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Mary la sanguinaria: rituali allo specchio/ 1


articolo di Paolo Toselli

Esistono leggende metropolitane che si rifanno a particolari rituali più o meno antichi. Una in particolare, abbastanza diffusa tra gli adolescenti di varie nazioni, li vede protagonisti a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, mentre in Italia, più recentemente, ha preso piede una variante decisamente singolare. Mi riferisco all’evocazione, davanti a uno specchio, in una stanza buia, di un’entità sovrannaturale. Chi avrà il coraggio di ripetere più volte il suo nome rischia di affrontare tragiche conseguenze: lo spirito potrebbe uscire dallo specchio e assalire chi ha osato risvegliarlo.


Il rituale è ben noto in tutti gli Stati Uniti, soltanto con il nome dello spirito che cambia di volta in volta. Le varianti includono nomi come Mary Whales, Mary Worth, Mary Worthington, Mary Johnson, Mary Lou, Mary Jane e Bloody Mary.


L'origine dei nomi non è chiara, né lo è la genesi delle narrazioni che li accompagnano. La tradizione vuole che venga ripetuta 3, 5, 13, 20 volte la frase "Io credo in …" o anche "Odio …“. In molte occasioni si dice che "Mary" uscirà dallo specchio per graffiare il viso di chi l’ha evocata, ma il motivo per cui qualcuno dovrebbe richiamare questa azione raramente è spiegato.


La prima a dedicare uno studio accademico a questa leggenda fu la folclorista statunitense Janet Langlois, scomparsa lo scorso maggio, col saggio "Mary Whales, I Believe in You: Myth and Ritual Subdued” pubblicato nel 1978 sulla rivista Indiana Folklore.


Per analizzare le interrelazioni tra mito e rituale, Langlois utilizzò le narrazioni raccolte da alcuni studenti di una scuola cattolica sperimentale per bambini neri di Indianapolis. La “leggenda/gioco”, come la chiamava Langlois, era ben nota tra un gran numero di studenti, anche se magari non vi avevano partecipato di persona. Il nome e la storia individuale dello “spettro” poteva variare. Così, per le ragazze del Wisconsin meridionale Mary Worth era una donna sfigurata in un incidente stradale, mentre in altri casi poteva essere una strega bruciata durante i processi di Salem (quelli celebri del 1692-1693). Secondo altre varianti era di origine africana, in qualche modo collegata a un culto, e altre volte ancora, una donna uccisa da un marito geloso.


Bloody Mary infesta il mondo intero (o quasi)


Il rituale per far uscire dallo specchio colei che in quel caso è nota come "Svarta Madame" è ben noto tra gli adolescenti anche in Svezia, come ha spiegato il folclorista ed etnologo Bent af Klintberg nel suo saggio del 1988 “Black Madame, come out!”. A partire dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso, inoltre, la pratica di evocare "Krvavá Máří" si è diffusa anche tra i giovani cechi). Una particolare variante nota come "Regina di Picche" circola invece da diversi decenni in Russia ed Estonia, come riferisce la folclorista Marina Bayduzh.


Utilizzando la carta da gioco corrisponente alla regina di picche bisogna mettersi davanti a uno specchio affiancato da due candele. Sul vetro si disegna col rossetto una scala. A quel punto la Regina può materializzarsi come una scintilla che scende gli scalini o una donna vestita di nero che si avvicina. Bisogna essere pronti a cancellare l’ultimo gradino per evitare che lo spettro possa uscire dallo specchio e far del male a chi l’ha evocato.


Le storie con protagonista Bloody Mary e le sue emuli sono connesse con quelle di un’altra ben nota figura spettrale del folclore: La Llorona. La donna che piange è una presenza costante fra le famiglie ispaniche della California meridionale e del Messico. .


Secondo una delle tante varianti della leggenda, una giovane si era innamorata di un uomo ricco con cui ha avuto tre figli, ma lui si era rifiutato di sposarla a causa del suo status umile. Ci avrebbe ripensato soltanto se i bambini non fossero stati di intralcio. Per riconquistare il suo amore, la ragazza aveva annegato i figli nel fiume. Ma anche dopo questo tremendo sacrificio, l’uomo aveva sposato un'altra, e lei era impazzita dal dolore. Ora La Lllorona vaga per i corsi d'acqua alla ricerca dei figli. Si dice che la sua apparizione sia presagio di morte e di sfortuna. In diverse versioni, La Llorona ha un nome: Maria. Il collegamento di Bloody Mary con specchi e bagni sembra richiamare le associazioni con l'acqua tipiche della Llorona. In molti racconti, la Llorona non ha più gli occhi perché si sono dissolti nelle sue lacrime e il viso è in qualche modo deturpato. Ecco perché guardarla in faccia di solito significa morte certa o sfregio.


Assai interessante, al riguardo, è un articolo del New Yorker del 25 febbraio 1967. in cui la scrittrice Renata Adler riportava la testimonianza di due ragazze adolescenti frequentatrici della Sunset Strip di Los Angeles. Durante la loro infanzia, trascorsa in una casa-rifugio per minori, circolava una storia diffusa tra le detenute messicane. Una donna aveva ucciso i suoi figli in un momento di follia indotto dalla sifilide di cui si era ammalata. Se gridavi davanti a uno specchio cinque volte “La Horona!”, lei sarebbe apparsa per terrorizzarti. Storie e motivi folcloristici che si mescolano e si intrecciano nel travagliato mondo adolescenziale femminile.


La ricaduta nel cinema e in tv


In più, come ricorda Fabio Camilletti, “da sempre il gotico e l’horror hanno pescato dal folclore – reale o inventato al bisogno – come risorsa di temi e motivi, e a partire dagli anni ’90 anche l’influenza del folclore urbano è diventata esplicita”.


Ed è proprio così: vari film horror degli anni ’90 iniziano con due adolescenti intente a spaventarsi a vicenda con aneddoti paurosi. E la leggenda di Bloody Mary, con tutte le sue varianti, è servita come ispirazione per film e per serie televisive che trattano il soprannaturale. Prima fra tutte, la pellicola Candyman, di Bernard Rose (1992), in cui il protagonista, che si incarna nella classica leggenda, viene presentato in questi termini da una studentessa universitaria: “Ebbene, la sua mano destra è stata segata. Ha un gancio incastrato nel moncone sanguinante. E se ti guardi allo specchio, e dici il suo nome cinque volte, lui apparirà dietro di te con il fiato sul collo. Vuoi provarlo?”.


Il film ha avuto due sequel: Candyman 2 - L'inferno nello specchio (1995) e Candyman - Il giorno della morte (1999). E ad agosto di quest’anno, diretto da Nia DaCosta, è arrivato nelle sale il quarto capitolo della serie che si rifà alla storia originale del 1992.


Ne avevo parlato in un mio articolo apparso sul n. 9 di Tutte Storie, che è stata la storica, nostra rivista edita fra gli anni '80 e gli anni 90.


Urban Legends: Bloody Mary (2005), di Mary Lambert, si discosta dalla trama dei due precedenti della serie concentrandosi piuttosto sul tema della vendetta messa in atto dal fantasma di Mary. Nel 2006 è uscito Bloody Mary, un thriller-horror scritto e diretto da Richard Valentine, e due anni dopo John Stecenko ha diretto il film The Legend of Bloody Mary. La variante russa è invece alla base del film Queen of Shapades: The Dark Rite (2015), e sempre ispirato alla leggenda è il cortometraggio horror svedese The Madame in Black del 2017.


Anche la Tv si è cibata del tema, come in due fortunate serie quali Supernatural (episodio “Terrore allo specchio” del 2005) e Ghost Whisperer – Presenze (episodio “Il fantasma dello specchio” del 2007). Questo per non dire della citazione presente in un episodio della serie a cartoni animati American Dad!, in cui l’alieno Roger invoca Bloody Mary davanti a uno specchio in un bagno pubblico. E che aggiungere della minaccia che si trova ad affrontare nientemeno che Batman nella storia a fumetti giustamente intitolata “Urban Legends”, contenuta nel volume The Doomed and the Damned #1 pubblicato negli Usa a ottobre 2020? Nell’Universo DC, Bloody Mary assume le sembianze di Mr. Slowdeath, il "signor Mortelenta", che si rivela essere un’anomalia interdimensionale.


Questa commistione tra temi folclorici era già stata notata da Janet Langlois nel suo studio pionieristico. Il racconto a lei riferito da una ragazza di dodici anni era fondamentalmente una rivisitazione della leggenda contemporanea dell’autostoppista fantasma di cui ci siamo già occupati (leggete qui, qui, qui, qui, su Query Online, e qui).


Il fatto in questione sarebbe accaduto proprio a Indianapolis. Una giovane coppia aveva preso a bordo una ragazza che faceva l’autostop. Pioveva, era notte, lei era bagnata e sanguinava, aveva dei graffi sul viso. Giunti all’indirizzo che aveva fornito, era misteriosamente scomparsa dall’auto. I due scoprirono dalla madre che si trattava della figlia, morta sei anni prima. Quel che più qui ci interessa è che la studentessa riferì a Langlois che assieme ai suoi compagni di scuola aveva provato a evocare la ragazza morta utilizzando uno specchio in un bagno, al buio, ripetendone il nome dieci o cento volte e recitando “Mary Whales, io credo in te”.


La "variante Melissa"


Ancor più interessante, l’operazione attuata dallo scrittore alessandrino e critico cinematografico Danilo Arona che, oltre ad essere tra i fondatori del CeRaVoLC e ad aver dato alle stampe nel 1994 con l’editore Costa & Nolan il saggio Tutte Storie, ha plasmato dalla classica leggenda metropolitana dell’autostoppista fantasma il suo personaggio feticcio, Melissa, protagonista del romanzo Cronache di Bassavilla (Dario Flaccovio editore, 2006) e altri racconti.


Nel romanzo di Arona, Melissa diventa “la sanguinaria” e viene ibridata col leggendario anglosassone collegato a Mary Worth o Bloody Mary, che dir si voglia. La narrazione di Arona è ambientata a Bassavilla, trasfigurazione del capoluogo di provincia piemontese tra Tanaro e Bormida, ed è collocata alla sera del 26 novembre 2004. Le protagoniste della storia sono Sara e Miriam, undicenni e compagne di scuola, che si ritrovano sole a casa, visto chi genitori erano usciti. (Per caso, il palazzo in cui si trovano è a poche centinaia di metri dal mio appartamento, ma questo l’ho aggiunto io...).


Appena sole. le due adolescenti decidono di cimentarsi in qualcosa che tante loro compagne avevano già fatto. Si tratta di una leggenda metropolitana che circola da qualche anno tra i giovani dell'Italia del nord. Qualcuno la chiama “Melissa la sanguinante”, dal nome di una giovane investita di notte mentre camminava al centro di un’autostrada. Ricadendo sull’asfalto, la sua faccia diventò una maschera sanguinolenta. Da allora si dice che il suo spirito non trovi riposo e che vaghi come un fantasma.

Le due bimbe si piazzano in corridoio, davanti a uno specchio, con la luce spenta. Sara scandisce con voce incerta e tremolante: “O Melissa che sanguini, vieni da noi”. Lo ripete per tre volte. Per qualche secondo non capita nulla. Poi lo specchio si accende, come lo schermo di un televisore. Appaiono immagini confuse: una strada di notte e luci che sfrecciano. Poi una voce gracchiante risuona: “Non so dove mi trovo, aiutatemi!”. Subito dopo, vedono come tutto è iniziato: la macchina, un corpo esile, una testa coi capelli biondi, un giubbotto rossastro che vola per aria. Miriam è pronta a riaccendere la luce, ma in quell'istante Il volto deturpato di Melissa appare all’improvviso. La luce inonda il corridoio e Sara si tuffa all’indietro.


Qualcosa, come uno sbuffo luminoso, era schizzato dallo specchio verso di lei, ma la luce, riaccesa, lo aveva dissolto. adesso lo specchio è tornato normale. “Appena in tempo”, sussurra Sara. “No, guardati allo specchio”, le risponde Miriam. Cinque segni rossi si stanno aprendo nel bel visetto di Sara. Melissa l’ha graffiata.


Origini antiche


Tra leggenda metropolitana, invenzione d’autore, letteratura, cultura popolare e folclore urbano il rituale di Bloody Mary è dunque divenuto quasi universale e ha attraversato generazioni di giovani adolescenti, sbarcando inevitabilmente sui social. Forse, come sostiene lo psicologo Joseph Stubbersfield, il gioco potrebbe essere un’evoluzione di rituali di divinazione allo specchio più antichi.


Ad esempio, lo scrittore inglese Robert Burns, in una nota del poema Halloween (1786) descriveva un rituale utilizzato in Gran Bretagna, di solito da una giovane, allo scopo di far apparire nello specchio il volto del futuro sposo. Un’usanza simile, praticata principalmente nel periodo natalizio, è presente anche nella cultura popolare russa. Queste tradizioni sono proseguite nel folclore europeo, fino al ventesimo secolo, grazie a numerose cartoline augurali per la festa di Halloween che riproducevano il rituale.


Si diceva che il risultato del rito potesse anche essere negativo: se la donna era destinata a non sposarsi avrebbe potuto vedere la faccia della Morte riflessa nello specchio.


Ciò che mi ha particolarmente colpito, è stato scoprire che in Italia circola dall’inizio di questo secolo una versione molto particolare che coinvolge nientemeno che la Vergine Maria. E che cosa collega il nostro Paese ad una scuola cattolica della provincia canadese di Terranova? Di questo vi racconterò nella seconda parte di questa rassegna.


A prestissimo!


(1 - continua)






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