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Travestirsi da fantasmi, nell’Australia di fine Ottocento

Aggiornamento: 27 set



Andare in giro vestiti da fantasmi, per spaventare la gente, o addirittura con scopi più loschi? Nella seconda metà dell’Ottocento una cosa del genere era pratica comune, molto più di quanto si pensi. Accadeva in Gran Bretagna, dove questo fenomeno è stato studiato da ricercatori come Mike Dash e Simon Young, ma accadeva anche nelle colonie di Sua Maestà britannica e nel resto del mondo.


Nel 2014 David Waldron, docente di Storia e antropologia presso la Federation University di Ballarat (Victoria, Australia) ha provato a ricostruire la tradizione legata a queste pratiche nella parte del continente in cui vive con un saggio intitolato Playing the ghost: ghost hoaxing and supernaturalism in late nineteenth-century Victoria (è stato pubblicato dalla rivista Provenance: The Journal of Public Record Office Victoria, n. 13, 2014). Lo ha fatto per lo più grazie agli articoli dei giornali del tempo: di rado i rapporti di polizia o i registri di tribunale menzionavano i costumi e i loro particolari, che la stampa invece descriveva con entusiasmo.


Il punto di riferimento è dunque Ballarat, che culturalmente era una città europea, anglosassone, con molti legami con la madrepatria europea. Fatto da notare: nella seconda metà del XIX secolo fu uno dei luoghi - insieme a Bendigo e Melbourne - attraverso cui lo spiritismo si diffuse in Australia.


In tutto il Paese, comunque, l’interesse popolare per i fantasmi era alto. Ne è una prova la provocatoria conferenza che fu tenuta il 9 giugno 1860 presso il Mechanics Institute di Melbourne. Il relatore, Archibald Michie, sosteneva che la scienza moderna aveva “ucciso” i fantasmi, che i tempi erano cambiati e che non era più tempo per “il senso del sublime”. Ne scaturirono lettere ai giornali e commenti indignati: un segno di quanto il tema fosse caldo e dibattuto. Peggio accadde nel 1881 a Ballarat, quando una conferenza sullo spiritismo degenerò in rissa: di fronte a un predicatore di una chiesa protestante locale che si era espresso contro la pratica e aveva bollato i fantasmi come agenti del demonio, gli oltre quattrocento spettatori abbandonarono gli spalti e inseguirono per strada lo sfortunato oratore. D’altra parte, dal 1850 Ballarat aveva visto un forte afflusso di minatori; per molti immigrati il folklore legato ai fantasmi era anche un modo per difendere la propria cultura e per far fronte comune in quella terra straniera.


È in questo contesto che vanno lette le storie raccolte da Waldron, che ha passato in rassegna le notizie su fantasmi e apparizioni pubblicate in quegli anni dalla stampa locale. Alcune di queste hanno per tema semplici fraintendimenti: il 24 agosto 1861, ad esempio, il Bendigo Advertiser raccontò la storia di un animale senza testa che si aggirava per le strade di Bendigo, rivelatosi un semplice gatto con la testa intrappolata in una scatola di aragoste. Ci fu anche la storia di un allevatore di Castlemaine terrorizzato da una cavallerizza senza testa, poi identificata con un manichino abbandonato vicino a un vecchio tronco (Ballarat Star, 27 September 1861).


Altre storie, invece, sono più classiche: case infestate, un birrificio invaso da un poltergeist, o la storia del celebre fantasma di Fisher, che secondo la leggenda avrebbe fatto condannare il proprio assassino.


Ma esiste anche un gruppo abbastanza nutrito di articoli che ha per tema persone travestite da fantasma - pratica che, secondo le ricerche di Waldron, nella zona di Ballarat andò avanti dal 1860 fino all’inizio del Ventesimo secolo. Accadeva con regolarità: persone in costume saltavano fuori dagli angoli bui delle strade, di notte, spaventando o aggredendo i passati. A volte scagliavano oggetti contro gli ignari malcapitati, più spesso si accontentavano di lanciare urla o richiami oppure di mettere in scena elaborati spettacoli di luci.


Già; perché una caratteristica di queste storie è proprio la presenza di costumi piuttosto scenografici, ai limiti del pacchiano, dell’eccessivo, del palesemente non credibile. Sovente gli ignoti mascherati sfruttavano l’ultimo ritrovato della tecnica: la vernice fosforescente brevettata da William Balmain, che a partire dal 1881 era diventata popolarissima. I “fantasmi” la utilizzavano per rendere più drammatiche le loro interpretazioni: accadde ad esempio a Essendon, dove un uomo andava in giro con un teschio e due ossa fosforescenti dipinte sull’abito (Barrier Miner, 12 luglio 1895). Più di frequente ci si limitava a semplici lenzuola imbevute nella vernice, che conferivano ai costumi una luminescenza verdognola, oppure all’applicazione del colore sulla nuda pelle (in barba alla sua tossicità): nel 1895 un uomo si aggirava per le vie Sturt e Dana a Ballarat con vestiti neri da cui fuoriuscivano un volto e due avambracci fosforescenti (Bendigo Advertiser, 27 maggio 1895).


Ma ci furono anche travestimenti più elaborati. Il 26 luglio 1895 l’Horsham Times raccontò di un fantasma vestito da cavaliere, con una corazza luminosa su cui campeggiava la frase: "Preparati a incontrare il tuo destino". A volte, sulla base del costume, gli “spiriti” si guadagnavano soprannomi particolari negli articoli della stampa locale. Fu il caso di Wizard Bombardier, il “mago bombardiere”, che nel 1882 infestava la zona tra Ballarat e Kilmore: lanciava sassi ai passanti, urlava, e poi fuggiva attraverso i campi.


Finti morti appena usciti dalle bare, finti cavalieri dell’antichità, finti fantasmi con tanto di lenzuolo e maghi improbabili, dunque… Ma perché lo facevano?


Dare una risposta valida per tutti i casi è impossibile. In questo fenomeno di “interpretazione” confluivano comportamenti e motivazioni diverse. Per alcuni si trattava di un semplice diversivo, di una burla, e forse anche di una sfida fra amici. I “fantasmi” giocavano al gatto col topo con la polizia e con le ronde inferocite. In alcuni casi, infatti, le apparizioni scatenavano reazioni forti, risse, fenomeni di vigilantismo (il che non deve stupire; risposte collettive analoghe, ad esempio, andarono in scena nel Canton Ticino della Seconda guerra mondiale, per non dire delle cacce anti-fantasma di Chieri, Torino e Oira; le abbiamo viste, in tempi molto più recenti, con la Samara-mania del 2019).


Nel 1878 un giovane travestito con un lenzuolo bianco e un alto cappello fu picchiato da due uomini del posto, che passarono alle vie di fatto senza preoccuparsi di avvisare la polizia (Kerang Times e Swan Hill Gazette, 14 giugno 1878); un altro “fantasma” fu invece arrestato dalla polizia e condannato a 200 sterline di danni per aver spaventato la figlia di un agente locale. In questi casi è probabile che il fine ultimo fosse solo quello di passare una serata particolare, di mettersi alla prova e di constatare la reazione delle “vittime”. In altri casi è possibile che dietro ai travestimenti ci fossero anche individui con problemi di natura psichiatrica.


Ma esisteva anche un’altra ragione possibile per quelle mascherate: in alcune occasioni i “fantasmi” servirono a portare a segno truffe, rapine, aggressioni e persino molestie sessuali. A Ballarat, nel 1904, circolava un fantasma con teschio e ossa incrociate dipinte sul petto e con sopra scritta la parola “morte”; quest’uomo, a quanto pare, andava in giro denudandosi di fronte alle passanti (Inserzionista Bendigo, 14 luglio 1904). L’anno prima era stato il turno di un uomo in soprabito bianco e vestito fosforescente (Bendigo Advertiser, 23 July 1903). In un altro caso un “fantasma” con abiti bianchi, viso e braccia coperti di vernice e un coperchio di bara sulla schiena aggredì una giovane donna; quando un minatore in pensione di nome Frederick Parks cercò di soccorrere la vittima, fu accoltellato e picchiato (Barrier Miner, 10 giugno 1895).


Il caso che fece più scalpore fu probabilmente quello che ebbe per protagonista Herbert Patrick McLennan: indossava un lungo soprabito, stivali di gomma indiani e brandiva un gatto a nove code; nel maggio del 1904 si avvicinò a diverse giovani cercando di aggredirle ed esibendo i genitali (Bendigo Advertiser, 26 maggio 1904). Del caso si parlò molto sui giornali; il sindaco mise una taglia di cinque sterline per chi avesse dato informazioni sull’identità del criminale, mentre gli agenti di polizia pattugliavano le strade vestiti da donne; lui, in risposta, scrisse alla stampa prendendo in giro quelle iniziative. Quando fu arrestato, fu uno shock: McLennan aveva fama di uomo onesto e rispettabile, lavorava come impiegato e teneva spesso discorsi pubblici. Venne condannato a un anno di lavori forzati nella prigione di Ballarat, ma fu rilasciato quasi subito in appello, essendo stato in grado di produrre un alibi per uno degli attacchi (Argus, 25 giugno 1904).


E le donne? Si travestivano anche loro? Qualcuna ci fu, ma erano una rarità. Nel 1903 una donna impersonò un fantasma per rubare polli nelle case vicine (Examiner, 3 gennaio 1903). Si sa poi di un’altra donna che si travestiva da spettro per suonare la chitarra vicino a un hotel di Sandhurst (Queenscliff Sentinel, Drysdale, Portarlington & Sorrento Advertiser, 30 novembre 1889), e di una sua collega che indossava abiti fosforescenti e una maschera mostruosa, nascondendosi sotto i ponti e spaventando i passanti (Sydney Morning Herald, 14 giugno 1877).


A tutto ciò i cittadini della zona di Ballarat reagivano in modo forte, a volte violento, con la benedizione della stampa. Chi si travestiva rischiava l’arresto, il buon nome e, non ultimo, la possibilità di finire tra le mani di qualche vigilantes. Eppure costoro lo facevano lo stesso: forse perché i fantasmi erano un tema à la page, forse perché metterli in scena era un modo per far rivivere il folklore e trasportarlo nel tempo presente con una rappresentazione “nuova”, fortemente teatrale. O forse ancora, perché impersonarli era qualcosa di trasgressivo che metteva in discussione la società locale e i suoi valori. Anche quando i costumi servivano a coprire un atto di esibizionismo o un altro reato, in quegli atti c’era sempre qualcosa di fortemente simbolico. Erano - ipotizza Waldron - uno “spazio liminale al di fuori dei confini della moralità vittoriana” e del concetto di rispettabilità:


La natura elaborata dei costumi e la cura prestata dai truffatori per creare un senso di teatralità intorno alle loro imprese ci danno un'idea di quanto fosse rilevante questo senso della trasgressione. Quale modo migliore per sfidare la classe, i valori dell'Illuminismo e l'ordine sociale, che diventare un simbolo di morte (in alcuni casi letteralmente, data l'elevata tossicità delle vernici fosforescenti), terrorizzando le persone fino all’estremo?

Foto di Alexa da Pixabay

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