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Cinema coreano e leggende metropolitane



Articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo


La Corea del Sud è oggi uno dei Paesi più avanzati del mondo. La sua cultura giovanile, il trionfo del K-pop, la diffusione della sua produzione fumettistica, il suo cinema e le mode innovative lo hanno fatto diventare un Paese attraente, prima per gli asiatici, poi per gli occidentali.


La Corea ha una storia cinematografica importantissima, e i film horror ormai da tempo ne sono diventati uno dei tratti distintivi. Sul sito del Korean Film Council, nell’estate del 2017 Cho Meanjune si è soffermato sulla presenza sempre più massiccia di leggende contemporanee nei film prodotti a Seul.


Cho, che è un critico cinematografico, ci ricorda una cosa semplice, ma sempre fondamentale: le leggende contemporanee vanno bene per i film perché hanno un carattere fortemente narrativo. Sono spesso (non sempre) delle “storie” che si prestano benissimo a diventare dei plot complessi, a variazioni di ogni tipo e a divertire, ammonire, rassicurare ma al tempo stesso spaventare.


Che cosa può volere di più chi va al cinema?


Il codice segreto dei ladri nel film Hide and Seek


Hide and Seek prende le mosse dal panico per i “segni dei ladri” che colpì Seoul nel 2009. Vicino ai citofoni e ai campanelli comparivano segni come “α, X, β, J”, o altri ancora. Gli abitanti avevano due tipi di paure: la prima, quella dominante anche da noi, era che si trattasse di segnali per gruppi di ladri che “marchiavano” così i loro prossimi obiettivi; la seconda ipotesi era che si trattassero di simboli di tipo occultistico. A questo contribuiva una diceria inquietante: il fatto che la Polizia non trovasse niente di anomalo sulle tante camere di sorveglianza.


A ricondurre la situazione alla realtà fu un’ottima indagine della rete televisiva SBS: i segni, che avevano origini diverse, venivano tracciati già da tempo da addetti alla consegna del latte, distributori di giornali e da attivisti religiosi che facevano i loro normali giri di proselitismo porta a porta.


Dalla psicosi per i segni sui citofoni, il regista Huh Jung ha sviluppato l’idea di usare le leggende contemporanee nel cinema. In questo modo è nato Hide and Seek, un mystery uscito nel 2013, in cui un criminale s’insinua nelle abitazioni e poi le contrassegna con simboli destinati ad informare personaggi sinistri sugli occupanti delle abitazioni da prendere di mira.


Il “codice segreto dei ladri” è il nome generico sotto cui si può raggruppare una lunga serie di storie e dicerie, assai diffuse in Italia, su alfabeti, termini e segni “occulti” che ladri e malintenzionati di ogni genere userebbero per comunicare fra loro - di solito per scambiarsi notizie su crimini da compiere, o su come spostarsi e comportarsi, “segnando” in maniera sinistra porte, stipiti, citofoni, muri.


A queste leggende, noi abbiamo dedicato due articoli: il primo riguardo alla storia e alla presunta presenza di questi codici in Piemonte, dalle origini (che probabilmente risalgono al clima europeo del tardo-romanticismo) fino ai giorni nostri; il secondo circa un curioso precedente europeo, quello dei presunti codici degli incendiari il cui timore imperversò a lungo nella Germania del Sedicesimo secolo.


Il film di Huh Jung è un esempio lampante della grande forza vitale delle leggende metropolitane e della loro capacità di adattarsi a contesti e situazioni sempre nuove.



Il felino misterioso in The Mimic


Nell’estate del 2017 è uscito il secondo lungometraggio di Huh Jung, The Mimic. In questo caso la trama si basava su una vicenda criptozoologica sudcoreana. Si tratta della cosiddetta “Tigre del Jangsan”, avvistata a partire dal 1993 da parecchi testimoni in una zona montagnose della provincia sud-orientale di Busan. Qualcuno la descriveva come un bipede, altri con il pelo sul petto, altri ancora la riconducevano alla presenza di orsi neri asiatici giunti dalla Siberia…


C’era addirittura chi asseriva che la Tigre del Jangsan potesse parlare. Le indagini condotte da giornalisti e Polizia sovente si sono scontrate col fatto che la zona del monte Jung è costellata di aree militari chiuse: la provincia di Busan, infatti, controlla lo stretto braccio di mare che in caso di ostilità potrebbe condurre gli arcinemici nordcoreani verso il mar del Giappone. Da qui l’inevitabile sorgere di ulteriori dicerie su attività anomale dell’esercito, su loro esperimenti segretissimi, ecc...


Il film, come sovente avviene per l’uso cinematografico recente delle leggende metropolitane, ha un vero e proprio sviluppo horror. La protagonista, l’attrice Yum Jung-Ah, sente una voce che le ricorda quella di sua figlia, ma che in realtà è emessa dalla mitica Tigre del Jangsan, che riesce ad imitare il suono della voce umana, proprio come raccontano da anni le dicerie che circolano nella provincia di Busan.


Inutile ricordare ai nostri lettori che i cicli di racconti sulla presenza di “animali misteriosi”, di solito felini, sono parte fondamentale del leggendario contemporaneo. Ce ne siamo occupati più volte su questo sito in relazione al nostro Paese (ad esempio qui, qui, qui, qui e ancora qui…), senza dimenticare alcuni altri lavori usciti sul sito del CICAP Piemonte (qui, qui, qui, qui…). Il cinema coreano sembra riuscire a dar corpo a queste leggende, trasformandole in un prezioso ingrediente dei film di paura.



Le leggende adolescenziali di evocazioni di spiriti in Hide-and-Never Seek (2016)


Hide-and-Never-Seek, diretto nel 2016 da Lee Doo-Hwan, mette in scena quel tipo di leggendario che ha per sua platea preferenziale gli adolescenti che si dedicano ad attività basate sull’occultismo: il legend tripping sui luoghi al centro di storie spaventose, lo spiritismo, le evocazioni di gruppo di demoni e morti, e così via.


Sono, in un certo senso, lo sviluppo moderno dell’immaginario nato nel Diciannovesimo secolo con le sedute spiritiche e con la fortuna della tavola ouija. In questo genere di storie (e di leggende) un ruolo importante è svolto dal rituale evocatorio e dall’accurata presentazione dei suoi dettagli.


In Hide-and-Never Seek, come è la regola da qualche decennio, l’elettronica è presentata come un mezzo privilegiato di infestazione da parte di entità solitamente brutali sino all’estremo.


Ecco come funziona il “rituale” nel film di Lee Doo-Hwan: prendete una bambola di pezza, svuotatela e riempitela di riso insieme a ciò che avrete tagliato delle vostre unghie. Poi sistematela in bagno con un bel nastro rosso legato intorno. Arrivate le tre del mattino, svegliatevi, contate sino a dieci e tornate in bagno a cercare la bambola. Nel frattempo, non dimenticate di tenere in bocca dell’acqua salata e di accendere la tv su un canale sul quale in quel momento non ci sono trasmissioni. A quel punto, avrete spiriti a profusione tutti per voi!


Nel film, la consueta liceale sparisce dopo aver messo in atto il rituale, e un VJ di un canale online si mette sulle sue tracce…


Ora, il fatto è che ben sette anni prima del film sudcoreano, cioè nel 2009, il plot di questa storia era già stato usato in un horror giapponese, Creepy Hide and Seek, di Masafumi Yamada. Nel frattempo, in Corea del Sud, si erano diffusi fra gli adolescenti racconti ispirati alla storia dell’evocazione: qualcuno diceva che in casa la corrente elettrica subiva delle oscillazioni, altri che la TV si era messa a cambiare canale da sola, altri che su Internet si sentivano voci che piangevano o ridevano...


Il riferimento obbligato è a Slenderman: ad una storia horror incorporata in un prodotto cinematografico, sono poi attribuiti veri comportamenti “riprovevoli” da parte degli adolescenti, come l’evocazioni di spiriti, l’adesione a gruppi più o meno satanici, suicidi, uso di stupefacenti…


In chiave minore, la leggenda coreano-giapponese della bambola riempita di riso e unghie sembra aver assunto una vita autonoma, e aver dato vita a leggende, dicerie, voci, smentite, prese di posizioni più o meno allarmistiche.



Vermi nel corpo umano in Deranged


Deranged, uscito nel 2012 con la regia di Park Jung-woo, mostra una Corea in preda al terrore perché vermi Nematomorfi cominciano in modo sistematico ad entrare nel corpo degli esseri umani che dormono o sono distratti, deponendovi le uova con gli effetti splatter che vi lasciamo immaginare.


Il film è ispirato dalle paure per l’eccessiva proliferazione di cavallette che alla fine degli anni Duemila ha investito la Corea a causa del clima sempre più caldo e umido, con conseguenti voci sulle cause dell’invasione e timori di ogni genere da parte della popolazione, non ultimo per loro possibili “inserimenti” nel corpo di persone addormentate, magari attraverso i condotti auricolari (vi dice niente?).


Le cavallette in Corea del Sud sovente ospitano larve di Nematomorfi: la fusione delle preoccupazioni per questi insetti con il tema, classico nelle leggende contemporanee, dell’invasione del corpo da parte di animali repellenti è diventata la base per Deranged.


Gli esempi di “invasioni corporali” da parte di bestie sono innumerevoli, nel folklore classico e contemporaneo. Vi ricordiamo un filone soltanto, ma di quelli meravigliosi: i racconti sui bosom serpent, ossia sull’ingestione, inserzione, penetrazione di rettili all’interno di cavità umane. Se ne è occupato (e continua ad occuparsene) in maniera magistrale il folklorista Davide Ermacora, dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che su un argomento "prossimo" al nostro, quello dei "serpenti succhialatte", ha pubblicato nel 2017 un ampio studio sulla rivista Anthropozoologica e, prima ancora, occupandosi di bosom snakes nella letteratura premoderna, lo aveva fatto con Roberto Labanti (CICAP) e con il bibliotecario Andrea Marcon, su Folklore (2016): di questo lavoro trovate una presentazione su Query Online).



Nell'immagine in evidenza: il protagonista di Hide and Seek (2013) scopre i misteriosi segni vicino a un campanello.

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