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La réclame è una leggenda metropolitana?


articolo di di Paolo Toselli

A inizio estate 2022 è andata in onda in tv una pubblicità in cui una coppia in auto discute su dove andare in vacanza. All’improvviso sui sedili posteriori appaiono dal nulla due noti meteorologi televisivi (padre e figlio) che, dopo aver rassicurato i giovani sul meteo, li invitano a utilizzare un motore di ricerca specializzato per prenotare l’albergo con l’offerta più conveniente. I due si girano per ringraziare soddisfatti, ma i meteorologi sono letteralmente scomparsi dall’abitacolo.

Appena ho visto questo spot, mi è balzata in mente la scena di una delle tante versioni della ben nota leggenda dell’autostoppista fantasma, di cui abbiamo scritto più volte sul sito del CeRaVoLC (per esempio, qui, qui e qui).


Come non associare, a seconda dei casi, i consigli dei meteorologi a quelli della vecchietta o dell’essere sovrannaturale che dopo aver lanciato i loro avvertimenti profetici si volatilizzano? Manca il particolare del passaggio dato a una persona raccolta a bordo della strada, ma la suggestione, mi sia concesso, è significativa.

La pubblicità si è impossessata anche delle leggende metropolitane? Beh, i casi non sono così frequenti, ma ce n’è almeno un altro che merita raccontare.

Qualcuno ricorderà lo spot trasmesso sotto forma di minifilm nella primavera 1995 sulle reti televisive nazionali in cui un ragazzo andava ad acquistare dei profilattici salvo poi, giunto sulla porta di casa della ragazza con cui aveva I'appuntamento la sera stessa, scoprire che I'uomo da cui aveva fatto I'acquisto era il di lei padre.

Si trattava della pubblicità della Levi's Strauss, l’azienda con un nome che in tutto il mondo è sinonimo di jeans. In quel periodo la Levì's aveva deciso di spostare il tiro dalla semplice pubblicizzazione dei jeans attraverso bellissimi filmati, a spot che in qualche modo toccassero argomenti "sociali".

Il video, (un frame nell'immagine in evidenza), realizzato da un regista francese famoso come Michel Gondry, è ambientato in una tipica cittadina del Middle West americano nei primi anni '30 del secolo scorso. Un giovane entra in un drugstore, compra una scatola di preservativi e se la infila nel taschino dei jeans, tra l’imbarazzo di una signora presente e un compiaciuto sorrisetto del titolare del negozio. Il ragazzo non sa che l’uomo è il padre della ragazza con cui ha appuntamento per uscire. Così, quando se lo ritrova davanti, perde d’un tratto tutta la sua baldanza. Lei, invece, è impassibile: liquida le obiezioni paterne ed esce allegra col suo boy.

Ma esiste anche una versione al femminile - pare non trasmessa in Italia - dove è la fanciulla che va a comprare i preservativi e il proprietario del negozio si rivela essere il padre del ragazzo.


“Drugstore” era il titolo del cortometraggio in cui si esaltava la polivalenza del watchpocket (quel taschino piccolissimo proprio sopra l’imboccatura della tasca). I ragazzl lo avevano apprezzato e le reti televisive anche, tant'è che da noi lo spot aveva vinto un Telegatto (com’era noto il Gran Premo Internazionale dello Spettacolo del settimanale TVSorrisi e Canzoni) per la sua categoria, ma l’anno prima si era aggiudicato un Leone d'oro a Cannes. Nel 2004 è stato inserito nel Guinness dei primati per aver vinto il maggior numero di premi di tutti i tempi!

Chi di voi si è accorto che la storia ricalca una classica leggenda, ben nota negli Stati Uniti? Questa la versione menzionata da Jan Harold Brunvand nel suo libro del 1986 The Mexican Pet (trad. it. Leggende metropolitane, Costa & Nolan, Genova, 1988).


Un giovane ha un appuntamento al buio con una ragazza davvero carina con cui spera di riuscire a far qualcosa. Così decide di andare preparato a qualsiasi evenienza. Nel corso della giornata quindi si ferma ad una farmacia per comprare dei preservativi. Agitato e ansioso, dice al farmacista che stasera riuscirà a metterlo a segno con quella pollastrella, ehi, ehi, e così via. Quando arriva la sera davanti alla casa della ragazza, il padre lo accoglie alla porta, ed è il farmacista da cui ha comprato i preservativi.

"La storia - precisava Brunvand - era popolare negli anni Quaranta e Cinquanta, quando i giovani dovevano superare un grande imbarazzo per comprare ì preservativi e si usavano eufemismi per richiederli. La considero quindi una leggenda urbana piuttosto sorpassata, ma parecchi lettori dei miei primi due libri mi hanno scritto chiedendomi perché non ne avevo parlato.”


Mentre nel nostro paese questa storiella è circolata perlopiù come una sorta di barzelletta, nel 1994 fu raccontata in una lettera indirizzata alla nota opinionista statunitense Ann Landers (pseudonimo di Eppie Lederer) come accaduta realmente al firmatario della missiva, un uomo residente in California. Coincidenza, oppure il presunto protagonista si era ispirato alla pubblicità della Levis?


Ma, per tornare all’Italia del 1995, una nuova leggenda stava per innescarsi proprio a seguito della messa in onda dello spot. Quando questo fu ritirato dal nostro circuito televisivo, qualcuno malignò che la decisione fosse stata presa a seguito dell'emanazione dell’enciclica di papa Giovanni Paolo II Evangelium Vitae che alcuni avevano interpretato come un divieto alla vendita dei preservativi.

In verità le cose stavano diversamente.

"La campagna cessa perché abbiano esaurito lo stanziamento previsto per questa operazione pubblicitaria", dichiarò Tullio Portone, amministratore delegato della Levi's Strauss Italia in un'intervista rilasciata a La Repubblica.

"Non c'è nessuna connessione con la decisione di alcuni farmacisti cattolici, le cui scelte rispettiamo, di togliere i profilattici dal bancone. Quella del profilattico è stata una scelta strategica All'inizio del '94 la Levi's ha commissionato a un istituto inglese una ricerca su un campione di giovani europei. (…) Le maggiori preoccupazioni sono risultate, nell'ordine: disoccupazione, droga, inquinamento, Aids. Successivamente, i creativi dell’agenzia BBH di Londra che firma la campagna dei nostri jeans, hanno scelto per il nuovo spot il tema della prevenzione dell'Aids perché era quello che si prestava più facilmente alla storia."

Insomma, come in tutte le leggende che si rispettano, c’era il colpo di scena finale.








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