. [...] Può essere presa usando una sedia o stando in una stanza che è stata occupata da una persona affetta da questo morbo, oppure usando un bicchiere o qualsiasi altra cosa che è stata toccata da un lebbroso. I taxi sono una fertile fonte di contagio. I lebbrosi vengono impiegati nei negozi di sigarette e di sigari economici, e si sa che molti casi della malattia sono sorti dal fumare i prodotti realizzati dalle mani colpite dalle piaghe.
Ancora più esplicito deve essere stato un breve articoletto pubblicato sullo Scientific American il 22 novembre del 1891 a firma di uno dei padri delle idee anti-vacciniste, nonché promotore del vegetarianesimo e della lotta alla crudeltà contro gli animali, l’inglese William Tebb (1830-1891). Non disponiamo del testo completo, ma la sua sostanza fu ripresa su diversi quotidiani dell'epoca, tra cui l’australiano The Brisbane Courier dell'11 gennaio 1892. Ecco come il quotidiano raccontava il pericolo:
In questo Paese consumiamo oltre quattro milioni di dollari di banane, oltre due di arance, oltre un milione e seicentomila frutti tropicali minori, oltre 15 milioni di dollari di tabacco e piccole quantità di altri prodotti simili, che arrivano da terre in cui la lebbra è ben conosciuta. Mi sono spesso attardato sui moli della Giamaica e ho visto diversi lebbrosi che si muovevano lì intorno trasportando banane dai magazzini alle navi da carico. Sono stato in un porto della costa meridionale cubana e ho visto un lebbroso, con sole tre dita rimaste sulla mano destra, e tutte divorate dal morbo, che arrotolava sigarette per l'esportazione. Le ricerche condotte in Norvegia dal dottor Armauer Hanser, scopritore del bacillus leprae, sono sufficienti a mostrare che le banane e il tabacco così maneggiati sono ben lontani dall'essere articoli sicuri per l'importazione. Anche prendendo speciali precauzioni per evitare di mangiare le parti esposte delle banane, ossia quelle non completamente coperte dalla pelle, il rischio - pur molto, molto basso - rimane. Le sigarette invece dovrebbero essere evitate completamente. Il prodotto realizzato in America è già dannoso a sufficienza di per sé; se il fumatore desidera sfidare la sorte, lasciamo che si accontenti di farlo con la merce locale. [...] Come possiamo essere protetti contro l'impiego di lebbrosi nel trasporto e nella manifattura del nostro cibo? Di sicuro si tratta di materia per il nostro ministero degli esteri.
Nell’immaginario collettivo le sigarette cinesi erano particolarmente pericolose. Nel 1889 il medico Charles A. Greene, autoproclamatosi "padre dell'omnipatia", scrisse un lungo saggio (The tobacco slave: and how to be liberated from its fetters) in cui si elencavano i tanti danni prodotti dal fumo. Tra questi veniva incluso anche il morbo di Hansen:
Il lebbroso non soffre dolori eccessivi fino a quando le dita delle mani e dei piedi non cadono. Quando le piaghe sono ancora sulle mani, i malati lavorano nelle fabbriche di sigarette cinesi dando così ampia diffusione all'infezione. Gli impiegati delle lavanderie fanno lo stesso.
E' quindi possibile che le voci sulle sigarette cinesi contaminate si siano poi trasformate - più o meno spontaneamente - nel rumor sulle Chesterfield.
Il viaggio di questa leggenda metropolitana però non finì con le Chesterfield. Negli anni '40 dicerie analoghe attaccarono anche le Spud, che furono le prime sigarette al mentolo commercializzate negli Stati Uniti. Alcune fonti sostengono che, a causa di queste voci malevole, l'azienda fallì nel giro di sei mesi. In realtà non andò proprio così, il marchio venne acquistato dalla Philip Morris.
La ricomparsa più eclatante dei nostri racconti, secondo il Museum of Hoaxes, risale tuttavia al periodo della guerra del Vietnam:
Si diceva che le sigarette alla marijuana facilmente disponibili a Saigon e fumate da molti soldati, erano rollate dai pazienti di un lebbrosario. Sembra che i malati svolgessero il loro lavoro alle linee di produzione in funzione del loro livello di disabilità. Quello più malato aveva il compito di leccare la carta per sigillare la canna. Alcuni soldati più scettici ritenevano che i sospetti fossero stati insinuati dai generali del Pentagono, come parte di una campagna antidroga.
La voce è riportata in un articolo del 29 dicembre 1970 del quotidiano Annapolis Evening Capital (GIs in Vietnam solve boredom by smoking marijuana). Era accompagnata da una lunga schiera di dicerie sui rischi sanitari per i soldati in Vietnam: tanto per menzionarne due, il temutissimo e incurabile "scolo nero", e il sospetto che le prostitute locali nascondessero lamette e altri oggetti appuntiti nei genitali per ferire i militari americani durante l'atto sessuale.
Tra voci di malattie veneree, di trappole mortali tese da prostitute vietcong e di sigarette alla lebbra, agli uomini dell'esercito più potente del mondo rimaneva ben poco per divertirsi.
Da tutto ciò l’Italia non restò immune. La leggenda delle sigarette infettate dalla lebbra in qualche modo pare abbia toccato anche il nostro Paese. Agli inizi degli anni ‘80 la tremenda malattia da noi stava per diventare un ricordo. I nuovi casi erano quasi inesistenti, e una singola diagnosi faceva notizia sulle prime pagine dei quotidiani. Così avvenne nella primavera del 1981, quando un caso fu scoperto in una delle città più avanzate del Paese, Reggio Emilia.
Il 25 maggio di quell’anno, sul Corriere della Sera il giornalista Vittorio Monti fece il quadro della situazione, soprattutto per raccontare dei pochi lebbrosari ancora attivi e dei mille malati che ancora vi vivevano da reclusi. Andò anche presso l’istituto che si trovava a Gioia del Colle, presso Bari. Nel parlare di una battaglia ormai quasi vinta, un medico fece una confessione che riguardava lui stesso. Se non era esattamente la leggenda delle sigarette fabbricate da lebbrosi,qualcosa che le somigliava:
I pregiudizi, le paure, sono duri da abbattere. Io stesso, nei primi tempi, ricorrevo a mille precauzioni stupide. Giungevo ad aprire il pacchetto delle sigarette a rovescio, perché il filtro che mettevo in bocca restasse riparato. Tutte sciocchezze, adesso gioco a briscola con gli ammalati.
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