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La leggenda dell’ombretto radioattivo

Aggiornamento: 6 giu


Articolo di Sofia Lincos


Nel 2005, il fotografo giapponese Yoshio Itagaki ha dedicato una serie di scatti alle leggende metropolitane. Sul suo sito, potete vedere quelle scelte per il progetto, che viene presentato così:


Questa serie tratta di favole o di quelle che oggi vengono comunemente chiamate leggende metropolitane. Sono particolarmente incuriosito dal fatto che una leggenda sia un riflesso senza censure dei nostri desideri, paure, aspettative e curiosità. Come un messaggio anonimo postato su un forum di Internet, le leggende metropolitane rivelano i veri pensieri delle persone su argomenti delicati come il sesso, la morte, la religione e il politicamente scorretto. Una leggenda tende a cambiare ogni volta che qualcuno la racconta a un altro, come nel gioco del "telefono senza fili". Una leggenda permette sempre al narratore di metterci dentro i suoi sentimenti e le sue opinioni. Indipendentemente dal fatto che la vicenda sia basata su un evento reale o sia finzione, una leggenda metropolitana diventa un racconto che riflette le nostre voci. Il mio obiettivo è rappresentare ed esplorare il nostro fascino per queste leggende.

Alcune delle storie selezionate da Itagaki sono perfettamente riconoscibili anche al pubblico italiano:

  • I bicchieri da champagne sono modellati sulla forma del seno di Maria Antonietta;

  • La Coca-Cola è uno spermicida efficace;

  • L’attrice che ha interpretato Jill Masterson nel film Goldfinger di James Bond è morta per asfissia dopo essere stata interamente coperta di vernice dorata.


Ci sono poi un paio di leggende giapponesi come quella del Babbo Natale crocifisso e di Kuchisake Onna (descritta come: “La sua bocca fu e accidentalmente tagliata durante un intervento di chirurgia estetica; spaventa i bambini mostrando la bocca e li uccide con la sua falce”), e altre dal sapore più americano, come la vera origine della statua della Libertà (che secondo alcune teorie avrebbe dovuto rappresentare la liberazione dalla schiavitù e mostrare una modella di colore), i rapimenti di bambini e il complotto del Second Coming Project (un presunto programma che si proporrebbe di clonare Gesù a partire dalle sue reliquie).


Particolarmente interessante però è anche la fotografia Ombretto radioattivo, descritta così:


Uno scienziato nucleare ha ucciso sua moglie dopo che questa aveva avuto una relazione col vicino. Lo scienziato ha sostituito l'ombretto della moglie con un composto di uranio, fino a portare alla morte di quest’ultima per avvelenamento da radiazioni.

La leggenda è abbastanza sconosciuta in Italia, ma sembra ricalcare storie diffuse in tutto il mondo di vendette da parte di uomini o donne traditi. Cominciò a circolare negli anni Duemila come parte di un elenco satirico inviato via email, riguardante i dieci (o venti) peggiori crimini investigati dall’FBI nell’anno appena trascorso. Ovviamente ad ogni iterazione della catena di sant’Antonio variava l’anno, il numero di casi e anche qualche dettaglio degli stessi.


Nella maggior parte delle versioni, la storia dell’ombretto radioattivo era raccontata così:


Helena Simms, moglie del famoso scienziato nucleare americano Harold Simms, è stata uccisa dal marito dopo aver avuto una relazione con il vicino. Per tre mesi Harold ha sostituito l'ombretto di Helena con un composto di uranio altamente radioattivo, fino alla sua morte per avvelenamento da radiazioni. Sebbene abbia sofferto di numerosi sintomi, tra cui la perdita totale dei capelli, lividi sulla pelle, cecità, nausea estrema e persino un lobo dell'orecchio caduto, la vittima non è mai andato allo studio di un medico o in un ospedale per un controllo.

In questa versione (in cui l’autenticità della notizia sembra garantita dall’apparente ricchezza di dettagli) l’assassino ha un nome, il che rende ovviamente molto più semplice un fact-checking (no, non esiste nessun “famoso scienziato” di nome Harold Simms).


Snopes, che nel 2007 pubblicò un breve debunking dell’elenco in questione, notava inoltre:


No, l'FBI non pubblica un elenco annuale dei "Top venti omicidi". Se già la pura e semplice stupidità di alcune di queste voci (ad esempio, l’uomo che "annega" per aver bevuto troppa Coca-Cola), l'ortografia e la grammatica atroci e l'uso di vocaboli non americani [...] non bastano a far capire che questa lista è solo un pezzo umoristico, considerate che la maggior parte degli omicidi descritti non sono crimini federali e non comportano un attraversamento dei confini tra stati, e che quindi l'FBI non verrebbe chiamata a indagare su di essi.

Altri omicidi erano chiaramente surreali, come quello di un uomo ucciso dalla moglie (stanca delle sue pratiche sessuali estreme) tramite un vibratore, quello di un barista assassinato dalla mafia russa per aver portato via troppo presto il bicchiere di un gangster, un addetto ai cetacei di Sea World Florida ucciso da un collega facendogli cadere dall’alto un’orca assassina…


Il 23 dicembre 2003 una versione ridotta dell’elenco dell’FBI comparve sul Weekly World News, tabloid noto per pubblicare vicende folli e a sensazione, spesso inventate di sana pianta (a volte scambiate, però, per genuini episodi di cronaca, come nel caso dei 23 soldati russi pietrificati da un’astronave aliena). Gli omicidi selezionati dalla rivista erano i seguenti:


  • Meegan Fry, 44 anni, fu uccisa da quattordici agenti di polizia mentre vagava in una città finta ricostruita come poligono per addestramento a fuoco. Vedendo i soldati che camminavano lentamente lungo la strada, Fry saltò fuori di fronte a uno di loro urlando: "Boo!" Gli agenti, pensando che si trattasse di un bersaglio pop-up, spararono 67 colpi, di cui almeno 40 andarono a segno. "Sembrava solo un bersaglio molto realistico", dichiarò uno dei soldati nel suo rapporto.

  • Debby Mills-Newbroughton, 99 anni, fu uccisa mentre attraversava la strada. Avrebbe compiuto 100 anni il giorno seguente ma, mentre camminava con la figlia per andare alla festa di compleanno, la sua sedia a rotelle fu investita dal camion che consegnava la torta di compleanno.

  • Peter Stone, 42 anni, fu assassinato dalla figlia di 8 anni, che aveva appena mandato in camera sua senza cena. La giovane Samantha inserì rapidamente 72 compresse di veleno per topi nel caffè del padre mentre quello preparava la cena. Il padre bevve un sorso e collassò. A Samantha Stone fu concessa una sospensione della pena poiché il giudice pensò che non si fosse resa conto di ciò che stava facendo -almeno finché non cercò di avvelenare sua madre usando lo stesso metodo, il mese seguente…

  • Michael Lewis, in collera con il suo fidanzato, usò il film Die Hard - Duri a morire come ispirazione per la sua vendetta. Drogò il suo ragazzo, Tony Berry, fino a ridurlo in uno stato quasi catatonico, poi gli mise al collo un cartello a sandwich che da un lato diceva "Morte a tutti i negri!", e dall’altro "Dio ama il KKK". Lewis portò la vittima nel quartiere afro-americano di Harlem e lo lasciò lì. Due minuti dopo Berry era morto.

Casualità inquietanti, modalità sopra le righe, moventi futili e vendette: questi gli elementi ricorrenti nei delitti in lista. L’ultimo omicidio in elenco, ovviamente, era quello di Helena Simms e dell’ombretto radioattivo.


Ci sarebbe da chiedersi perché tra tutti gli omicidi della lista questo sia quello più ricordato, tanto da finire in tutte le versioni della catena di sant’Antonio, nella selezione del Weekly World News e nel progetto fotografico di Yoshio Itagaki. Forse si è trattato solo di un caso;, oppure, forse, sono alcuni elementi della trama a renderen la narrazione decisamente forte: la vendetta messa in atto dal partner tradito (tema centrale di moltissime leggende metropolitane, come quella della Porsche da 50 dollari o della telefonata di vendetta); la punizione abnorme rispetto alla colpa commessa (anche questo un elemento comune a molte altre storie, come nella vicenda della donna della chiave); la modalità dell’omicidio, particolarmente crudele (premeditato, e portato a compimento non in maniera istantanea, ma giorno dopo giorno, per tre mesi)...


In più, l’idea che si possa inserire uranio radioattivo all’interno di oggetti di uso comune solletica la nostra paura delle adulterazioni di cibi e cosmetici (ancora, elemento comune a moltissime leggende, da quella del burro di cacao a base di sperma di maiale a quella del formaggio fatto con manici di ombrello grattugiati). E dire che, nella prima metà del Novecento, creme di bellezza e dentifrici venivano davvero addizionati con il radio e con altri elementi radioattivi (o almeno, così venivano pubblicizzati). Ai tempi della nostra leggenda, invece, l’uranio aveva già acquistato la sua triste fama, diventando sinonimo di avvelenamento da radiazioni - e, dunque, un elemento altamente simbolico, ideale per una leggenda metropolitana.


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